I capelli come mezzo di comunicazione ed espressione: la protesta contro la morte di Mahsa Amiri

I capelli come mezzo di comunicazione ed espressione: la protesta contro la morte di Mahsa Amiri

MONDO – I capelli vestono il corpo, ma anche l’anima. Sono un potente mezzo di comunicazione e di espressione, legati all’identità, alla personalità e ai ricordi degli individui.

Dalla tradizione al gesto di ribellione

Nelle varie culture hanno un significato e un’importanza differente, come nel caso dei sacerdoti Ho delle tribù dell’Africa occidentale, che li concepiscono come sede di Dio. I capelli hanno perciò una forte valenza spirituale.

Durante la seconda guerra mondiale i nazisti, per omologare le persone, praticavano la rasatura dei capelli; venivano così privati della loro individualità, dei ricordi, del loro stato sociale e veniva cancellata la realtà dalla quale provenivano.

Ad Auschwitz, quando le truppe sovietiche entrarono in quel campo di concentramento, trovarono 293 sacchi di capelli umani, con un peso di circa sette tonnellate.

È evidente che lo scopo era quello di rendere i prigionieri anonimi, attraverso l’esercitazione del potere su qualcosa di strettamente personale.

Il caso di Mahsa Amiri

Attraverso la capigliatura è possibile esprimere devozione religiosa o ribellione politica. Come attualmente sta succedendo in Iran e in Occidente per manifestare contro la morte di Mahsa Amiri.

Quest’ultima era una giovane curda originaria della provincia iraniana di Saqqez, che si trovava in visita a Teheran insieme al fratello.

È stata prelevata, trattenuta e uccisa dalla polizia morale dell’Iran perché indossava in maniera errata lhijab, il velo deputato a coprire i capelli delle donne, obbligatorio in Iran per tutte coloro che hanno superato i 9 anni di età.

La morte violenta e immotivata di Mahsa ha portato le donne alla ribellione; in tutte le città vicine all’accaduto si sono sviluppate proteste e marce.

Con il passare dei giorni e la diffusione della notizia, sui social sono stati pubblicati numerosi video in cui le donne bruciano gli hijab o si tagliano i capelli in segno di solidarietà e protesta. Un gesto tipico della tradizione curda quando le donne sono in lutto.

L’adesione dei “Vip” alla questione

Anche il mondo dello spettacolo ha aderito alla causa. Molte vip hanno deciso di tagliare i capelli o almeno una ciocca per protesta.

Tra i nomi più famosi Claudia Gerini, Rocio Morales, Sofia Goggia, Belen Rodriguez fino alle attrici francesi Marion Cotillard e Juliette Binoche.

Anche le donne vincitrici del Premio Afrodite si sono unite in un gesto così importante: Margherita Buy, Eugenia Costantini, Laura Delli Colli, Maria Chiara Giannetta, Matilde Gioli, Aurora Giovinazzo, Ludovica Martino, Gala Martinucci, Noemi, Ilenia Pastorelli, Maria Sole Pollio, Giulia Steigerwalt e Maria Sole Tognazzi.