La polmonite è una malattia molto diffusa nella nostra popolazione, soprattutto nelle aree meno sviluppate, ma non è meno comune in Europa e negli Stati Uniti. Un’infezione talmente grave che continua a mietere diverse vittime, soprattutto tra i più fragili.
Per questo motivo, è essenziale una consapevolezza diffusa. D’altronde, non per nulla è stata istituita la Giornata Mondiale contro la Polmonite.
Ai microfoni di NewSicilia, il professore Nunzio Crimi ha fornito una panoramica dettagliata su questa problematica, evidenziando l’importanza della prevenzione, dei vaccini e delle nuove terapie disponibili per combattere la polmonite.
Si calcola che circa 450 milioni di persone ogni anno siano colpite da questa malattia in tutto il mondo. “In passato – ha spiegato Crimi – la polmonite era una delle principali cause di morte; oggi, fortunatamente, questo dato è notevolmente ridotto grazie alle terapie adeguate disponibili per contrastare l’infezione”.
Ciononostante, si registrano 4 milioni di decessi all’anno in tutto il mondo per polmonite, rappresentando il 7% di tutte le cause di mortalità. È una patologia altamente responsabile di mortalità, soprattutto nelle due fasce di età estreme: nei bambini sotto i cinque anni e negli adulti oltre i 75 anni.
“In Italia, la polmonite colpisce circa 25-35 persone ogni anno per 1000 abitanti, e si stima che circa 9000 persone all’anno muoiano a causa di infezioni polmonitiche”.
Il professore Crimi ha evidenziato che l’incidenza della polmonite è aumentata dopo il COVID-19; non abbiamo percentuali precise, ma è chiaro che il coronavirus ha contribuito a ridurre le difese immunitarie dei soggetti e ha provocato alterazioni parenchimali nei polmoni, come bronchiectasie e fibrosi interstiziale.
“Queste patologie possono favorire l’insorgenza di nuove polmoniti di tipo batterico e da micoplasma, che la scorsa primavera hanno causato un aumento di casi, soprattutto nelle fasce pediatriche e giovanili. Pertanto, il COVID ha rappresentato una causa significativa di mortalità non solo per l’infezione in sé, ma anche per gli effetti residui che ha lasciato nel parenchima polmonare, favorendo l’insorgenza di nuove polmoniti”.
Tra i fattori di rischio per l’insorgenza della polmonite emerge principalmente l’età. “I bambini sotto i cinque anni e gli adulti oltre i 65 anni hanno un rischio maggiore di sviluppare questa infezione”.
“Anche se con minore frequenza, la malattia può colpire in età giovanile o in età adulta, e ciò è influenzato anche dall’ambiente in cui viviamo, come l’inquinamento atmosferico e l’esposizione a inquinanti professionali, che possono alterare il sistema immunitario locale dei polmoni. Anche la denutrizione e le condizioni igieniche inadeguate sono fattori predisponenti”.
“Infine, dobbiamo considerare tutte le patologie che causano immunodeficienza; l’infezione influenzale, ad esempio, può aprire la strada a infezioni batteriche, aumentando l’incidenza della polmonite. Non bisogna dimenticare le altre infezioni virali, come il morbillo, la varicella e la scarlattina nei bambini, che possono favorire infezioni polmonitiche batteriche”.
“Anche le terapie immunosoppressive e chemioterapiche, così come l’esposizione a freddo o ad ambienti umidi, possono causare un’immunodeficienza locale transitoria nei polmoni, rendendoli più vulnerabili a infezioni batteriche e virali”.
Riguardante le strategie mediche innovative per contrastare, prevenire e curare la polmonite, un ruolo centrale è svolto dai vaccini, come quelli contro l’influenza e lo Streptococcus pneumoniae, ampiamente utilizzati in Italia e nel mondo occidentale.
Crimi ha illustrato che “oggi abbiamo anche un vaccino contro il virus respiratorio sinciziale. Questi presidi immunizzanti favoriscono la formazione di anticorpi specifici in grado di contrastare preventivamente la polmonite”.
Un altro aspetto strategico è rappresentato dalle tecnologie biomolecolari per la diagnosi. “Oggi esistono metodiche di genetica molecolare che consentono di identificare l’agente eziologico della polmonite in modo preciso e tempestivo, permettendo una ‘terapia target’ mirata”.
Questa terapia di precisione, anziché essere empirica e generica, è basata sull’identificazione dell’agente causale della polmonite. Tali metodiche, ormai in uso in molti ospedali, migliorano la diagnosi e permettono di adottare una terapia più mirata.
Nonostante l’efficacia delle predette tecnologie, secondo il professore Crimi è evidente che la vaccinazione rappresenta la migliore prevenzione contro la polmonite.
“La vaccinazione antinfluenzale, in particolare, è importante per prevenire le complicanze respiratorie. È consigliabile vaccinare soprattutto i bambini nei primi anni di vita e gli anziani oltre i 65 anni, già all’inizio della stagione autunnale”.
“Negli ultimi anni – prosegue – la vaccinazione contro lo Streptococcus pneumoniae, causa principale della polmonite batterica, si è rivelata essenziale per prevenire la polmonite soprattutto nei soggetti anziani, immunocompromessi e affetti da patologie respiratorie croniche. Anche il vaccino contro il virus respiratorio sinciziale rappresenta un’opportunità per ridurre i casi di polmonite nei bambini e negli anziani fragili.
Ritornando all’importanza della vaccinazione, il professore Crimi ha sottolineato la crucialità di campagne vaccinali ampie e accessibili.
“Oggi i cittadini richiedono terapie per rafforzare le difese contro le infezioni, in particolare quelle respiratorie. La vaccinazione e l’immunizzazione dei soggetti fragili e a rischio sono strumenti essenziali per aumentare le difese e contrastare l’insorgenza e la diffusione della polmonite”.
E ancora: “È importante ripristinare la fiducia nelle vaccinazioni, compromessa in parte dalle preoccupazioni legate ai vaccini anti-COVID, ribadendo la sicurezza e l’utilità delle vaccinazioni antinfluenzali, antipneumococciche e contro il virus respiratorio sinciziale, che presentano rari effetti collaterali e sono efficaci nel prevenire le infezioni polmonari”.c
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