MONDO – Gli studi in campo scientifico continuano a regalare speranza. C’è la possibilità di trovare cure conclamate a malattie che espongono a un serio rischio la popolazione.
Potrebbe essere questo il caso dell’epatite C. Ecco tutto ciò che si deve sapere sull’argomento in questione.
Cos’è l’epatite C?
L’Istituto Superiore di Sanità definisce l’epatite C in tal modo: “L’agente infettivo è un hepacavirus (Hcv), appartenente alla famiglia dei Flaviviridae, di cui sono stati identificati sei diversi genotipi e oltre 90 sottotipi. Ancora non è chiara l’implicazione di queste variazioni genotipiche nel decorso clinico della malattia, ma certamente esistono differenze nella risposta dei diversi genotipi alle terapie antivirali”.
Diagnosi
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) dichiara che l’epatite C viene analizzata in due fasi: un test sierologico che, in caso di esito positivo, viene seguito da un test dell’acido nucleico per l’acido ribonucleico (RNA) dell’HCV “per confermare l’infezione cronica perché circa il 30% delle persone infette da HCV elimina spontaneamente l’infezione con una forte risposta immunitaria senza la necessità di trattamento”.
Sintomi e modalità di trasmissione
In merito alla sintomatologia, l’Iss chiarisce: “L’infezione acuta iniziale da Hcv è nella maggior parte dei casi, asintomatica e anitterica. In coloro che manifestano clinicamente la malattia, l’esordio è insidioso con anoressia, nausea, vomito, febbre, dolori addominali e ittero. Un decorso fulminante fatale si osserva assai raramente (0,1%), mentre un’elevata percentuale dei casi, stimata fino all’85%, andrà incontro a cronicizzazione. Il 20-30% dei pazienti con epatite cronica C sviluppa, nell’arco di 10-20 anni, cirrosi e, in circa l’1-4%, successivo epatocarcinoma. Il periodo di incubazione va da 2 settimane a 6 mesi, per lo più è compreso fra 6 e 9 settimane”.
Invece la trasmissione “avviene principalmente per via parenterale. Sono stati documentati anche casi di contagio per via sessuale, ma questa via sembra essere molto meno efficiente che per l’Hbv. L’infezione si può trasmettere per via verticale da madre a figlio in meno del 5% dei casi. Il controllo delle donazioni di sangue, attraverso il test per la ricerca degli anticorpi anti-Hcv, ha notevolmente ridotto il rischio d’infezione in seguito a trasfusioni di sangue ed emoderivati”.
Come si cura l’epatite C?
Come evidenziano sia l’OMS che l’Iss, ancora oggi non c’è un vaccino efficace e l’uso di immunoglobuline non è stato efficace. Dunque, ci si concentra maggiormente sulla prevenzione della malattia in questione tramite “norme igieniche, la sterilizzazione degli strumenti chirurgici e per i trattamenti estetici, l’utilizzo di materiali monouso, la protezione nei rapporti sessuali a rischio”.
Epatite C, vaccino in arrivo?
Potrebbe trattarsi di una vera svolta sotto il profilo sanitario quella riguardante la cura dell’epatite C. Infatti, pare che gli studi sul Covid e l’arrivo sul mercato dei vaccini per combattere l’epidemia da SARS-CoV-2 abbiano spinto gli esperti a focalizzarsi anche su una possibile terapia efficace verso l’infezione in questione.
L’ultimo aggiornamento consiste nel fatto che entro 5 anni potrebbe esserci un vaccino efficace contro l’epatite C. A tal proposito, stando a quanto riportato dalla rivista scientifica Focus, tale novità sarebbe stata resa nota da Michael Houghton durante una conferenza online nell’ambito dello European Congress of Clinical Microbiology and Infectious Diseases (ECCMID).
Houghton ha vinto il premio Nobel per la medicina 2020 come riconoscimento per aver scoperto, nel 1989, l’epatite C. Lo sviluppo di un vaccino efficace contro il Covid ha permesso di fare luce anche sull’epatite C. Nello specifico, l’impiego di nuove tecnologie come nel caso dei sieri a mRNa (Pfizer e Moderna) e gli adenovirus (Moderna e AstraZeneca) sarebbero in grado di indurre una efficace risposta immunitaria anche per quanto concerne l’infezione da HCV.
L’obiettivo di Houghton e dei colleghi sarebbe quello di arrivare a un vaccino potenziato che, tramite la produzione di anticorpi, impedisca la mutazione dell’infezione. Continuando a leggere quanto reso noto dalla rivista, Houghton avrebbe affermato che la sperimentazione potrebbe partire dall’anno prossimo e già nel 2026/27 i potenziali vaccini potrebbero essere già somministrati nei soggetti più a rischio.
Il punto della situazione con i dati
L’OMS ha rilevato i seguenti dati: “A livello globale, si stima che 58 milioni di persone abbiano un’infezione cronica da virus dell’epatite C, con circa 1,5 milioni di nuove infezioni che si verificano ogni anno”.
“Oltre 354 milioni di persone nel mondo convivono con l’epatite cronica; ogni giorno si verificano oltre 8mila nuove infezioni di epatite B e C e ogni anno si verificano più di un milione di decessi per malattia epatica avanzata e cancro al fegato”.
Soltanto nel 2019 “circa 290mila persone sono morte di epatite C, principalmente per cirrosi e carcinoma epatocellulare (carcinoma epatico primario)”.
Infine, proprio lo scorso 28 luglio è stata celebrata la Giornata mondiale dell’epatite, occasione in cui l’OMS si è concentrata sul tema “L’epatite non può aspettare“.
Un titolo che suggerisce lo scopo di “eliminare l’epatite virale come minaccia per la salute pubblica entro il 2030″, invitando tutti i paesi a lavorare insieme per raggiungere tale obiettivo, come si legge nel sito dell’Organizzazione.
Fonte foto: Fondazione Umberto Veronesi