Lombardo, l’assoluzione e le amministrative di maggio a Catania: “Spazio ai giovani”

Lombardo, l’assoluzione e le amministrative di maggio a Catania: “Spazio ai giovani”

CATANIA – A tre giorni dalla sua assoluzione definitiva dal reato di concorso esterno in associazione mafiosa e reato elettorale aggravato dall’aver favorito il clan Cappello, l’ex presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, risponde alle domande in merito alla sua “disponibilità” per le elezioni amministrative del prossimo maggio a Catania.

Resto un uomo caratterizzato dalla propria storia e penso che ci saranno delle ripercussioni di carattere politico. Questo processo ha deviato il corso della storia siciliana. Personalmente darò una mano politicamente: ma spazio ai giovani“. Ha risposto così, Lombardo, ai tanti giornalisti.

L’assoluzione di Lombardo

La vicenda giudiziaria è giunta ai titoli di coda tre giorni fa, quando la Cassazione ha chiuso l’iter processuale durato oltre 12 anni, confermando l’assoluzione per l’ex governatore siciliano – già stabilità nel processo d’appello – rigettando il ricorso della Procura generale di Catania contro l’estraneità di Lombardo ai reati per i quali era indagato.

Nell’udienza del 7 marzo scorso era stato il procuratore generale a chiedere di annullare con rinvio la sentenza dell’assoluzione, sulla base di un ricorso che era stato presentato nel tentativo di cambiare la sentenza che ha dichiarato innocente l’ex presidente della Regione.

La Quarta Sezione Penale del Tribunale di Catania aveva già assolto Lombardo a gennaio 2022 perché “il fatto non costituisce reato“, dall’accusa di detenzione illegale di armi da fuoco. I giudici avevano disposto anche la confisca e la distruzione delle armi e delle munizioni. Al centro del processo le indagini, avviate nell’aprile del 2014, la detenzione di nove fucili da collezione acquistati da Lombardo alla casa d’aste viennese Dorotheum di cui non era stata denunciata la detenzione.

difensori di Lombardo, gli avvocati Mario Brancato e Giuseppe Grasso, hanno sostenuto la tesi che della loro gestione amministrativa si erano occupate altre volte la segreteria e la scorta dell’allora governatore e che per il lotto in questione l’omessa denuncia era dovuta soltanto a un disguido di carattere organizzativo.