Odio online, la società “mandata in frantumi” dal Covid: i dati del report Amnesty

Odio online, la società “mandata in frantumi” dal Covid: i dati del report Amnesty

ITALIA – L’odio online è diventato la normalità. La riscoperta della coesione sociale che aveva caratterizzato il primo periodo della lotta contro il Coronavirus sembra, purtroppo, solo un lontano ricordo. La società dell’epoca pandemica è ricca di risentimento e voglia di sfogare sentimenti repressi, almeno online.

Questa è una parte della triste immagine che restituisce il report “Barometro dell’odio: intolleranza pandemica di Amnesty International.

“Già dopo l’estate del 2020 il panico collettivo di marzo si è trasformato in un rancore diffuso, si legge nell’introduzione del documento. E i nemici sono i più disparati: dai no-vax ai sostenitori della campagna di vaccinazione, dai virologi agli economisti, dai “fan” del lockdown agli autori delle proteste in strada, dai politici ai dipendenti statali… Tutte categorie che si sono aggiunte a quelle più “tradizionali”: stranieri, membri della comunità LGBT+, donne, vip e chi più ne ha, più ne metta.

Anche l’odio sul web si è trasformato in breve tempo in un “virus“, ancora più potente di quanto non fosse in passato. A tratti esso si trasforma in propaganda, altre volte in diffamazione o perfino pericolo, rimanendo sempre e comunque uno strumento capace di mandare silenziosamente in frantumi una società che forse, di fronte all’emergenza Covid, avrebbe bisogno di maggiore unità.

“Il Barometro dell’Odio”, edizione 2021

Dal 2018, il report “Il Barometro dell’Odio” di Amnesty è un progetto volto a monitorare il livello di discriminazione e hate speech nel dibattito online. Prevede la partecipazione di numerosi attivisti e l’analisi di milioni di contenuti ogni anno.

Nell’edizione 2021, la prima a tenere conto degli effetti della pandemia, la domanda di partenza è: “In che modo le conseguenze dell’emergenza sanitaria sui diritti economici, sociali e culturali hanno influenzato l’intolleranza presente nel dibattito online?”. Il report si concentra sul periodo 15 giugno – 30 settembre 2020 e oltre 22 milioni di post/Tweet e commenti raccolti, pubblicati su pagine o profili pubblici relativi a diversi argomenti, come politica, informazione e welfare.

Odio online: i dati del report

“Oltre 1 commento su 100 incita all’odio, alla discriminazione o alla violenza: è l’allarme che apre la riflessione del report. Il 10,5% dei commenti è offensivo e/o discriminatorio, l’1,2% è hate speech. I dati confermano il trend degli ultimi anni e sembrano essere simbolo di una “crescente radicalizzazione dell’odio online.

A contribuire, probabilmente, lo stato di crisi sociale ed economica, che ha estremizzato le posizioni di molti. La paura ha lasciato posto alle accuse, ai timori e a una voglia di ricominciare che si scontra con una condizione pandemica ancora da tenere sotto controllo. Le critiche vanno alla politica, ai cittadini irrispettosi, a chi avverte sui pericoli di comportamenti irresponsabili… Insomma, è difficile trovare qualcuno che negli ultimi mesi non sia stato oggetto di polemiche e/o perfino insulti e minacce, dai maggiori esponenti del mondo della sanità al più comune cittadino.

L’odio, però, non si esprime solo a parole. Anche le “reazioni” sui social hanno un loro peso: una risata sotto un post comico non ha lo stesso peso di una risata insensibile di fronte all’ennesimo bollettino con centinaia di morti o alle raccomandazioni di un esperto sanitario. I post di testate giornalistiche e di politici sono probabilmente quelli che più hanno visto aumentare le reazioni negative, mentre a suscitare l’empatia sono principalmente i post di sindacati o di rappresentanti del mondo lavorativo, letteralmente “devastato” dall’emergenza Covid.

Dal report “Barometro dell’Odio” di Amnesty, edizione 2021

Temi: di cosa si parla online e come?

Oggi, lavoro, Governo: sono le tre parole più usate nel dibattito online. E il terzo, in particolare, è spesso e volentieri legato a discorsi negativi.

Se l’odio è principalmente rivolto al mondo delle autorità, questo non vuol dire che non siano riemersi nel dibattito vecchi e nuovi nemici. Tra i vecchi figurano senza dubbio i migranti, passati infondatamente da “ladri di lavoro” a “untori” nel giro di poche settimane, e le minoranze. Tra i nuovi si trovano “Covidioti” e “No Mask“: coloro che sono accusati di essere diventati “marionette ipocondriache” di fronte all’emergenza sanitaria da un lato e coloro che, contro ogni norma del buon senso, rifiutano mascherina e restrizioni dall’altro.

I “nuovi nemici”, però, includono anche categorie che nessuno si aspetterebbe: lavoratori essenziali, statali e pensionati. Coloro che hanno un posto di lavoro stabile e/o un’entrata fissa sono spesso oggetto di un “disprezzo” apparentemente inspiegabile, dettato forse da una sadica voglia di vedere tutti in difficoltà o da uno sfogo contro le ingiustizie che però arriva a destinatari senza alcuna colpa.

A fomentare l’hate speech online sono anche i soliti temi di dibattito: comunità LGBT+, integrazione, minoranze religiose, diritti di genere… La pandemia non ha oscurato questi importanti argomenti, dove la radicalizzazione dei commenti negativi purtroppo è apparsa evidente come negli anni precedenti.

Le novità e il focus contro l’odio

Zoombombing (il fenomeno dei “disturbatori” durante le conferenze online), i nuovi attacchi da e contro i ragazzi, il body shaming (soprattutto contro il mondo femminile) e tanti altri fenomeni mostrano un mondo online ormai dominato dall’odio.

“Il virus dell’odio non ce l’ha portato la pandemia”, si legge chiaramente nel report di Amnesty. Il Covid ha giocato un ruolo, ma questo clima è il frutto di anni di risentimenti vissuti pubblicamente. I dati sopra elencati non sono una sorpresa, ma solo un segno del fatto che probabilmente è giunto il momento di prendere coscienza di ciò che accade sul web e di come arginare fenomeni di odio e disprezzo, a livello individuale e collettivo, per costruire un mondo che sia più “vivibile” socialmente, online e offline.

Fonte immagine di copertina: Associazione Carta di Roma