Catene dell’anima, 233 anni fa il primo passo verso l’abolizione della schiavitù: le vittorie di ieri e le sconfitte di oggi

Catene dell’anima, 233 anni fa il primo passo verso l’abolizione della schiavitù: le vittorie di ieri e le sconfitte di oggi

MONDO – Santo Domingo, 1791, una calda notte d’estate, precisamente il 23 agosto. Apparentemente la data potrebbe non dirvi nulla, ma proprio come oggi, 233 anni fa, in quella calda notte d’estate, scoppiò un fuoco indomabile, una rivolta carica di speranza e di rivalsa e che diede il via all‘abolizione della tratta transatlantica degli schiavi.

L’UNESCO ha fissato, in memoria di quello storico ma a molti anonimo evento, la Giornata internazionale di commemorazione della tratta degli schiavi e della sua abolizione. Una giornata che invita a organizzare una serie di eventi al fine di celebrare questa ricorrenza, con il coinvolgimento dell’intera popolazione e, in particolare, di giovani, educatori, artisti e intellettuali.

Il 23 agosto una data storica

Se dovessimo dare un volto a questa colossale rivalsa, quello sarebbe certamente Toussaint Louverture, ex schiavo che guidò in primo piano la rivoluzione degli schiavi di Saint-Domingue, ottenendo la prima vera e propria società libera coloniale con l’esplicito rifiuto della razza come base di scala sociale.

Un ritratto del generale Toussaint Louverture

Ispirato dallo spirito passionale della Rivoluzione Francese, Louverture e tutta la popolazione di schiavi si getteranno in una ribellione per i diritti, lottando e morendo sul campo di battaglia solo per essere considerati umani.

E tra decine di corpi inermi, vite strappate, ecco che il 4 febbraio 1794, il governo francese abolì definitivamente la schiavitù, rendendo libera Santa Domingo. Abolizione che fu incisa nell’inchiostro qualche anno più tardi, 1801, nell’articolo n3 della costituzione dove si legge:

Non possono esistere schiavi a Santo Domingo, in quanto la servitù è abolita per sempre. Tutti gli uomini sono nati liberi e moriranno liberi e francesi“.

Su quelle parole iniziò la caduta di quel muro insuperabile che da secoli, mattone su mattone, divideva gli uomini e classificava le anime.

207 anni dopo la prima giornata di memoria

Da quel 23 agosto 1791, un filo impregnato di sangue e libertà, si annodò senza mai più staccarsi, resistendo alle intemperie dei secoli e vendendo la luce 207 anni dopo, nel 1998 ad Haiti. In quell’occasione, per la prima volta, fu ricordata quella eroica battaglia organizzando eventi culturali e dibattiti.

Il 2001 ha visto la partecipazione del Mulhouse Textile Museum in Francia, sotto forma di un laboratorio per tessuti chiamato “Indiennes de Traite” che serviva come valuta per lo scambio di schiavi nel XVII e nel XVIII secolo.

La schiavitù esiste ancora?

In un giorno così importante ci viene da chiederci se ancora oggi esista la schiavitù, se ancora oggi milioni di vite vengano prosciugate per arricchire stati e governi. Sarebbe meglio parlare di schiavitù moderna, che si maschera dietro sfruttamenti minorili, traffico di esseri umani e una industrializzazione dell’uomo all’interno delle fabbriche.

In un rapporto del Global estimates of modern slavery: Forced labour and forced marriage, si legge che 50 milioni di persone sono vittime di questo sistema, costituito di lavori forzati e matrimoni senza scelta o qualsivoglia sentimento se non quello verso il denaro.

Perché alla fine è cambiata la pelle, il volto ma non l’idea: lo schiavo in tempi moderni ha cambiato nome, non lo si chiama più così, ma l’istituzione continua a ruotare.

Ed ecco come la libertà di un uomo, oggi viene pagata con uno stipendio vuoto per poi essere incarcerata di nuovo tra le mura di un’azienda. Aziende che dipingendo le pareti della propria immagine con propagande di solidarietà e post sui social, soffocano ogni umanità, vinta dal vero dittatore di questo secolo: l’indifferenza.