Tutti i giorni fanno capolinea sulle pagine dei giornali notizie inerenti alle sostanze stupefacenti, dal semplice spaccio alla vera e propria organizzazione di interi blitz antidroga.
Si tratta di un numero in costante crescita, registrato in tutto il mondo e che non sembra conoscere freni. Dati che, raccolti nei secoli, hanno contribuito alla dissepoltura di un dubbio comune: come mai l’uomo, come specie, prova una così forte attrazione per gli stati alterati di coscienza?
Chi era Terence Mckenna
Su questo interrogativo indaga lo psiconauta, ovvero colui che, facente uso della psiconautica, osserva e spiega gli effetti soggettivi degli stati alterati della coscienza dell’uomo.
Tra gli psiconauti più emergenti risalta senz’altro Terence Mckenna, classe 1946 e originario della cittadina statunitense di Paonia, in Colorado.
Mckenna era solito affiancare ai suoi studi universitari, che gli valsero i titoli di etnobotanico filosofo laureato in ecologia, sciamanesimo e conservazione, anche l’esperienza delle sostanze stupefacenti. Il suo è risultato così essere un vero e proprio interrail psicoattivo, estendendosi dall’oppio alla psilocibina.
La domanda che Mckenna poneva ai suoi ascoltatori, e a cui ha dedicato il resto della sua vita, era semplice: come mai l’uomo, indipendente da quanto potesse evolversi, ha sempre ricercato nella propria quotidianità l’uso di uno sostanze psicoattiva?
A ciò, l’etnobotanico, ha servito come risposta la “Stoned ape theory”, illustrata all’interno del libro “Il cibo degli Dei”.
La teoria della “Stoned ape”
La “Stoned ape theory”, tradotta letteralmente come “Teoria della scimmia fatta”, si basa sull’ipotesi secondo cui gli allucinogeni hanno avuto un forte impatto nell’evoluzione dell’Homo sapiens. Il dettaglio a supporto di questa teoria sarebbe la crescita esponenziale del cervello umano già 11.700 anni fa, passando da 350 grammi a quasi 1,5 chili in “soli” 3 milioni di anni.
Si tratta infatti di una crescita fin troppo radicale, specie se si considera che l’uomo ha impiegato centinaia di migliaia di anni per raggiungere quei 350 grammi. L’homo sapiens, così, sarebbe entrato in contatto con gli allucinogeni già nel Pleistocene, periodo caratterizzato da una forte desertificazione sull’intero continente africano.
I nostri antenati avrebbero poi seguito le mandrie di mucche, notando come nei pressi dei loro escrementi nascesse la Psilocybe cubensis. Il contatto con questo agente allucinogeno sarebbe così la causa dietro la nuova evoluzione dell’uomo, adesso dotato non solo di sensi più acuiti ma anche di nuove intuizioni e idee. Così, Mckenna, commenta le ipotesi sulla sostanza specifica con cui l’essere umano è entrato in contatto:
“Procedendo per esclusione, ci restano gli allucinogeni basati sulla triptammina: psilocibina, psilocina e DMT. In una prateria potremmo aspettarci di trovare questi composti in un fungo psilocibinico che prospera sul letame del bestiame (coprofilo), oppure in una pianta erbacea contenente DMT. Ma a meno che la DMT non venga estratta e concentrata- procedimenti che vanno ben oltre la portata dei primi umani– queste piante non possono offrire una quantità sufficiente di DMT per disporre di un allucinogeno efficace. Per eliminazione siamo quindi portati a supporre che la nostra pianta delle origini fosse un fungo”.
Ulteriori dosi, in seguito, avrebbero portato a cambiamenti ancora più radicali, come l’aumento di popolazione o la nascita del desiderio da parte dell’uomo di ricercare una divinità superiore a cui fare appello. A questa teoria ha fatto eco il fratello di Terence Dennis, anche lui etnobotanico, che ha spiegato:
“Non si può semplicemente dire che i nostri antenati hanno mangiato funghi magici (potrebbero essere stati tartufi) e che questo ha causato la mutazione del nostro cervello. È molto più complesso di così. Ma certamente ha avuto un ruolo. Si può pensare ai funghi magici come a un software che ha programmato il nostro hardware neurologico per pensare in modo diverso, per essere coscienti e per iniziare a usare il linguaggio“.
Cosa si cela dietro la nostra origine “psichedelica”
Quella di Mckenna rimane, quindi, solo una teoria, tanto plausibile quanto fallace. Resta però innegabile quanto questa ipotesi sia curiosa e allettante, una spiegazione quanto più che plausibile per un comportamento umano che ci circonda ogni giorno.
Una conferma di tale tesi, inoltre, avrebbe un impatto non indifferente all’interno del dibattito legato alla legalizzazione di tali sostanze. Non sarebbe, insomma, ironico applicare un divieto alla stessa sostanza che ci ha concesso di concepire l’idea di “divieto”?
A cura di Corrado Denaro