Legato, torturato e poi giustiziato. Ecco come morì Domenico Pelleriti, vittima di lupara bianca

Legato, torturato e poi giustiziato. Ecco come morì Domenico Pelleriti, vittima di lupara bianca

MESSINA – Questa mattina è stato arrestato Francesco Simone, l’uomo che, per 10 anni, ha estorto del denaro ai genitori 80enni di Domenico Pelleriti, morto per “lupara bianca”, il cui corpo non è mai stato ritrovato.

Simone ha approfittato delle condizioni sociali e culturali dei due anziani per arricchirsi. Infatti, grazie alle dichiarazioni dell’ex compagna di Simone, i carabinieri sono riusciti a capire che quest’ultimo, negli anni, fingendo verosimili conversazioni telefoniche con il defunto Pelleriti ha ingannato la famiglia, ottenendo addirittura 200 mila euro di denaro estorto.

Ma facciamo un passo indietro. Chi è Domenico Pelleriti?

Nel luglio del 1993 Domenico Pelleriti, è stato vittima di “lupara bianca”, per mano della mafia barcellonese e, dopo la sua scomparsa, il corpo, trascorsi, oramai 25 anni, non è mai stato ritrovato. Su questo delitto ha fatto luce recentemente l’indagine denominata “Gotha VI” svolta dai carabinieri del Comando Provinciale e della Sezione del ROS di Messina che ha svelato i contorni del delitto del giovane, anche attraverso le dichiarazioni autoaccusatorie di alcuni degli autori del grave fatto di sangue che hanno intrapreso il percorso di collaborazione con la giustizia permettendo di risalire ai mandanti, agli esecutori ed al movente dell’omicidio.

Il giovane Pelleriti, pur non appartenendo alla criminalità organizzata, era coinvolto in un “giro” di ladri d’auto ed era sospettato di avere compiuto dei furti a danno di un negozio di ceramiche che pagava “il pizzo” all’associazione mafiosa. I capi della “famiglia barcellonese” non potevano tollerare che la loro autorità venisse messa in discussione e, pertanto, sono intervenuti decidendo di assassinarlo personalmente, insieme con un altro giovane anch’egli sospettato di avere partecipato ai furti. Con l’aiuto di un complice del Pelleriti lo hanno attirato in un tranello con una banale scusa e, dopo averlo portato in campagna, lo hanno bloccato e portato in un casolare dove lo hanno sottoposto a torture fisiche con lo scopo di fargli confessare il furto di cui lo incolpavano, senza che però egli ammettesse alcuna responsabilità e poi, dopo averlo portato all’interno della fossa che avevano scavato per lui lo hanno assassinato con due colpi di pistola al capo.

Il cadavere è stato seppellito in un agrumeto, ma le ricerche svolte, a distanza ormai di anni dal delitto, non hanno consentito di recuperare il corpo, anche in considerazione del fatto che quel terreno era stato in gran parte disboscato e spianato attraverso pesanti escavatori che potrebbero avere disperso i poveri resti.