L’importanza dei videogiochi: OMORI

L’importanza dei videogiochi: OMORI

QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.

I videogiochi sono, sin dalla loro creazione, una controversa industria che in modo repentino si è insinuata nelle quotidianità di moltissime famiglie in tutto il globo e che con sé ha portato non poche incertezze e preoccupazioni. Dall’imputata istigazione alla violenza di giochi come GTA, all’accusa di essere un gioco d’azzardo rivolta alla saga videoludica del colosso FIFA. La frontiera videoludica dell’intrattenimento è accompagnata da timori dei genitori di ogni dove, che spesso attribuiscono ai prodotti la colpa di alcuni comportamenti dei figli, i quali ne sembrano fortemente influenzati. 

A tutto c’è una spiegazione: non tutti i videogiochi sono vuoti e privi di significato, ma possono anche essere colmi di spunti o rappresentare un appiglio importante per i nostri giovani, spesso incompresi e che finiscono per trovare svago grazie ai giochini elettronici che ormai tutti conosciamo: questo è il caso di “OMORIì, piccolo grande capolavoro sia per i più esperti che per chi è ancora scettico riguardo il mondo dei videogames.

“OMORI”, dal kanji giapponese “重い” (traducibile come “peso”) è un videogioco RPG (Role playing game), prodotto da OMOCAT tramite il programma RPG-maker, co-pubblicato da Playism e catalogato sotto il genere di horror psicologico, ovvero è caratterizzato da una narrazione che si serve della paura, dell’ansia e dell’instabilità emotiva dei personaggi per creare tensione e per dare vita alla componente horror della storia. L’ art-style del mondo di gioco è molto semplice, senza infamia e senza lode; lode che invece va fatta alle icone e ai disegni, seppur didascalici e apparentemente non impegnativi, che accompagneranno l’avventura del videogiocatore e che renderanno ancora più vivi i personaggi grazie alla loro immediatezza e capacità espressiva.

Abbiamo superato quindi l’aspetto tecnico, su cui servirebbe il parere di un esperto in questo campo per riportare ulteriori informazioni, e il breve inciso sui dati di nascita di questo gioco. Per capire perchè vi ho invitati a seguirmi in questo itinerario, è necessario che io vi presenti la trama della campagna principale e vi faccia fare conoscenza con coloro che sarebbero i vostri compagni di viaggio qualora, un giorno, decideste di cimentarvi e giocare a “OMORI”. 

Avviato il gioco, ci viene subito comunicata la coordinata spazio temporale del nostro primo ambiente di gioco: ”Benvenuto nel White Space, vivi qui da quando tu possa ricordare”.  Il nome è autoesplicativo: il nostro avatar, un ragazzino in canotta e pantaloncini, completamente in bianco e nero, è infatti in una stanza completamente bianca, immersa a sua volta in uno spazio infinito del medesimo pallore che finisce per ripetersi; a spezzare la rindondanza ci pensano gli elementi della stanza del nostro protagonista, il cui nome è proprio “Omori”. Tali oggetti sembrano rimandare alla natura del personaggio: il ragazzo sembra essere infatti tra coloro che sono chiamati “hikikomori”: per definizione, colui che scappa dalla vita sociale chiudendosi nella propria camera, che diventerà lo spazio vitale della persona e che contiene tutto ciò di cui essa ha bisogno, ad esempio: un posto in cui sdraiarsi e nel quale  passare la stragrande maggioranza della giornata, un computer per alienarsi ulteriormente dal mondo reale, un gatto come unico compagno e una scatola di fazzoletti per “asciugare i tuoi dolori”.

Attraversando la porta, facciamo la conoscenza di quelli che sono i primi tre personaggi secondari incontrati durante la campagna principale: l’energico e dispettoso Kel, la dolce e irascibile Aubrey e l’affascinante e responsabile Hero. I tre saranno compagni di Omori per tutto (o quasi) il viaggio che il protagonista affronta nel mondo che lo aspetta  fuori dalla stanza: un mondo colorato e fantastico, colmo di creature, ostili e amichevoli, da principesse con manie di grandezza a oggetti posseduti di ogni tipo, da pirati spaziali col cuore spezzato a uno squalo capitalista ossessionato dai contratti.

Poco dopo il nostro ingresso in  questo mondo fantastico facciamo la conoscenza di due ulteriori personaggi apparentemente secondari: Mari, sorella del protagonista, che per tutto il gioco presenzierà dei set da Picnic con la funzione di checkpoint (punti adibiti al salvataggio dei progressi di gioco oltre che come aree di servizio per curare la salute dei personaggi), e Basil: migliore amico di Omori, timido, impacciato e con una passione per la botanica e la fotografia; il suo album di polaroid, descritto come il suo avere più prezioso, è usato alla perfezione per raccontare l’amicizia che lega il gruppo che da subito permette di simpatizzare per il cast principale.

Il primo snodo di trama vìola la leggerezza dei primi istanti in cui vediamo il gruppo unito: Basil viene rapito dopo essersi allontanato dal gruppo, in una simpatica anticipazione di cui ora capiremo il motivo. Difatti, ritrovato Basil, il gruppo di amici si avvia verso la casa dell’appassionato fotografo, in cui, durante una comunissima lite tra Kel e Aubrey, cadono alcune polaroid dall’album, tra cui una che, recuperata da Basil, terrorizza il ragazzo, come fulminato dal soggetto di quello scatto. Proprio nel momento della rivelazione una distorsione dell’inquietante musica e di ciò che si vede nello schermo, riporta Omori nel suo WHITE SPACE, che stavolta è orfano della porta che rappresentava, apparentemente, l’unica uscita. Se aprissimo il menù, però, un’opzione mai apparsa ci è ora apparsa: “STAB”, “accoltella”, un’azione che permette di selezionare come oggetto dell’azione unicamente Omori, il quale esegue l’ordine impartitogli. Subito dopo accade qualcosa: il nostro Omori, o qualcuno di molto simile, si sveglia nel cuore della notte nella sua casa vuota: facciamo qui la conoscenza di Sunny, un alter ego del protagonista visto fino a questo momento nel mondo di fantasia. Da delle note e dei messaggi lasciati dalla madre, scopriamo che il ragazzo è solo a casa per altri tre giorni, al passare dei quali, si trasferirà.

Durante la notte, giocando come Sunny, dovremmo combattere una delle sue paure: quella dell’altezza (che tra l’altro condivide con Omori). In una rappresentazione perfetta di un attacco di panico, si riesce a vincere tale paura, per far sì che Sunny, svegliatosi perché affamato, possa  raggiungere il piano di sotto e cenare. Dopo aver cenato ed esserci addormentati. Ci ritroviamo ancora una volta nella dimora di Omori, dove la porta è ora riapparsa. Parlando con gli amici conosciuti all’inizio dell’avventura, veniamo a sapere che Basil è scomparso; il gruppo decide così di partire alla ricerca del povero ragazzo.

Dopo questa intensa prima ora di gioco, la trama si baserà interamente sull’alternanza tra la notte dove nel “DREAMWORLD” (il mondo dei sogni) in cui seguiamo le scorribande di Omori e compagni, e il giorno, in cui aiutiamo Sunny a vivere la vita reale. Nel mondo vero, però, sembra che Sunny sia come un pesce fuor d’acqua: se nel primo giorno decidessimo di aprire la porta a colui che bussa a casa del ragazzo, ci troveremmo davanti a noi un cresciuto Kel, completamente diverso, come lo saranno tutti gli altri personaggi del gruppo principale, dalle loro controfigure che accompagnano Omori nel mondo dei sogni. Nella realtà, un gruppo unito e spensierato come quello del clone in bianco e nero è solo un lontano ricordo, quasi un’utopia: Sunny è infatti chiuso in casa da ben quattro anni, quattro anni in cui il legame tra i sei amici si è spezzato e ognuno ha percorso strade diverse, quattro anni dalla morte, per cause sconosciute, della sorella di Sunny, quattro anni dalla morte di Mari. Da questa scoperta, il gioco assume un sapore diverso: le avventure nel dreamworld sono spesso ostacolate ogni qualvolta che Omori sembra avvicinarsi a qualcosa riguardo la morte della sorella, la quale riporta il protagonista al WHITESPACE. La ricerca di Basil diventa la ricerca della verità, una verità sepolta in un ciclo creato da Sunny per combattere il lutto; creato da Sunny così come le avventure spensierate nel suo mondo di fantasia, dove tutti sono ancora amici e dove la morte non dovrebbe avere spazio, dove quando il trauma diventa più forte si fugge prima ch’esso ti raggiunga, per evitare di ricordare il tremendo evento che scosse i piccoli sei, quattro anni prima. 

Per quanto comprensibile il dover combattere un lutto, le misure drastiche di Sunny e l’importanza di Basil nella “quête” per la verità sono ancora domande senza risposta, risposta ottenibile solo quando le suddette “cause sconosciute” per la scomparsa di Mari, sono finalmente riportate alla luce. In un climax ascendente di angoscia, di curiosità, di paura e di una miscela dalle mille emozioni rese in modo esemplare dai toni binaurali che si impadroniscono della musica, dagli ambienti e dal ritmo di gioco, ci ritroviamo nel finale del gioco e qui, attraverso le ormai ricorrenti foto di Basil e ad alcune raccapriccianti didascalie, ricostruisce il fatidico giorno dove tutto è cambiato per i ragazzi di “FARAWAY TOWN”.

Le polaroid non lasciano spazio a interpretazioni: Sunny sembra iniziare un battibecco con la sorella a causa di un violino, strumento che il ragazzo aveva iniziato a suonare per duettare con Mari al pianoforte. Grazie ad una delle suddette sequenze di gioco in cui ci avviciniamo alla verità,  sappiamo che Sunny era arrivato al punto di disprezzare tale violino: esercitarsi lo privava di molto tempo che avrebbe altrimenti speso con gli amici di sempre. La lite degenera rapidamente: Sunny getta il violino dalle scale, Mari sbotta verso il fratello e i due arrivano alle mani;  in un momento di impeto furente, il ragazzo silenzioso fa eruttare tutta la sua rabbia, spintonando la sorella. Il caso, quel giorno, per disgrazia del fratello, della famiglia e degli amici della ragazza, era particolarmente giocoso: Mari fa la stessa fine del violino, precipita giù dalle scale, battendo la testa proprio su ciò che era rimasto del povero arco, le cui corde si intrecciano con i capelli della malcapitata, in una scena raccapricciante. Mari muore sul colpo. Sunny entra nel panico, non ha idea di come comportarsi e in brevissimo tempo attraversa tutte le fasi del lutto: ingenuamente e forse con un briciolo di speranza, trascina il cadavere della sorella a letto, convinto che stia solo dormendo; successivamente, una volta realizzato ciò che è successo, lacrime argentate con un sapore misto di tristezza e rabbia iniziano a rigare il suo volto. Raggomitolato ai piedi del letto di morte di Mari, è dove Sunny viene ritrovato da un inorridito Basil, che immediatamente ha capito il motivo dei gemiti lamentosi del suo migliore amico. Qui, un’idea malsana emerge dall’inconscio di Sunny: il giovane, in un inquietante momento di lucidità, pensa più a preservare la propria innocenza, usando, in modo meschino, Basil come complice. Un albero diventa così una forca, una corda usata per giocare con gli amici è ora sia cappio che capestro, e un tragico incidente, frutto di un innocuo litigio tra fratello e sorella, appare ora come un gesto estremo compiuto dalla povera Mari. Il falso suicidio gela l’ambiente intorno alla ragazza, da sempre la più solare del gruppo e la meno adatta a compiere una scelta tale. L’incredulità di tutti sfocia nella situazione che quattro anni dopo abbiamo vissuto nelle giornate nel mondo reale,  mentre il senso di colpa dei due piccoli che sono riusciti a inscenare il tutto, segue nel divorare vivi entrambi, da ormai quasi un lustro dall’incidente.

Rivelata la verità, il gioco giunge al termine, con vari finali dettati dalle scelte del giocatore che lascio a voi il piacere di scoprire. In quello che è considerato il lieto fine canonico della storia, Sunny si libera del suo alter ego creato per vivere lontano dalla verità, e prima di trasferirsi rivela tutto ai suoi amici, la cui reazione non viene mostrata nel gioco e che ancora oggi a qualche anno dal rilascio del gioco è dibattito tra i fan. 

Finita la lunga, ma dovuta, digressione sulla trama, bisogna arrivare al punto.

Ma perché proprio Omori come esempio di ciò che c’è di buono nei videogiochi? Certo, la trama sembra interessante, ma non è di certo l’unica opera dotata di tale caratteristica. Perché, quindi, tutto questo? 

La risposta non ve la darò io, ma userò le parola  del presidente del SINPIA, la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Elisa Maria Fazzi, in una pubblicazione sul sito della società nel 2022:”“Nonostante numeri da vera e propria emergenza sanitaria i disturbi neuropsichici dell’età evolutiva sono spesso drammatici e tragicamente trascurati dal nostro Sistema Sanitario Nazionale. Una realtà che gran parte dell’opinione pubblica e della classe politica continua ad ignorare”. 

La Fazzi ci riporta quindi i tremendi dati che evidenziano l’indifferenza e del poco supporto che tutt’oggi circonda il tema della depressione e della salute mentale di adulti e, in particolare, sui giovani. Solo in Italia, dal 20% di bambini e fino  al 25% degli adolescenti della nostra penisola manifesta sintomi riconducibili non solo alla depressione ma anche ad ansia e ulteriori disturbi neuropsichici. I numeri fanno ancora più paura una volta notato che essi sono praticamente raddoppiati, secondo un report dell’OCSE, non solo in Italia, ma in tutta Europa in pochissimi anni: in Francia si sarebbe passato dal 10% nel 2019 ad un 20% soltanto due anni dopo, in Islanda addirittura dal 9% ad uno spaventoso 37%.

Le indagini dell’OCSE e del SINPIA sono solo la punta dell’iceberg di un problema molto più grande di come viene rappresentato, troppo poco viene ancora fatto per salvaguardare la salute mentale dei giovani, che si trovano spesso e volentieri abbandonati in balia di disturbi psicologici, senza essere compresi. Qui, entra in gioco il prodotto di OMOCAT, che fa di depressione e ansia uno dei suoi elementi principali. Durante la trama il nostro protagonista Sunny si trova più volte a dover combattere attacchi di panico e altri disturbi tipici della depressione, che sono rappresentati alla perfezione e senza superficialità. Molte recensioni individuano nella capacità di trattare questo tema delicato con precisione il pregio migliore del gioco, che sembra aver aiutato molti ragazzi a sentirsi compresi poiché sono, finalmente, riusciti a rivedersi in una rappresentazione non blanda del loro disturbo. Il videogioco diventa quindi il medium perfetto per sensibilizzare i giovani: un adolescente moderno è più propenso a passare le sue ore giocando piuttosto che leggendo un libro. Ci si può, dunque, avvicinare ai ragazzi facilmente, provando ad ottenere lo stesso effetto terapeutico,pedagogico o didattico, che si avrebbe con altri mezzi di comunicazione. Ciò non significa che essi possano sostituire qualcos’altro, ma certamente pone l’industria videoludica in una luce diversa. 

Non tutti i prodotti che escono da tale industria hanno la stessa profondità che si può dare ad OMORI, ma il frutto delle fatiche di OMOCAT dovrebbe sollecitare gli investimenti sulla produzione di giochi simili che potrebbero aiutare, in qualche modo, la comunicazione tra le diverse generazioni della nostra società. 

In conclusione, spero che anche i più scettici abbiano provato a seguire il concetto espresso in questo articolo e che ciò vi spinga a provare a scoprire cosa si cela oltre la copertina dei giochi che tengono incollati agli schermi la nuova generazioni e che, con ogni probabilità, terranno anche le prossime. 

Tiziano La Rosa I.I.S Concetto Marchesi 4°Gs