“All eyes on Rafah”, le lacrime di un popolo dietro una storia Instagram

MONDO – In un mondo di guerre e contrapposizioni, ormai anche l’attivismo divide i popoli e infiamma conflitti via web. È stato questo il caso dello slogan “All eyes on Rafah” che, con oltre 50 milioni di condivisioni sui social, ha confuso e disorientato il lettore medio, intento a guardare meme e video di gattini.

Ma cosa si nasconde dietro questa viralità ai troppi sconosciuta e perché dovremmo, per una volta, distogliere gli sguardi da like e storie “fantastiche”, guardando invece alla nudità crudele del mondo che ci circonda?

Lacrime di un popolo dietro una storia Instagram

Una fila interminabile di tende che, soffocate dalla polvere di un terreno rossiccio, puntano i riflettori invece su dei tendoni puri, bianchi, i quali compongono le parole “All eyes on Rafah”, tutti gli occhi su Rafah.

Il post virale sui social

Dietro a quei tendoni però, si nascondono le lacrime soffocate di donne, uomini e bambini palestinesi che credendo di trovarsi in un luogo sicuro, un campo per sfollati, sono stati colpiti da una pioggia di fiamme e morte, lasciando questa terra senza una vera colpa.

Lo slogan nasce dunque dalla necessità di far vedere a chi è lontano cosa succede agli innocenti, colpevoli solo di essere nati un po’ troppo lontani dall’illusoria utopia occidentale.

“All eyes on Rafah” è un grido di aiuto, una richiesta disperata di chi non ha niente e di chi non può niente, nella speranza di riemergere dal fumo nero della guerra.

E questo urlo dovremmo forse ascoltarlo, toglierci quei tappi di cerume digitale e aprire gli occhi alla realtà, per quanto deludente rispetto al regno incantato di internet.

Cos’è successo a Rafah?

Il boom social è scoppiato all’indomani di un attacco israeliano ai danni di un campo per sfollati nel sud della Striscia di Gaza, per l’appunto a Rafah.

L’attacco, con quasi 200 feriti, ha strappato la vita a 45 persone, per lo più donne e bambini, e ha provocato la condivisione globale del post, criticando inoltre il sistema Meta (Facebook, Instagram, Threads e Whatsapp), accusato di censurare e limitare immagini e notizie sul conflitto israelo-palestinese.

Attivismo tramite IA o solo condivisione inutile?

“All eyes on Rafah” è stata ritenuta dagli esperti la prima vera forma di attivismo tramite intelligenza artificiale, riuscendo a ricoprire l’intero globo in tempi record.

L’immagine virale ha però spezzato gli attivisti: molti hanno infatti ritenuto non sufficiente condividere il solo slogan, che di fatto, non dice nulla su quanto successo a Rafah.

Viene dunque da chiederci quanti tra i 50 milioni di utenti credano davvero nell’obiettivo del post e quanti invece hanno “repostato” solo per moda o convenzione sociale.

Ciò che resta però è che le notizie, di qualunque genere, vengano diffuse liberamente e non schiacciate da censure o algoritmi di quel “regime globale” che oggi chiamiamo internet.

Santo Romeo

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