John Lennon e la morte per mano di un fan, 40 anni fa l’omicidio: la storia e il viaggio nella mente dell’assassino

John Lennon e la morte per mano di un fan, 40 anni fa l’omicidio: la storia e il viaggio nella mente dell’assassino

Sono passati ormai 40 anni dall’assassinio di John Lennon, cantautore, polistrumentista, paroliere, attivista, attore cinematografico e regista britannico, principalmente ricordato dai più per il suo contributo all’interno della celeberrima band dei Beatles, della quale fu compositore e cantante dal 1960 al 1970 spesso in doppia firma con Paul McCartney.

Diversamente dalla tragica fine di molti volti noti dello spettacolo, spesso ancora avvolte nel mistero, la vita del cantautore si spense senza filtri e in maniera improvvisa senza che quest’ultimo avesse preso strane o errate scelte di vita, ma anzi a causarla si potrebbe dire che fu la sua grande influenza a livello mondiale e la conseguente passione che il suo pubblico gli dedicò fino all’ultimo momento: a causare la sua morte fu proprio qualcuno che – del pubblico – ne faceva parte.

In uno dei suoi capolavori, John Lennon cantò che sarebbe facile e bello immaginare un mondo in cui non esistano motivi per i quali uccidere o morire e dove non esista nessuna religione e mai parole furono più profetiche e decisive per segnare la stessa fine di chi le ha create.

L’assassino

Tornando un po’ indietro nel tempo, bisogna spostare l’attenzione da una delle prime personalità britanniche più importanti di tutti i tempi a un bambino di soli 8 anni che vive nel 1963 una vita apparentemente tranquilla sulle note dei primi lavori dei Beatles, da lui tanto amati.

Si tratta di Mark David Chapman, che crescendo si può dire che avesse sviluppato un’ossessione per la fama che Lennon possedeva e aveva conquistato, sentendosi un “signor nessuno” a confronto e chiedendosi perché quella fama non fosse raggiungibile anche da egli stesso. L’ossessione tramutò in pazzia – l’uomo infatti era già stato ospitato in una clinica per malati di mente – tanto da convincerlo che l’unico modo per ottenere fama e successo fosse rubarle a qualcun altro.

Dal suo canto, Lennon commise diversi errori agli occhi del fan poiché parlava di pace e fratellanza ma viveva circondato da lusso e ricchezza. L’errore più grande, poi, fu proprio la sopracitata frase scritta e interpretata in “Imagine”: con una sola frase l’autore avrebbe abbattuto il punto nevralgico dell’ideologia di Chapman, la religione.

Lo stesso, durante un’intervista, dichiarò: “Attraverso le lenti della malattia, mi sembrò l’unico modo per liberarmi dalla depressione cosmica che mi avvolgeva. Ero un nulla totale e il mio unico modo per diventare qualcuno era uccidere l’uomo più famoso del mondo, Lennon […] La cosa che mi faceva imbestialire di più era che lui avesse sfondato, mentre io no. Eravamo come due treni che correvano l’uno contro l’altro sullo stesso binario. Il suo ‘tutto’ e il mio ‘nulla’ hanno finito per scontrarsi frontalmente. Nella cieca rabbia e depressione di allora, quella era l’unica via d’uscita. L’unico modo per vedere la luce alla fine del tunnel era ucciderlo”.

Gli ultimi momenti, poi lo sparo letale

Non era la prima volta che Chapman progettava di uccidere Lennon quando l’8 dicembre 1980 attese l’artista di fronte al cancello della sua residenza, il palazzo The Dakota in Central Park, a Manhattan (New York City). Lì gli strinse la mano e gli chiese un autografo sull’album Double Fantasy, poi poche parole che resteranno nella storia, Lennon domandò: “È questo tutto quello che vuoi?” e l’uomo rispose con un semplice e timido sorriso, poi il cantante si allontanò insieme alla moglie.

Il fotografo Paul Goresh (morto due anni fa) immortalò la scena scattando una foto a Lennon mentre autografa l’album a Chapman, nessuno sapeva che questa sarebbe stata una delle rare volte in cui qualcuno avrebbe fotografato insieme una vittima e il suo assassino.

Fonte immagine rockandrollgarage.com

Qui le testimonianze si fanno sempre più sfocate e distorte, complici il buio e l’agitazione: pare che intorno alle 22,10 Lennon e la moglie stessero per tornare a  casa, quando alle spalle dell’uomo arrivò Chapman, che li aveva aspettati.

“Mr Lennon!”, alcuni dicono che chiamò, per poi sparare 5 colpi di pistola contro il cantautore. Di questi, uno mancò il bersaglio, altri colpirono schiena e spalla, mentre uno – quello letale – centrò l’aorta di Lennon, che ebbe solo il tempo di salire altri due gradini per poi sussurrare “mi hanno sparato, e perdere i sensi.

Le parole del killer poco prima dell’arresto furono rivolte al portiere che – assistito alla scena – gli chiese: “Sai cosa hai appena fatto?”. “Sì, ho sparato a John Lennon, fu la terribile e fredda risposta dell’uomo, mentre in mano teneva una copia de Il Giovane Holden (romanzo a cui si ispirò e da cui trasse il suo pensiero distorto).

Chapman non oppose resistenza all’arresto e più volte rilasciò interviste e dichiarazioni, mantenendo sempre la sua freddezza e all’apparenza sembrando sempre lucido e consapevole dell’enorme gravità dell’atto da lui compiuto. La pena da scontare fu l’ergastolo.

Di John Lennon, deceduto intorno alle 23 di 40 anni fa, rimasero in terra gli occhiali sporchi di sangue e la sua fede nuziale, consegnata in ospedale tra le mani della moglie Yoko Ono. Il corpo dell’uomo venne cremato e la donna decise di non celebrare nessun funerale.

Davanti all’ospedale e per le strade pare si siano riversati centinaia di fan, alcuni piangevano, altri intonavano le sue canzoni, tutti profondamente sconvolti e colpiti dalla tragica perdita, stretti in un grande abbraccio che non ha barriere e confini, come Lennon “immaginava”. La morte dell’autore diede per la prima volta un’immagine differente delle star e delle persone famose: anche loro sono umani, sono fragili, ma soprattutto possono essere vittime di scellerate ossessioni.

Intanto lo scorso settembre, come riportato dalla BBC, dopo che per l’undicesima volta gli è stata negata la libertà condizionata, Chapman ha chiesto scusa alla vedova Yoko Ono, dichiarando di averlo ucciso per avere fama e definendo il suo un atto “spregevole”.

Fonte immagine Youtube