A 50 anni dalla sua pubblicazione, Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach continua a far parlare di sé. Il testo è una pagina di letteratura considerata eterna fin dalla sua prima edizione di stampa. Non è un romanzo, non è un racconto, forse è una fiaba o chissà, una leggenda. È certamente la storia di un esempio, di un tirocinio conquistato da un gabbiano in volo e sedimentato nel cuore dell’uomo. Jonathan Livingston è un giovane gabbiano come tutti gli altri, diverso da se stesso.
Lui non è solo il gabbiano di un comune Stormo a cui appartiene per nascita, lui sa di essere nato per volare alto e sfida costantemente la morte esercitando la passione, fino a superare più e più volte i limiti della sua natura. Il tempo che gli altri gabbiani dedicano alla ricerca di cibo, per Jonathan è il volo la sua manna preziosa. Jonathan esercita con costanza un duro allenamento, il cielo è la sua palestra senza confini, armato di volontà ed energia supera ogni altro volatile in imprese di volo a velocità impensabili, ma soprattutto supera se stesso.
Il medagliere delle sue acrobazie è ricco di straordinarie altezze, ed è orgoglio, fierezza della sua unicità. Ma non basta. La ricerca della bellezza è il motore che scuote le ali, ogni decollo è una scuola di coraggio per atterrare in una dimensione di libertà. “Scegliamo il nostro prossimo mondo in base a ciò che apprendiamo in questo. Se non impari niente, il prossimo mondo sarà identico a questo, con tutti gli stessi limiti, le stesse zavorre“.
Il Consiglio degli Anziani, la massima espressione del Potere dello Stormo, anziché applaudirlo lo isola, confinandolo al rango di Reietto, Jonathan diventa così un gabbiano senza stormo e senza casa, se non quella solitaria sulle Scogliere Remote. La nuova vita non ferma l’incessante progredire della sua passione, Jonathan continua a superare e superarsi, perché in fondo è questo quello che conta, abbattere le barriere reali ma soprattutto quelle che confondono mente e piume, i limiti concepiti dall’esagerata prudenza “mangiavita”.
“Il gabbiano Jonathan scoprì che la noia e la paura e la rabbia sono le ragioni per cui una vita gabbiana è così breve, e quando quelle furono svanite dai suoi pensieri visse una vita lunga e bella“. Il giorno del destino arriva per Jonathan quando due gabbiani lo scortano oltre la sfera terrestre. Diventato un raggio di luce, il gabbiano Jonathan Livingston vola alto, sopra la Terra, sempre più vicino ad un nuovo paradiso di cielo.
La meta è la perfezione superiore, la libertà di osare, ogni limite viene abbandonato sugli scogli. Jonathan diventa un esempio, un mentore. La sua passione è condivisa da altri suoi simili perché l’entusiasmo si sa, è contagioso. Si chiama passione perché quasi mai passa. Ed è così che ha inizio la catena di una testimonianza maestra che fa del giovane Jonathan un insegnante di volo per allievi desiderosi d’imparare a vivere volando, a superare i limiti fantasmi costruiti da vedute arginate da paure, timori e piume maldestre tenute a freno.
“Lui diceva cose molto semplici: che è giusto che un gabbiano voli, che la libertà è la natura profonda del suo essere, che qualunque cosa ostacoli quella libertà dev’essere accantonata, che sia un rito o una superstizione o qualunque forma di limitazione“.
Fletcher Lynd è un gabbiano reietto come lo è Jonathan, in più adesso è il suo primo allievo. A lui ne seguiranno tanti, ormai sono un gruppo. La passione per il volo è libertà da condividere, da tramandare. Il segreto sta nella vibrazione dello scatto iniziale, il respiro acceso e deciso a conquistare altezze e traguardi. Con piume di gabbiano o con pelle di uomo. La caduta è possibile, addirittura prevista, la vita è una sindrome di colori e dolori, probabile crollo compreso.
Quando all’improvviso un brutto incidente scompone la traiettoria di volo del gabbiano Fletcher Lynd trasportandolo nella nuova entità di Jonathan Livingston, lì vi resta per poco tempo. Un giorno si ritroveranno insieme ma non è questo il tempo. C’è tanto da insegnare, nuovi allievi con ali piegate dalla paura hanno bisogno di rincorrere il tempo lento, distratto ma non ancora perduto. Il vecchio gabbiano Chang lo ricorda a Jon con queste parole: “Raggiungerai il paradiso, Jonathan, nel momento in cui raggiungerai la velocità perfetta. Che non vuol dire volare a mille miglia all’ora, o a un milione, o alla velocità della luce. Perché qualunque numero è un limite, e la perfezione non ha limiti. La velocità perfetta, figliolo, è esserci“.
Che sia di piume che sia di pelle, il vestito non conta, la perfezione nemmeno. Il limite sono io, il limite è il mio nome, non la mia identità. Il gabbiano e la sua metafora, piume e pelle, voli e passi. Il volo di Jonathan è un messaggio alla terraferma, alla paura di viverla e abitarla.
Ali e direzioni bastano a far librare un sogno fino a non far bastare il cielo, un altrove è possibile, la volontà decide. Jonathan sono io, Jonathan sei tu, da soli insieme a superarci passo dopo passo, per ritrovarci un giorno vestiti di luce, ebbri del volo controvento della vita. Vivo veloce se vivo d’amore gentile, vivo ad altezze superiori se vivo con una coscienza sensibile e consapevole del mio mondo intorno.