MONDO – Un progetto che si è trasformato in pura e ricercata realtà ha avuto sviluppo nell’ambito della scienza e, in parte, della tecnologia. Seppur banale per l’opinione di alcuni, bisogna ritenersi fortunati ed apprezzare la scoperta che permette di avere un quadro più chiaro dell’immenso che ci circonda.
Protagonista è il telescopio spaziale James Webb, una delle innovazioni più iconiche e importanti della storia dell’aerospazio. Un investimento complessivo di quasi 12 miliardi di dollari, fiorito dalla collaborazione tra NASA, agenzia spaziale canadese e agenzia spaziale europea.
L’oggetto del mistero e del desiderio si insignisce di un importante riconoscimento, collocandosi in cima ai progetti più ambiziosi dell’agenzia governativa civile responsabile del programma spaziale e della ricerca aerospaziale degli Stati Uniti d’America.
La visione a infrarossi del nuovo James Webb Space Telescope (JWST) garantisce uno studio con un margine d’errore quasi nullo relativo alle componenti meno note dell’universo conosciuto, ma di cruciale importanza per l’origine di moltissimi oggetti cosmici, per la chimica extraterrestre e, infine, per l’origine stessa della vita come la osserviamo oggi.
Questo “marchingegno” è in grado di andare oltre 100milioni di anni post Big Bang ed è nelle condizioni di osservare galassie bambine individuando, per non farci mancare nulla, le atmosfere atipiche dei pianeti extrasolari.
I rilevamenti ottenuti dal “Webb Telescope” sono stati resi possibili grazie alla radiazione infrarossa che, per essere in grado di sprigionare le proprie funzioni al massimo della potenza, necessita del mantenimento costante degli elementi strutturali e interni del telescopio ad un temperatura di 235° C sotto zero per schivare il pericolo che il calore possa modificare o compromettere le immagini.
La luce, pur essendo velocissima, impiega un lasso di tempo per arrivare fino a noi. Ne consegue che più si guarda lontano e più si guarderà indietro nel tempo. In pratica la magnificenza del James Webb, favorito dalla radiazione infrarossa, riesce a “vedere” e catturare ciò che l’occhio umano non sarebbe capace di fare.
Negli ultimi giorni è stato pubblicato uno studio che si riferirebbe alla galassia chiamata GLASS-z13 che ora si troverebbe a una distanza di 33 miliardi di anni luce dalla Terra a causa dell’espansione dell’universo. Questo significherebbe che, se venisse confermato, l’oggetto avrebbe 13,4 miliardi di anni (con la luce che avrebbe viaggiato fino a noi per 13,4 miliardi di anni) e si sarebbe formato quando il macrocosmo si era formato da appena 300 milioni di anni. Un lasso temporale che in termini astronomici, è relativamente pochissimo.
Attualmente lo studio deve passare ancora la revisione tra pari (peer-review) e potrebbe quindi essere rivisto, corretto, modificato o ritirato se verranno trovati errori nelle analisi. Per questo si è ancora cauti nel definire questo risultato di telescopio spaziale James Webb. Ci sono comunque alcuni dati che farebbero filtrare ottimismo agli scienziati.
L’universo è una dimensione di cui tutti sappiamo terribilmente poco. Un po’ come il discorso sulle varie religioni e il concetto di “vita” dopo la morte. Dibattiti non possono fare altro che finire in sproloqui sollevando polveroni infiniti di interrogativi in grado di far vacillare le nostre menti affamate di sapere.
La questione della probabilità è un ulteriore banco di prova per trattare questo argomento con le pinze. Le probabilità che queste progressioni scientifiche facciano sorgere il dubbio di forme di vita extraterrestre non garantiscono una prova certa e dimostrata. E se dovesse esserci davvero qualcosa? Come la prenderebbe la maggioranza della popolazione mondiale? Le religioni verrebbero disintegrate?
Quesiti che si mescolano tra l’utopia e la distopia, limitiamoci soltanto ad ammirare la parabola ascendente della scienza culminata con questo progetto “salato” in termini economici, ma che potrebbe cambiare il modo in cui vediamo noi stessi e l’universo intorno a noi.
Fonte foto Hardware Upgrade
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