La Corte dei Conti boccia il bilancio 2020 in Sicilia, contestati 866 milioni: palla alla Consulta

La Corte dei Conti boccia il bilancio 2020 in Sicilia, contestati 866 milioni: palla alla Consulta

SICILIA – La Sezioni riunite della Corte dei Conti ha sospeso il giudizio di parificazione del rendiconto della Regione Siciliana per il 2020.

Sono state contestate numerose irregolarità nel conto economico e nel conto patrimoniale, oltre che il risultato di amministrazione.

È stato deciso di sollevare la questione di legittimità costituzionale del ripiano del disavanzo di 2,2 miliardi che era stato diviso in dieci esercizi finanziari, ma i giudici ritengono che andasse fatto in tre anni per due ragioni: innanzitutto non si poteva fare con un decreto legislativo, bansì era necessaria una legge e, secondariamente, il provvedimento è stato fatto prima che fosse approvato lo stesso decreto.

In base a quanto emerso, il Governo Schifani dovrebbe accantonare, già nel prossimo bilancio, 866 milioni di euro in attesa del pronunciamento della Consulta.

Tuttavia l’assessore all’Economia, Marco Falcone, al momento esclude quest’ipotesi: “Tratteremo subito col Governo Meloni, basta una norma interpretativa che dia ragione alla Regione Siciliana e che faccia decadere il motivo del contendere“.

Il pronunciamento dei giudici è più pesante rispetto alla richiesta che aveva fatto la Procura della Corte dei conti, che aveva proposto il via libera al bilancio consolidato 2020 senza le parti che riguardavano il ripianamento del disavanzo, il conto economico e quello patrimoniale oltre a una trentina di partite contabili contestate nei capitoli di entrata, di spesa e dei residui attivi e passivi.

La partita più consistente riguarda il deficit. Per i giudici la Regione doveva spalmare il disavanzo in tre anni e non in dieci, come ha fatto, per due motivi: non si poteva fare con un decreto legislativo ma serviva una legge e comunque il provvedimento è stato fatto prima che fosse approvato lo stesso decreto legislativo. Sulla questione la palla passa alla Corte Costituzionale.

Foto di repertorio