Sbarco Alan Kurdi, individuati tre presunti scafisti: migranti raccontano torture e sfruttamenti in Libia

Sbarco Alan Kurdi, individuati tre presunti scafisti: migranti raccontano torture e sfruttamenti in Libia

MESSINA – C’erano anche gli investigatori della squadra mobile della Questura di Messina e del G.I.C.O. della guardia di finanza ad attendere al molo Norimberga lo sbarco dei migranti soccorsi in mare dalla nave Alan Kurdi di Sea Eye.

I disperati erano stati intercettati su imbarcazioni carenti di dotazioni di sicurezza ed era dunque stato necessario un intervento immediato a tutela della loro vita.

Gli inquirenti hanno immediatamente avviato le indagini per identificare gli scafisti, lavoro resosi possibile anche grazie alla collaborazione di alcuni migranti, che in qualità di testimoni hanno fornito informazioni utili. Le versioni delle persone tratte in salvo sono risultate attendibili.

Secondo la ricostruzione, i disperati hanno dovuto pagare una somma di denaro nel paese d’origine per iniziare la traversata. Inizialmente, sono stati trasferiti in un centro di detenzione in Libia e, dopo aver trascorso alcuni giorni, sono stati messi in condizione di intraprendere il viaggio.

Altri, invece, sono stati torturati e maltrattati. Soltanto dopo un periodo di prigionia e, in alcuni casi, di lavoro non retribuito, è stato permesso loro di partire. L’attività di indagine è stata supportata dalle immagini video estrapolate da alcuni cellulari in possesso dei migranti e coordinata dalla Procura della Repubblica di Messina.

Tra le 61 persone soccorse in acque internazionali, sono stati individuati tre presunti responsabili. Si tratta di giovani di età tra 21 e i 25 anni e originari rispettivamente di Sudan, Somalia e Senegal.

Sono tutti gravemente indiziati di aver commesso atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato dei cittadini extracomunitari dietro corresponsione di somme di denaro dall’importo variabile, con le aggravanti di aver commesso i fatti in relazione a più di cinque persone, esponendole a pericolo per la loro vita e incolumità fisica, sottoponendole a trattamento inumano e degradante. Su disposizione dell’autorità giudiziaria, i tre presunti scafisti sono stati trasferiti nella casa circondariale di Gazzi.

Immagine di repertorio