MONDO – La connivenza in un mondo avvolto dal silenzio ha reso il mondo dello sport un luogo meno sicuro. Gli ambienti sportivi si prestano, loro malgrado, a episodi di molestie e abusi, risultando così a elevatissimo rischio in materia di violenze sessuali.
Ciò, contrariamente a quanto si potrebbe intuitivamente ritenere, forse per l’assenza di casi eclatanti a livello nazionale, forse perché lo sport viene ancora percepito come un ambiente sano per principio. La realtà però è un’altra ed è stata ostinatamente occultata attraverso una vera e propria politica del silenzio, trasversale all’intero mondo dello sport, nazionale e internazionale.
Il caso di Cho Jae-beom, allenatore sudcoreano condannato a oltre 10 anni di carcere per molestie sessuali sull’atleta Shim Suk-hee, campionessa olimpica di short-track, è solo uno degli ultimi in ordine di tempo e, purtroppo, uno dei pochi episodi a venire alla luce. Gli abusi sessuali e le molestie nello sport riguardano molti atleti: secondo uno studio recente uno sportivo su 7 ha dichiarato di aver subito abusi sessuali o molestie.
Shim Suk-hee, due volte medaglia d’oro alle Olimpiadi, è fra le atlete più famose in Corea del Sud. Nel 2019 ha accusato di violenza sessuale Cho Jae-beom, suo allenatore. Le molestie, secondo la ricostruzione confermata dai giudici, sono avvenute per tre anni, da quando la campionessa aveva 17 anni. Lo stesso Cho era stato in passato condannato a 18 mesi, accusato dalla stessa Shim per le percosse che l’atleta aveva subito quando aveva 7 anni, e a 8 anni di carcere per aver abusato di una triatleta morta suicida nel 2020, Choi Suk-hyeon.
Choi si è suicidata a luglio, all’età di 22 anni, dopo aver denunciato la sua vicenda alle autorità, le quali però non avevano aperto neanche un’indagine.
Le molestie sessuali nello sport in Italia
Secondo una relazione della Procura del Coni, pubblicata nel 2019, in Italia ci sono stati 86 casi di molestie sessuali, su atleti complessivamente iscritti a 44 federazioni.
Applicando il parametro del numero oscuro (su 100 episodi solo 35 vengono denunciati) i casi potrebbero essere tra i trecento e i quattrocento, ma denunciarli è pratica non ancora scontata, per niente. I casi finora censiti, 86, riguardano soprattutto il calcio, che per numero di tesserati è ampiamente più diffuso di tutti gli altri sport in Italia. Al secondo posto ci sono gli sport equestri e al terzo il volley. La maggioranza dei casi riguarda minorenni.
L’ex tecnico della Novese Calcio, Serie B femminile, è stato condannato dalla Corte Federale della Figc, in appello, alla squalifica per tre anni. Secondo le testimonianze delle vittime l’allenatore rivolgeva epiteti di stampo omofobo e sessista alle atlete (“sei qui per leccare la f**a”). Amaramente emblematico poi il caso di un allenatore di baseball, abruzzese, condannato a 12 anni di reclusione per abusi sessuali sui suoi piccolissimi atleti. Abusi che avvenivano in casa, sul pulmino dopo le trasferte, in macchina dopo gli allenamenti, nel bar dell’impianto sportivo. “Si accaniva sulle sue prede”, scrivono i giudici, “facendole cadere in una ragnatela […]. Le vittime erano soggiogate”.
Come si possono riconoscere le molestie sessuali in ambito sportivo?
Raramente esse appaiono in modo tanto evidente da permettere un giudizio penale. Si tratta di palpeggiamenti indesiderati, scomode allusioni, occhiate indiscrete.
Gli autori di molestie sessuali sono nella maggior parte dei casi delle persone adulte consapevoli delle fragilità dei più giovani. I giovani sportivi si trovano in una situazione a rischio proprio perché stanno scoprendo il proprio mondo, lo sviluppo della loro personalità è agli inizi e sono alla ricerca di valori di riferimento. Anche il rapporto con la sessualità risulta essere per loro una novità ed un fattore di insicurezza. Agli allenatori compete una responsabilità educativa fondamentale. Non devono in nessun caso approfittare dei sentimenti degli sportivi per soddisfare le proprie esigenze sessuali.
Partiamo dal presupposto che può succedere a tutti: agli ambiziosi come pure ai timidi, ai forti come ai deboli, ai rumorosi ed ai silenziosi, può accadere a chiunque. Molestie e sfruttamento sessuale presso i giovani possono accadere sia a ragazze che a ragazzi. Spesso ne sono vittime sia gli sportivi ambiziosi che i meno dotati.
Gli autori instaurano un rapporto molto stretto, l’assistenza che gli atleti auspicano nei loro confronti diviene sempre più intensa. Prima o poi viene superata la soglia. I contatti divengono troppo frequenti, i palpeggiamenti eccessivi, la vicinanza ossessiva. E poi dire di no è molto difficile. La paura di non venire più considerati, una sensazione di colpa, la mancanza di fiducia, molte barriere impediscono alla vittima di infrangere il tabù, di rivolgersi a qualcuno. Per tali ragioni, quale deterrente, andrebbero intensificati i controlli anche con i certificati antipedofilia.
È doveroso chiedere ad allenatori, ai dipendenti delle società sportive e a chiunque ruoti in torno agli atleti, i carichi pendenti, perché chi si macchia di reati a sfondo sessuale o tenga comportamenti eticamente inadeguati e quindi molesti dovrebbe essere radiato per sempre dalla professione di allenatore. In questi anni molte persone condannate hanno continuato ad esercitare il loro mestiere nell’impunità, proprio perché pur esistendo una regola, non sempre è stata applicata.
Un altro tema importante riguarda la necessità di alzare i tempi della prescrizione ad almeno dieci stagioni sportive dal compimento dell’illecito.
Gli illeciti disciplinari vengono inquadrati come violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità, pertanto la prescrizione ha una durata di quattro anni, quindi accade che molte vittime di abusi si rivolgano alle autorità o chiedano aiuto quando l’illecito è già in prescrizione.
Per tale ragione e per la gravità delle condotte contestate sarebbe auspicabile che questi reati nello sport diventassero imprescrittibili.
A questo quadro generale, ed insopportabile, di impunità si aggiunge il fattore culturale, una sorta di omertà sportiva che nega sempre, rimuove e minimizza gli episodi di molestie e, aspetto ancor più grave, colpevolizza le vittime che denunciano.
Avvocato Alessandro Numini