Siamo a un passo dall’estate e i nuovi “tormentoni” ormai bussano alla nostra porta un giorno sì e l’altro pure. Insomma, ciascuno di noi sta per entrare, che lo voglia o no, in un vero e proprio loop fatto di ritornelli e motivetti, tanto allegri quanto martellanti, da cui sicuramente nessuno uscirà prima della fine della bella stagione.
Tra “Sesso e samba” di Tony Effe e Gaia, “Storie brevi” di Annalisa e Tananai, “Aria” dei Ricchi e Poveri, “Melodrama” di Angelina Mango e tante altre hit che stanno spopolando ovunque, si può davvero affermare che è giunto quel periodo dell’anno in cui canticchiare una melodia durante la giornata è la normalità.
Non riuscire a togliersi dalla testa il ritornello di una canzone, soprattutto nei mesi estivi, è assolutamente comune. La quasi “ossessiva” tendenza a canticchiare o ripetere nella propria mente un motivetto è riconducibile a un fenomeno ben preciso, chiamato “Earworm“, che letteralmente significa “tarlo dell’orecchio“. Una metafora in grado di sintetizzare proprio la sensazione che proviamo quando una melodia si insinua nella nostra mente fino allo sfinimento.
Il primo a parlare di “Earworm” è stato proprio lo psichiatra tedesco Cornelius Eckert, che nel 1979 si è soffermato su un aspetto che ancora oggi suscita interesse e curiosità.
Da tempo ci si interroga sulle ragioni scientifiche che stanno alla base di un meccanismo tanto comune quanto curioso, su cui ancora permangono dei dubbi.
La spiegazione più comune vede protagonista la corteccia uditiva primaria del cervello che, in quanto responsabile dell’udito, registra i suoni che ascoltiamo, generando una sorta di “memoria uditiva”.
È chiaro però che restare nella mente degli ascoltatori non è un “privilegio” di tutti i brani. Riescono a non darci tregua solo le canzoni che possiedono determinate caratteristiche, tipiche appunto delle hit estive.
Di seguito i requisiti principali, individuati nel 2003 da James Kellarsi, docente di marketing all’Università di Cincinnati:
Quello dell’earworm è sicuramente un fenomeno che negli ultimi decenni sta avendo sempre più risalto, ma che esisteva anche ai tempi delle musicassette o dei vinili, quando ascoltare le canzoni su Spotify non era nemmeno lontanamente immaginabile. Il motivo per cui oggi il numero di persone “colpite” dal fenomeno aumenta è sicuramente riconducibile alla maggiore accessibilità ai brani, nettamente superiore rispetto al passato.
In fondo il meccanismo che sta alla base dell’earworm è lo stesso che ha sempre gestito anche i jingle pubblicitari, capaci di restare impressi anche a distanza di anni.
Esistono diversi metodi utili per liberarsi di una canzone. Tra i più consigliati c’è quello che prevede uno spostamento dell’attenzione verso un altro stimolo, un oggetto o un’attività da svolgere. Essendo concentrati su altro, sarà più facile arginare la propria mente “canterina”. Un’alternativa potrebbe essere canticchiare un altro brano, nella speranza che questo non diventi l’inizio di una sorta di “circolo vizioso”.
Adesso ripercorriamo brevemente i tormentoni che nel corso degli anni ci hanno fatto compagnia sotto l’ombrellone. Di seguito i principali:
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