MESSINA – Dopo la fine dell'”Operazione fiori di pesca”, messa a segno dal Comando Provinciale dei carabinieri di Messina, alle prime luci dell’alba di oggi, emergono nuovi particolari sui soggetti arrestati e sulle conversazioni avute tra loro.
Grazie all’utilizzo delle apparecchiature per il controllo telefonico e ambientale, i carabinieri sono riusciti a ricostruire la gerarchia instauratasi all’interno del sodalizio mafioso. Tra le figure in primo piano, arrestate dai carabinieri, spiccano quelle di Carmelo Caminiti e Pino Vincenzo, alla guida di questa congregazione di stampo mafioso.
In una delle tante intercettazione, il primo dei due, Carmelo Caminiti, rimproverava a un altro il fatto di non entrare mai più all’interno della “sua” area di competenza (i territori di Malvagna e Mojo Alcantara) per commettere reati senza la sua autorizzazione. La promessa, infatti, che il malvivente ha fatto è stata quella di “rompergli la testa”.
Un vero e proprio monito a rispettare gli accordi presi e ad agire solo sulle aree di competenza. Nessuno, infatti, doveva interferire nei territori degli altri e doveva fare riferimento al capo di quella specifica zona.
Ma lo stesso Caminiti, altro non era che una persone e alle dipendenze del vero capo del sodalizio: Pino Vincenzo. In un’intercettazione ambientale, lo stesso Vincenzo si è lamentato di un intervento dei carabinieri, rei di aver interrotto una riunione un vertice mafioso.
La colpa dell’intervento delle forze dell’ordine è stata data ai nuovi giovani adepti, considerati dal malvivente talmente poco affidabili da poterli ammazzare con le proprie mani.