Indipendenza della Scozia, al via la prima udienza della Corte Suprema: un’analisi dell’annosa questione

Indipendenza della Scozia, al via la prima udienza della Corte Suprema: un’analisi dell’annosa questione

LONDRA – Questa settimana è sicuramente una delle più cruciali e importanti per il Regno Unito. La Corte Suprema, infatti, ha iniziato, o meglio “aperto le danze”, al processo relativo alla legittimità o meno della Scozia di invocare un secondo referendum per la Secessione dal Regno Unito di Gran Bretagna e Nord Irlanda. Come noto, il referendum sarebbe il secondo in meno di dieci anni dopo quello del 2014, quando i Remain vinsero col 55%.

Prima di addentrarci sulla materia è importante dare uno sguardo a quanto accaduto. Nel 2014 si è tenuto in Scozia un referendum indipendentista. Quest’ultimo era stato approvato da Downing Street, ergo dal Governo britannico all’epoca presieduto dal Primo ministro
conservatore David Cameroon. I risultati furono, come detto in precedenza, contrari a una secessione e positivi per una permanenza nella tricentenaria unione.

Tuttavia, il referendum per la Brexit del 2016 ha riacceso gli umori del movimento secessionista, che tuttavia dopo il 2014 erano solo entrati in una fase di letargo. I risultati del referendum nazionale per la fuoriuscita dall’UE avevano infatti evidenziato uno strappo tra la Scozia, che ha votato in maggioranza per restare nell’Unione Europea, e il resto del Paese, soprattutto l’Inghilterra, che invece ha votato per uscirne.

A partire dal 2016, quindi, è iniziata una vera e propria “rumba” tra Governo scozzese, guidato dallo Scottish Independence Party (SNP), e il Governo britannico, guidato dai Conservatori. La questione ha avuto lunghi dibattiti e dopo la definitiva fuoriuscita dall’UE nel gennaio 2020, la first minister scozzese Sturgeon ha messo il piede sull’acceleratore per puntare a un secondo referendum.

Come noto l’arrivo del Covid ha poi cambiato i piani e la questione è stata messa in secondo piano fino alla fine dell’emergenza pandemica. Questa estate poi la svolta con l’annuncio al Parlamento di Edimburgo da parte della Sturgeon di indire un referendum il 19 ottobre del 2023. Tale annuncio, però, non è stato digerito da Westminster che, oltre ad aver replicato più volte che gli Scozzesi avevano già avuto una possibilità di votare e che il referendum dovrebbe essere uno per generazione, ha aperto la questione Costituzionale. Infatti, il Governo britannico, ora presieduto da Liz Truss, ha dichiarato che i poteri di indizione di un referendum di tale portata non sono nelle mani del Governo scozzese e/o del Parlamento scozzese bensì sono trattenuti da Londra.

La questione costituzionale ha quindi raggiunto la Corte Suprema del Regno Unito alla quale è stato chiesto di risolvere la questione “infestante” se Holyrood può organizzare un referendum sull’indipendenza scozzese senza l’accordo di Westminster. Due giorni sono stati riservati per l’udienza alla Corte Suprema di Londra, con avvio proprio l’11 ottobre.

Posizione della Scozia sulla giurisdizione della Corte Suprema di garantire o negare l’indizione del referendum

Il Lord Advocate Dorothy Bain, il principale consulente legale del governo scozzese, ha affermato che decidere la questione è nel “pubblico interesse“.

Il governo del Regno Unito, tuttavia, vuole che la corte si rifiuti di prendere una decisione. Quest’ultimo afferma che la questione esula dall’ambito dell’autorità del tribunale. Il governo del Regno Unito si oppone al piano del primo ministro Nicola Sturgeon di tenere un referendum sull’indipendenza il 19 ottobre 2023. Tuttavia, la Scozia controbatte dicendo che il referendum è meramente “consultivo” e non pregiudica la posizione giuridica dell’Unione.

Non ritengo che sia nell’interesse pubblico che su una questione di diritto di questa eccezionale importanza pubblica per il popolo scozzese e del Regno Unito io debba essere in effetti l’arbitro“, ha affermato la Lord Advocate Dorothy Bain, il massimo funzionario legale
del governo scozzese. Infatti, tecnicamente, Ms Dorothy Bain dovrebbe essere colei che suggerisce al governo scozzese in materia di diritto costituzionale e pertanto dovrebbe essere lei a suggerire e consentire o meno l’indizione del referendum.

Non è costituzionalmente appropriato che un ufficiale di legge svolga una tale funzione. Solo questa corte [Suprema] può fornire una sentenza autorevole e fornire certezza e chiarezza al governo scozzese, al parlamento scozzese e all’elettorato“.

A livello politico la primo ministro scozzese Sturgeon ha annunciato che rispetterà il giudizio della corte, ma se la sentenza va contro il governo scozzese, combatterà le prossime elezioni generali esclusivamente sulla questione, rendendole di fatto un voto di indipendenza.

Posizione del Regno Unito sulla giurisdizione della Corte Suprema di garantire o negare l’indizione del referendum

Il governo del Regno Unito è rappresentato dall’avvocato generale per la Scozia, Lord Keith Stewart KC, il quale sosterrà che un referendum sull’indipendenza riguarda chiaramente materie costituzionali riservate a Westminster.

Ad agosto, ha chiesto alla Corte Suprema di “rifiutarsi di determinare il rinvio“, dicendo che era al di fuori della giurisdizione del tribunale. Tuttavia, ha anche affermato che anche se il tribunale avesse deciso di avere giurisdizione sulla questione, Holyrood non sarebbe stato in grado di tenere un referendum legittimo.

Lo Scotland Act, la legge che nel 1998 ha devoluto alcuni poteri dal Governo centrale al Governo e al Parlamento di Edimburgo, afferma che “l’Unione dei regni di Scozia e Inghilterra” è una questione riservata a Westminster.

Il tribunale prenderà in considerazione anche una richiesta scritta dell’SNP. Questo documento sottolinea il diritto all’autodeterminazione, protetto dalla Convenzione internazionale per i diritti Umani, affermando che deve esso debba essere tenuto conto nell’interpretazione dello Scotland Act 1998.

Il Governo britannico inoltre rigetta la posizione della Scozia sulla questione che il referendum sarebbe una mera consultazione e non attuativo. Infatti, secondo il Regno Unito la convocazione alle urne, seppur tecnicamente consultiva, servirebbe solo per aprire il processo di secessione e che nessuno spenderebbe soldi pubblici solo per capire l’opinione dei cittadini. Inoltre, il Governo di Westminster chiarisce che il Governo scozzese chiaramente punta all’indipendenza.

Posizione della Corte Suprema

La prima udienza si è aperta ieri e a presiedere il caso sono i seguenti giudici: Lord Reed, Lord Lloyd-Jones, Lord Sales, Lord Stephens and Lady Rose.

La Corte Suprema, come prassi, non ha fatto trapelare nulla sulla posizione o meno dei giudici che presiedono l’Udienza. L’indipendenza della giustizia dalle questioni e opinioni politiche è, infatti, un punto cardine per la democrazia britannica.

Tuttavia, in precedenza, il giudice senior della Corte Suprema, Lord Reed, aveva avvertito che l’udienza era solo la “punta dell’iceberg“. Ha spiegato che ci sono più di 8mila pagine di materiale scritto ed è probabile che ci vorranno alcuni mesi prima che la sentenza venga pronunciata.

Posizione dell’Istituto Reale di Relazioni Internazionali – questione economica

La questione scozzese è stata analizzata da molte personalità politiche e accademiche, ma credo sia a nostro beneficio dare un occhio a quanto analizzato in passato da Chatham House (Royal Institute of International Affairs), ovvero il secondo più importante un centro studi specializzato in analisi geopolitiche e delle tendenze politico-economiche globali.

All’indomani delle elezioni scozzesi del 2021, che hanno visto una maggioranza della coalizione indipendentista, Chatham House ha tenuto un’intervista a 2 con Philip Rycroft, ex alto funzionario pubblico che ha servito come segretario permanente presso il Dipartimento per l’uscita dall’Unione europea dal 2017 al 2019, e la dott.ssa Kirsty Hughes, direttrice dello Scottish Center on European Relations.

Una domanda molto interessante posta da Chatham house è la seguente: “La Scozia rappresenta circa l’8% dell’economia del Regno Unito, tuttavia la Scozia ha un terzo della massa continentale del Regno Unito e una percentuale molto maggiore delle risorse naturali del Regno Unito, comprese le energie rinnovabili. Quindi quale sarebbe l’impatto economico sul Regno Unito della perdita della Scozia?”.

Le risposte sono state diverse tra i due interessati, ma non necessariamente opposte. Philip Rycrof ha infatti spiegato che il potere economico del Regno Unito “non sarebbe significativamente indebolito. Ci sarebbe ovviamente qualche danno dalla perdita delle capacità economiche scozzesi, come le risorse naturali e alcuni prodotti iconici, così come la sua capacità nella base di ricerca e le capacità della popolazione scozzese. Ma poiché l’economia è molto più grande, queste perdite verrebbero assorbite e non interromperebbero materialmente il resto dell’economia del Regno Unito nel tempo”.

Kirsty Hughes, invece, che “il diavolo starebbe nei dettagli. L’SNP afferma di volere che una Scozia indipendente aderisca all’UE e gran parte del commercio della Scozia con il resto del Regno Unito riguarda servizi non coperti dall’accordo Brexit tra l’UE e il Regno Unito. La Scozia esporta energia anche nel resto del Regno Unito e quindi questo dovrebbe essere conforme alla politica energetica dell’UE. Come ha dimostrato la Brexit, tali problemi potrebbero complicare gli scambi e aumentare il costo del commercio tra la Scozia e il resto del Regno Unito”.

Tuttavia, la questione dell’indipendenza non è solo un mero fatto economico ma soprattutto una questione umana, sentimentale e di appartenenza che meri numeri sicuramente non possono chiarire. Comunque vada questo caso, la questione scozzese sarà a lungo al centro del dibattito politico britannico e non.

Fonte foto Youtube – UK Supreme Court