Pena di morte, quando il criminale smette di essere umano: oggi il mondo si schiera contro le esecuzioni

Pena di morte, quando il criminale smette di essere umano: oggi il mondo si schiera contro le esecuzioni

MONDO – Il 10 ottobre è la Giornata mondiale contro la pena di morte, una realtà agli occhi degli uomini contemporanei così antica quanto crudelmente attuale.

La pena di morte nel mondo

Secondo i dati più recenti, nel 2019, per il secondo anno consecutivo, nel mondo sono state eseguite esecuzioni solo in 20 Paesi. Si tratta di un minimo storico, cionondimeno si tratta comunque di 20 Paesi di troppo.

A fornire informazioni più dettagliate per lo scorso 2020 è Amnesty International: “Neppure la pandemia da COVID-19 ha fermato la pena di morte nel 2020 sebbene si sia registrata una riduzione significativa delle esecuzioni, 483 quelle contate da Amnesty International, il dato più basso registrato in oltre un decennio, in calo del 26% rispetto al 2019 e del 70% rispetto al picco di 1.634 casi registrato nel 2015″.

Questo quanto emerge dal nuovo Rapporto annuale di Amnesty sulla pena di morte. La flessione sarebbe dovuta soprattutto all’Arabia Saudita, dove le esecuzioni registrate sono scese dalle 184 nel 2019 a 27 nel 2020, e all’Iraq, dove le esecuzioni risultano più che dimezzate, passando da 100 nel 2019 a 45 nel 2020.

“Nel conteggio, come sempre, sono esclusi i Paesi che classificano i dati sulla pena di morte come segreti di stato o per i quali sono disponibili informazioni limitate (Cina, Corea del Nord, Siria e Vietnam), anche se proprio la Cina resta presumibilmente il primo boia al mondo con migliaia di morti ogni anno. Dietro, quattro Paesi raccolgono l’88% delle esecuzioni registrate: Iran, Egitto, Iraq e Arabia Saudita”, prosegue.

Conclude: “Ma ci sono anche buone notizie: l’abolizione della pena capitale in Ciad e nello stato del Colorado, l’impegno del Kazakhistan ad abolirla e la cancellazione dell’obbligatorietà della condanna nelle Barbados“.

La storia della pena di morte

La pena di morte o anche pena capitale era presente in tutti gli ordinamenti antichi. Il diritto romano prevedeva la pena di morte e concedeva una speciale garanzia per i cittadini romani: una condanna a morte emanata in base all’imperium del magistrato non poteva essere eseguita senza concedere al condannato la facoltà di fare appello ai comizi centuriati per il tramite dell’istituto della provocatio ad populum.

Il primo Stato al mondo ad abolire legalmente la pena di morte fu il Granducato di Toscana il 30 novembre 1786 con l’emanazione del nuovo codice penale toscano firmato dal granduca Pietro Leopoldo, influenzato dalle idee di pensatori come Cesare Beccaria; tale giornata è festa regionale in Toscana. Tuttavia Leopoldo nel 1790 reinserì la pena di morte per i cosiddetti crimini eccezionali.

Seguirono il Granducato la Repubblica Romana di ispirazione mazziniana (che tuttavia ebbe breve esistenza) nel 1849, il ricordato San Marino (1865) e altri. L’Italia l’abolì (tranne che per crimini di guerra e regicidio) nel 1889, per poi reinserirla con il Codice Rocco del 1930 e abolirla definitivamente nel 1948. Anche la Francia dal 1981 non ricorre più alla ghigliottina, mentre nel Regno Unito, pur non essendo mai stata abolita, a partire dagli anni sessanta la pena capitale è stata autonomamente disapplicata dalla magistratura, che in sua sostituzione commina l’ergastolo.

Un altro importante capitolo della storia della pena di morte viene scritto il 18 dicembre 2007, quando, dopo una campagna ventennale portata avanti dall’associazione Nessuno Tocchi Caino e dal Partito Radicale Transnazionale, da Amnesty International e dalla Comunità di Sant’Egidio, l’Onu approva una storica risoluzione su iniziativa italiana per la moratoria universale della pena di morte, ossia per una sospensione internazionale delle pene capitali.

Il codice Zanardelli

Era il 30 giugno 1889 quando venne emanato il codice Zanardelli, così nominato per l’autore che ne promosse l’adozione.

Il codice abolì la pena capitale per tutta l’Italia, mentre la maggior parte dei Paesi europei vi faceva ancora ricorso.

A Zanardelli fu cara l’idea che le pene non dovessero solo intimidire e reprimere, ma che servissero soprattutto una funzione rieducativa. In questa prospettiva umanizzante del diritto penale, fu percepita l’esigenza che le leggi fossero scritte in maniera comprensibile per chiunque, “in modo che anche gli uomini di scarsa cultura possano intenderne il significato; e ciò deve dirsi specialmente di un codice penale, il quale concerne un grandissimo numero di cittadini anche nelle classi popolari, ai quali deve essere dato modo di sapere, senza bisogno d’interpreti, ciò che dal codice è vietato”.

Con l’avvento del fascismo, molte disposizioni del codice Zanardelli vennero disattese fino a che, nel 1930, fu del tutto sostituito dal codice Rocco.

Nonostante con l’entrata in vigore della Costituzione molti chiesero un ritorno al codice del 1889, il codice Rocco è rimasto in vigore fino a oggi.

Il codice Zanardelli, abrogato interamente solo nel 2010, rivive ancora nel diritto penale dello Stato della Città del Vaticano, che lo recepì nel 1929 in seguito ai Patti Lateranensi assieme all’intera legge italiana dell’epoca.

Pena di morte ed ergastolo

Nonostante per alcuni la pena di morte possa sembrare più risolutiva nei confronti dei soggetti con comportamenti criminali recidivi, specialmente in Italia quest’ultima è stata abolita e severamente vietata.

In molti potrebbero pensare che rinchiudere a vita all’interno di una cella una persona sia tanto crudele quanto ucciderla, eppure lo Stato dovrebbe avere dalla sua parte il dovere di provvedere alla rieducazione dei propri carcerati, che nonostante le pene che gli gravano sulle spalle sono comunque e sempre restano esseri umani, cittadini valenti tanto quanto quelli a piede libero.

Non vi è poi un certa ipocrisia nel punire chi ha deciso per la vita di un altro – uccidendolo – decidendo dunque di porre fine alla sua vita?  Uno Stato che così è degno di essere chiamato non può e non deve uccidere i propri cittadini, che siano essi incensurati o ergastolani.

L’invito è dunque quello di pensare più umanamente, seppur un assassino o uno stupratore magari non lo abbiano fatto quando hanno messo in atto i loro crimini, tenendo in conto quanti individui a questo mondo ci saranno che soffrirebbero come i congiunti e i vicini alle vittime se anche i loro carnefici venissero eliminati. Il sangue non si lava con altro sangue e questo, nel nostro 2021, è stato ampiamente provato.

Che anche sull’ergastolo ci sia molto da dire, che il “fine pena mai” spaventi perché perpetuo e duro, forse troppo severo da essere digerito, è certo detto, ma questa è ancora un’altra storia

Immagine di repertorio