MESSINA – Ci vollero 37 interminabili secondi perché Messina e Reggio Calabria venissero gravemente danneggiate dal terremoto del 28 dicembre 1908.
Erano le 5,20 quando la devastante scossa di magnitudo 7.1 della scala Richter sorprese le città sulle rive dello Stretto, mettendole in ginocchio. Tutte le comunicazioni furono interrotte, così come strade, ferrovie e tranvie. I cavi elettrici e le tubazioni del gas subirono ingenti danni.
Dopo il sisma, si scatenò un maremoto, che devastò in particolar modo Messina: circa il 90% degli edifici del capoluogo peloritano crollarono.
A soccorrere per prime le popolazioni colpite, furono navi russe e britanniche, seguite poi dagli aiuti italiani che partirono da Napoli.
Come venne successivamente calcolato, metà della popolazione messinese e un terzo di quella della città calabrese perse la vita a causa del tremendo evento sismico: le stime più accreditate tendono a far oscillare il numero di vittime tra 90mila e 120mila.
Ancora oggi, che ricorre l’anniversario numero 110 del terremoto di Messina, viene indicato come il disastro naturale di maggiori dimensioni che si sia abbattuto sul territorio italiano.
A distanza di oltre un secolo, le ferite provocate dalla scossa sono tutt’ora visibili nella città dello Stretto: molte baracche sorte per dare un tetto agli sfollati sono tutt’oggi abitate da oltre 2500 famiglie. Numeri impressionanti per un’emergenza abitativa post-sisma che lentamente è diventata la normalità, è diventata casa.
Fonte foto: ingvterremoti.wordpress.com