MONDO – Entrata nell’immaginario collettivo occidentale grazie al capolavoro Disney “Coco“, la tradizione messicana del Dia de los muertos incarna i significati più profondi del “giorno dei defunti“, celebrando la morte con allegria e divertimento.
Andiamo dunque insieme a scoprire le antiche origini di una festa tanto sentita in Mesoamerica e importata in molte fette del globo.
Le origini della festa affondano le proprie radici in epoche antichissime, tra le popolazione pre-conquistadores del Messico. Si parla infatti di festa indigena, celebrata da nativi come atzechi, maya, purépecha e totonaca, con lo scopo di estirpare dalla mente dell’uomo la paura nei confronti della morte.
Proprio come in Italia, il dia de los muertos cade il 2 novembre, data in cui le famiglie allestiscono un altare dedicato ai loro defunti, che assume un significato trascendentale rispetto a quella che potremmo immaginare come una “simil” tomba, rappresentando invece, un portale tra la vita e la morte. Ogni altare è composto da specifici elementi:
L’altare viene poi arricchito con le pietanze più amate dai defunti e vengono lasciate lì tutta la notte: secondo la tradizione, gli spiriti banchetteranno con i cibi preparati dai propri cari. Affiancati ai piatti preferiti, vengono lasciati anche il pan de Muertos, un pane dolce decorato con teschi e ossa di pasta che si fa apposta per l’occasione, teschi di zucchero e cempasúchil, ossia le calendule che sono considerate il fiore di questo giorno.
Gli altari tutta via possono anche essere allestiti in luoghi pubblici come scuole o piazze, pronte ad essere ornate con fiori e filastrocche che affrontano l’amaro tema della morte attraverso ironia e sarcasmo e prendono il nome di calaveritas.
Apparso in mille e bellissime varianti, il teschio adornato di fiori e disegni tipici, possiede un nome e una storia: Calavera Catrina, che fece la sua prima apparizione in epoca atzecha. Si tratta di una rappresentazione della dea Mictecacihuatl, regina degli Inferi e Signora della Morte, protettrice delle ossa dei defunti.
L’immagine venne poi ri-presentata al mondo moderno attraverso José Gauadalupe Posada che, nel 1910 circa, utilizzo il teschio come satira contro i nativi americani che si atteggiavano ad aristocratici europei durante la pre-rivoluzione, indossando abiti francesi.
Oggi quella macchietta satirica è il travestimento simbolo della giornata, con varianti più o meno sgargianti sparse per tutto il Messico e il mondo intero.
La grande particolarità della festa risiede proprio nel suo significato, che la diversifica da altre “gemelle” come l’anglosassone Halloween. El dia de los muertos è infatti un momento di gioia dove il mondo dei vivi sfiora e abbraccia quello dei morti, riconciliando famiglie e persone tra loro care, attraverso gesti dalla apparentemente semplicità.
Quindi, per quanto lontana questa tradizione possa sembrarci, dovremmo, anche solo per un istante, provare a mutare il dolore o l’angosciosa nostalgia che ci sale in gola quando pensiamo a qualche nostro defunto e tentare di far fuoriuscire la genuinità dei ricordi più belli legati a quelle persone.
E di questi di ricordi farne un prezioso quadro da esporre a noi stessi e di cui sorriderne al sol pensiero, vivendo e rivivendo quei momenti, incorniciati in un legno senza tempo e pronti, quando ne avremmo di bisogno, ad essere riprodotti nel proprio cuore.
Perché alla fine della morte ci resta questo, il ricordo, una fetta di anima, un attimo o anche un secondo, che per un motivo o per un altro si salda tra le pareti della nostra vita e non si stacca più. E dunque è giusto ricordare chi vorremmo con tutto il nostro cuore accanto, ed è giusto farlo con il sorriso e la gioia di questo profondo abbraccio tra vita e morte.
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