Morto il papà di Simona Floridia, una vita dedicata alla ricerca della verità sulla scomparsa della figlia

Morto il papà di Simona Floridia, una vita dedicata alla ricerca della verità sulla scomparsa della figlia

CALTAGIRONE – È deceduto Salvatore Floridia, il padre di Simona, la ragazza scomparsa nel lontano 1992 in circostanze ancora oggi per nulla chiare. Tutta la vita i suoi genitori hanno cercato di ricostruire con esattezza quanto accaduto, si sono mossi in ogni modo. Ospiti di vari programmi televisivi, si sono presentati nelle aule dei tribunali ma ciò che è certo è che la figlia non è mai ritornata a casa. Il corpo non è stato ritrovato. Di lei nessuna traccia, seppure aleggi – allo stato attuale – l’ipotesi di un omicidio.

Si lotta per fare riaprire casi mille volte chiusi, per fare luce su quello che è un silenzio assoluto da parte di tutti, perché è chiaro che in questa città qualcuno sa, perché non c’è una voragine che ha risucchiato Simona dentro la terra“, afferma la mamma.

Una madre non può essere inerme di fronte a questi silenzi“, continua. A farle eco, accanto a lei fino al suo ultimo respiro, papà Salvatore: “L’affetto per una figlia che è la tua vita. Qualcuno sa. Per noi è una disgrazia non avere la certezza di quello che è successo“.

Vogliamo la verità per sapere dove si trova“, continuava ancorandosi (di volta in volta) a qualsiasi appiglio anche solo potenzialmente utile. E, invece, se n’è andato così: Salvatore è deceduto senza avere risposte sul caso che l’ha intrattenuto – e tormentato – per 30 anni.

La storia di Simona Floridia

Simona Floridia, all’epoca dei fatti una ragazza di 17 anni, studentessa al Liceo Classico di Caltagirone (Catania), scomparve misteriosamente il 16 settembre 1992. Quel giorno, intorno alle 18,30, uscì di casa dopo aver salutato amorevolmente sua madre, un gesto insolito per lei negli ultimi tempi.

Secondo quanto riferito da alcune sue amiche, Simona effettuò una chiamata da una cabina telefonica, cercando di contattare il suo ragazzo che vive ad Acireale. Un amico affermò di aver fatto un giro in vespa con lei, probabilmente per circa un’ora, e di averla poi lasciata al Red Bar.

Verso le 21,20, sua madre si recò nel centro di Caltagirone per cercarla, ma non riuscì a trovarla. Gli amici affermarono di averla vista fino a pochi istanti prima, ma la ragazza era scomparsa nel nulla.

Le ricerche a vasto raggio non portarono a risultati.

Segnalazione a “Chi l’ha visto?”

Dopo due anni, alla segreteria telefonica del programma televisivo “Chi l’ha visto? giunse una richiesta di aiuto disperata, ma la voce sembrava recitata.

Infatti, la madre di Simona affermò di non riconoscere la voce come quella della figlia. Le ricerche continuarono. Dopo iniziali ritrosie, due amiche di Simona testimoniarono che la ragazza frequentava segretamente una certa Alessia, una transessuale originaria di Caracas, cartomante e forse anche maga.

La prima denuncia

Inizialmente, il tribunale di Caltagirone fermò e denunciò Alessia, ma successivamente la rilasciò. Tuttavia, alcuni oggetti trovati tra le cose di Simona (un ritratto molto simile ad Alessia, una pozione “magica” fatta di sangue mestruale e Coca Cola e libri di magia) fecero sospettare i genitori che Alessia potesse avere un qualche collegamento con un mondo oscuro e pericoloso in cui Simona si fosse avventurata.

Nel processo del 1996 per falsa testimonianza, Alessia patteggiò una condanna a sei mesi, confermando così la sua effettiva conoscenza della ragazza scomparsa e supportando l’idea che Simona frequentasse ambienti e persone all’insaputa della sua famiglia.

L’ennesima segnalazione

Nel frattempo, i genitori di Simona continuarono la loro ricerca, seguendo ogni segnalazione, anche quelle più incredibili, fino a quando si imbatterono in Giusy, una ex insegnante elementare in pensione, nella cui abitazione si riuniva una sorta di setta “contro il maligno”.

In questo gruppo, la madre di Simona incontrò Giampiero, un uomo di circa 30 anni che dichiarava di essere una delle tre reincarnazioni di Gesù sulla terra.

Giampiero rivelò alla madre di Simona che sua figlia stava bene, che l’aveva conosciuta e frequentata a Milano, dove la ragazza faceva parte di un gruppo di “maghi” e non le era permesso agire liberamente.

Il 15 giugno 1995, Giampiero e altri membri della setta hanno accompagnato la madre di Simona a Milano dicendole che avrebbe incontrato sua figlia. L’incontro purtroppo si è rivelato solo una farsa.

La madre di Simona ha deciso di rendere pubblica la storia nella speranza che, comunque, qualcuno di quell’ambiente possa parlare e fornire indicazioni che possano essere utili ad avere notizie di sua figlia. Ma nessuna svolta.

La riapertura delle indagini e l’archiviazione

Passano gli anni e per i genitori resta il dolore, l’amarezza e il pensiero costante della figlia, di cui non si sa nulla. Poi vengono riaperte le indagini, vagliate alcune piste, ma il procedimento penale contro ignoti, rubricato come omicidio, è stato archiviato nel 2001.

Così la famiglia richiede di visionare il fascicolo e scopre una registrazione sospetta. Ecco che si riaccende la speranza e le domande: dov’è Simona? Il corpo che fine ha fatto?

Ancora troppe ombre e poche, pochissime luci.

Imputato Andrea Bellia dopo 20 anni

Ma la svolta del caso arriva proprio grazie a quella intercettazione. Un amico di Andrea Bellia, l’ultimo che ha visto la 17enne la sera della sua scomparsa e con cui lei fece un giro in scooter, racconta alla propria fidanzata come lo stesso Andrea, dopo un incidente, pensando di essere in pericolo di vita, gli avesse confessato di essere stato lui a far sparire Simona.

La registrazione risale a un anno dopo i fatti, ma è stata ritrovata grazie alla famiglia solo moltissimi anni dopo.

L’accusa di cui dovrà rispondere Andrea Bellia è di omicidio premeditato.

La prima sezione della Corte d’assise di Catania lo ha condannato a 21 anni di reclusione per l’omicidio aggravato di Simona Floridia. L’uomo – oggi 49enne – l’avrebbe uccisa, probabilmente al culmine di una lite.

La famiglia Floridia si è costituita parte civile nel procedimento. Tra le prove contestate, come detto, la confessione dell’imputato a un amico (“Sono stato io“), confermata in sede di incidente probatorio, ma sempre smentita da Bellia, che si è dichiarato innocente.

Un caso tutt’oggi aperto che, purtroppo, mamma Luciana dovrà affrontare da sola, dopo la perdita del marito.

Fonte foto: Chi l’ha visto