SANT’AGATA DI MILITELLO – Nelle prime ore del mattino, tre persone sono state arrestate dagli agenti del commissariato di Pubblica Sicurezza di Sant’Agata Militello (Messina) e del commissariato di Pubblica Sicurezza di Canicattì (Agrigento), perché ritenute gravemente indiziate del delitto di tentata rapina aggravata.
In particolare, sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare e posti agli arresti domiciliari un uomo e due donne, tutti originari di Canicattì (Agrigento). Il provvedimento cautelare è stato emesso dal GIP del Tribunale di Patti, su richiesta della Procura di Patti.
L’attività investigativa ha permesso di risalire agli autori di un tentativo di rapina perpetrato il 28 aprile 2021, perpetrato nell’ospedale di Sant’Agata Militello.
In quella occasione le due donne, oggi sottoposte alla misura degli arresti domiciliari, avevano tentato di impossessarsi di numerosi monili in oro (collanine, bracciali, anelli) e di denaro contante, per un valore complessivo di oltre 10mila euro, collocati per devozione all’interno di una teca di una statua della Madonna, posta all’interno del reparto di ostetricia e ginecologia del nosocomio di Sant’Agata Militello.
I monili in oro e il denaro erano stati collocati sulla statua sacra, nel corso del tempo, ad opera dei degenti e dei loro familiari, a titolo di devozione religiosa.
Le due donne, travisate con parrucche, copricapo e mascherine di protezione, avevano fatto ingresso nel reparto e, una volta individuata la teca, avevano puntato una pistola giocattolo modificata a un’operatrice sanitaria, ingiungendole di aprire la teca e, una volta che questa aveva tentato di reagire, strattonandola violentemente per i capelli.
Soltanto la ferma reazione della sanitaria aveva fatto desistere dall’intento le due donne, che si sono date rapidamente alla fuga, utilizzando un’autovettura in precedenza presa a noleggio.
Le indagini, svolte minuziosamente dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria del commissariato di Pubblica Sicurezza di Sant’Agata Militello, hanno dimostrato non solo come l’intera azione fosse stata ideata nei minimi particolari, ma anche come le due donne avessero beneficiato della complicità di un operatore sanitario in servizio nello stesso nosocomio, il quale aveva svolto il ruolo e di informatore e di “palo”.
L’indagine si è sviluppata per circa quattro mesi, concretizzandosi nell’ascolto di numerosi testimoni, nell’analisi di immagini di sistemi videosorveglianza, di tracciati satellitari GPS, di movimentazione bancaria su carte di credito e in ricognizioni fotografiche, permettendo infine di risalire agli autori del grave atto sacrilego.
Si precisa che il procedimento pende tuttora in fase di indagini preliminari e che, in ossequio del principio di non colpevolezza e fino a sentenza definitiva di condanna, sarà svolto ogni ulteriore accertamento che dovesse rendersi necessario, anche nell’interesse degli attuali indagati.
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