Obesità e infiammazione

Obesità e infiammazione

Fino a poco tempo fa il tessuto adiposo era considerato semplicemente un deposito di energia termica e un mezzo di isolamento dai fattori climatici; solo più recentemente è stato riconosciuto come un vero e proprio organo endocrino capace di produrre numerose molecole – chiamate adipochine – con effetti molteplici, sia a livello locale che generale. Nell’obesità sono coinvolte non solo le cellule del tessuto adiposo, ma anche quelle del tessuto nervoso e vascolare, oltre al sistema immunitario.

Quando nell’organismo si viene a creare uno scompenso energetico con un introito calorico maggiore del consumo, si verificano una serie di modificazioni morfologiche e funzionali, proprio a livello del tessuto adiposo. Tali alterazioni, in corso di obesità, non hanno effetti solo a livello locale, ma si accompagnano a un aumento in circolo di proteine della fase acuta (es. PCR), andando a determinare un’infiammazione cronica di lieve entità che ricopre un ruolo importante nello sviluppo e nella progressione di tutte le complicanze legate all’obesità.

Con l’eccesso di nutrienti si assiste a un incremento nell’accumulo di grassi a livello del tessuto adiposo che aumenta di volume, rendendo insufficienti i processi di ossigenazione e di vascolarizzazione. Questo fenomeno spesso è geneticamente determinato e genera una condizione di stress che porta a un’alterata produzione di adipochine. Contemporaneamente si assiste all’infiltrazione di cellule infiammatorie (macrofagi e linfociti), provenienti dal sangue periferico, che contribuiscono all’amplificazione del processo.

L’infiammazione di basso grado, che caratterizza l’obesità, è coinvolta nello sviluppo di manifestazioni cliniche comuni quali: ipertensione, aterosclerosi, insulino-resistenza e dislipidemia. Alte concentrazioni in circolo di PCR si accompagnano inoltre ad un aumentato rischio di infarto del miocardio, di ictus cerebrale e di arteriopatie periferiche. Ad aggravare la situazione clinica delle persone affette da obesità contribuiscono alcune alterazioni della mucosa dell’intestino tenue che intervengono sui meccanismi di assimilazione delle sostanze nutritive come zuccheri e grassi.

La particolare conformazione anatomica dell’intestino aumenta in corso di obesità fino al 250% ed è accompagnata da modificazioni strutturali che sono alla base dell’aggravarsi della malattia. L’infiltrazione e la colonizzazione dell’epitelio intestinale da parte delle cellule infiammatorie (linfociti T) aumentano gradualmente con il livello di obesità. L’obesità grave provoca, infatti, un cambiamento delle difese immunitarie a livello intestinale, inducendo una disfunzione progressiva della mucosa. Lo stato di infiammazione cronica genera un aumento della resistenza all’insulina, determinando così un maggior flusso di zuccheri e grassi verso altri tessuti dell’organismo.

Recenti studi condotti in questo campo permettono di nutrire una speranza nel trattamento con farmaci anti-infiammatori per intervenire sulle alterazioni metaboliche che caratterizzano la vita degli obesi gravi. Un attento controllo del peso corporeo, in particolare un calo del tessuto adiposo addominale, accompagnata da un aumento dell’attività fisica, possono contribuire a ridurre lo stato di infiammazione sistemica che sempre si accompagna all’obesità.

Salvatore-Mazzarino