Il governo thailandese fa marcia indietro sulla cannabis?

Durante la competizione per le elezioni dell’anno scorso, uno degli argomenti dibattuti includeva le riserve dei partiti più tradizionalisti riguardo agli effetti nocivi della marijuana sui giovani. Da quando è assurto alla carica di primo ministro, Srettha Thavisin ha perseguito con vigore la lotta contro l’uso della cannabis, posizionandola al centro della sua agenda politica con l’affermazione che il consumo di droghe rappresenta un grave problema per la Thailandia, dovendo la cannabis essere limitata esclusivamente a fini medici. In un netto cambiamento di rotta rispetto a diciotto mesi fa, e al fine di colmare le lacune della legislazione vigente, il Pheu Thai, partito al potere, ha introdotto una proposta legislativa per proibire l’utilizzo ludico della cannabis, circoscrivendolo unicamente a quello terapeutico. Il governo ha quindi sollecitato il feedback della comunità, offrendo ai cittadini fino al 23 gennaio per esprimere la propria opinione, prima di avanzare la proposta al Parlamento.

La proposta prevede sanzioni pecuniarie sino a 60.000 baht (circa 1.500 euro) per l’uso non medico, e campagne pubblicitarie o di marketing inerenti a tale utilizzo potrebbero risultare in condanne detentive fino a un anno o ammende massime di 100.000 baht (2.600 euro).

Dal giugno 2022, con la rimozione della cannabis dall’elenco dei narcotici e la liberalizzazione delle norme su coltivazione, consumo, detenzione e vendita, la Thailandia si è distinta come il primo Paese asiatico ad adottare tale politica. Di conseguenza, sono proliferati negozi con luminose insegne raffiguranti la foglia di marijuana, ristoranti e festival a tema, generando un’industria che secondo le previsioni avrebbe potuto valere 1,2 miliardi di dollari. Nonostante la legislazione attuale non consenta il consumo in pubblico, la Thailandia stava diventando un nuovo punto di riferimento per gli appassionati della cannabis.

La nuova proposta legislativa non prevede di reinserire la cannabis nell’elenco dei narcotici, ma suscita notevoli preoccupazioni tra coltivatori, commercianti e imprese del settore, che offrono prodotti vari, dai barattoli di marijuana agli oli, dalle creme alle caramelle gommose aromatizzate, fino ai prodotti da forno che, secondo la normativa attuale, non devono superare lo 0,2% di THC. La proposta mira a inasprire le regole sulle licenze per coltivazione, vendita, esportazione e importazione di cannabis, obbligando gli operatori del settore a ottenere o rinnovare le licenze per evitare severe penalità.

Le misure adottate in modo precipitoso e non omogeneo dopo la depenalizzazione hanno tentato di limitare l’uso della cannabis, lasciando tuttavia margini per il consumo ludico. La legge corrente proibisce il fumo in luoghi pubblici, ma non impone restrizioni all’uso privato di prodotti a base di cannabis a fini ricreativi: la nuova proposta legislativa vuole estendere il divieto a tutti gli usi non medici, aumentando le sanzioni pecuniarie per chi consuma in pubblico.

La deregolamentazione della cannabis in Thailandia era iniziata nel 2018 con la legalizzazione a fini medici. Il governo attuale aspira a ritornare a questa impostazione. Poonwarit Wangpatravanich, presidente dell’Associazione per la Cannabis di Phuket, ha recentemente espresso a Bloomberg la preoccupazione che il nuovo divieto possa pregiudicare i vantaggi economici derivanti dal turismo della cannabis e portare alla chiusura dei negozi già esistenti, danneggiando così la popolarità del governo.

La situazione della cannabis in Italia

La situazione in Italia per quanto riguarda la cannabis e l’hashish è diversa da quella thailandese, con una normativa che storicamente ha oscillato tra momenti di maggiore tolleranza e periodi di restrizioni più severe. Recentemente, l’Italia ha assistito a dibattiti sull’uso medico e ricreativo della cannabis, cercando un equilibrio tra la prevenzione dell’abuso e il riconoscimento dei potenziali benefici terapeutici. In questo contesto, prodotti specifici come il Gorilla Glue Hash si distinguono per la loro qualità e sono destinati principalmente all’uso medico, in conformità con le leggi italiane che regolamentano la produzione, la vendita e il consumo di cannabis e derivati. Mentre il paese continua a esplorare la via verso una regolamentazione più inclusiva, il dibattito pubblico e legislativo rimane acceso, riflettendo la complessità della materia e la varietà delle opinioni in merito.

Redazione

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