L’avviamento allo sport

L’avviamento allo sport

Vi ricordate quando ho puntualizzato, nell’intervento che ho fatto, circa la fase di recupero da attuare sia fra un allenamento e l’altro che dopo una competizione? Vi ricordate che era un problema seguire i molteplici impegni che si sono accumulati, specie negli sport di squadra, come nel tennis?

Ebbene, il discorso continua a suscitare l’attenzione fra tutti coloro che si interessano di sport ad alto livello, ma seguendo gli interventi degli addetti ai lavori, ma nessuno di loro ha mai messo il dito nella piaga. Certamente il problema non sembra possa essere affrontato nella sua vera essenza, ma secondo ciò che esige chi profonde moltissimi soldi per far funzionare il carrozzone.

In effetti è proprio il denaro che detta le regole e supera tutti gli ostacoli, anche quelli dell’intelligenza umana e quelli delle conoscenze scientifiche che dovrebbero far sì che i problemi vengano risolti seguendo le direttive della scienza, piuttosto che dei molti milioni che vengono elargiti a società sportive, ai tecnici, ai dirigenti e agli atleti. Somme che a noi mortali sembrano solo parole.

Ma fin qui, ne abbiamo già parlato. Il problema è invece un altro: come fare a mettere d’accordo ciò che richiede lo sport di altissimo livello, con le esigenze dei nostri bambini che hanno bisogno di crescere con attività a loro consoni? Come si fa ad indirizzare i propri figli nella scelta dello sport più consono alle loro esigenze? Sembra un problema di poco conto, ma invece rappresenta il cardine di un problema molto impegnativo e delicato.

L’avviamento allo sport

Noi uomini siamo animali intelligenti, o almeno lo siamo stati, poiché in certi aspetti stiamo copiando ciò che fanno gli animali. Quanti anni e quante lotte e quanti studi sono stati fatti per trovare soluzioni tendenti a migliorare, nelle fasi di crescita, attività motorie che potessero dare il meglio perché i nostri bambini crescano bene e secondo principi etici.

L’abbandono del CONI ai buoni principi di formazione ha prodotto effetti negativi che vanno aumentando in modo esponenziale. Ripeto, ancora una volta, che mentre prima si tendeva a far sì che fosse lo sport, con tutte le sue ramificazioni, ad essere al servizio dell’uomo, oggi le cose si presentano veramente al contrario: è l’uomo che si trova ad operare al servizio dello sport.

Gli animali si addestrano, sin dalla nascita, a perfezionare le loro attività di caccia o di difesa, quindi svolgono un lavoro specifico, sin dai loro primi passi; è una questione di sopravvivenza. Anche per l’uomo, ai suoi albori, l’attività era atta allo scopo di sopravvivere, ma una volta cessata questa fase, nacquero le attività sportive, per sopperire a questa mancanza: lotta, corsa, salti, lanci e via via, nel tempo.

L’attività motoria man mano si è sempre più diversificata e continua a farlo ancora oggi. Ma mentre l’animale, alla nascita, si mette subito in piedi e comincia la sua attività in modo unidirezionale, l’uomo cerca di appagare la propria sete di successo per primeggiare in una delle diverse attività.

Ma la sua crescita è molto più lenta, pertanto è necessario dare i giusti stimoli per una formazione progressiva nel rispetto delle varie fasi di crescita, che si differiscono anche di molto fra un individuo e l’altro.

Sorge pertanto la necessità di un più o meno lungo periodo, prima di potersi indirizzare ad una disciplina particolare. Questa scelta è il problema principale di cui parlare. Chi può dire che un bambino a otto anni di età possa essere un calciatore o un cestista o altro, quando ancora le fasi di crescita non si sono compiute?

Il rischio è che una scelta univoca e probabilmente errata, può provocare danni irreversibili che si vengono ad instaurare in fase di crescita, sia fisici che psicologici. Noi veniamo attratti dai risultati di singoli giovanissimi, senza renderci conto che mentre uno ottiene il successo, altri novantanove son finiti nel grande tritacarne dello sport precoce. 

La crescita non è uguale per tutti, ma presenta aspetti di precocità e di ritardo, rispetto ad una media convenzionale. Come si fa caricare di lavoro un bambino, quando ancora molti organi sono in via di formazione? Come si fa, quando il sistema scheletrico è, ancora in buona parte, cartilagineo?

La precocità può facilmente essere applicata quando il bambino precoce si dedica ad attività mentali come musica, arte, matematica… ma quando le attività coinvolgono gli apparati corporei allora si può dire che è certamente un errore di precocità nelle attività sportive.

Il rischio è quello di creare dei piccoli mostri che, generalmente, quando l’attività si farà più dura, crolleranno miseramente. Visto che le fasi di crescita sono diverse da un individuo all’altro, è facile immaginare che un’azione selettiva fatta in età giovanile, può far prendere anche delle grosse cantonate in chi crede di avere scoperto il talento.

Questa pratica, notevolmente diffusa, fa apparire come talento un ragazzino precoce nella crescita, mentre tende ad eliminare precocemente, in special modo i ragazzini che sono lenti nella crescita ma fra questi spesso si annida il vero talento. Penso ancora al mio collega Condorelli (mio assistente in atletica) che, viste le difficoltà che avevo nel portare al campo un ragazzino insignificante, mi diceva: “Ma tu cosa vedi in questo ragazzino che arriva sempre fra gli ultimi, per sprecare tanta fatica, per portarlo all’atletica?”

“Non lo so – rispondevo io – ma sento che il suo aspetto longilineo, le sue gambe non ancora muscolose, mi fanno pensare che potrebbe essere un buon atleta nel futuro”.

Negli anni appresso, quando il giovane andava continuamente e progressivamente avanti e cominciò a battere tutti quelli che gli erano stati davanti e sfiorò anche il primato mondiale juniores sui 10.000 metri, allora io dissi a Condorelli: “Ecco cosa vedevo in quel ragazzino che tutti battevano”.

Di questi casi ve ne potrei citare molti, ma non solo nella corsa. Si parla tanto di intelligenza artificiale, forse con troppa enfasi. Ecco, questo è un aspetto che non si può affidare a questa tecnologia; essa non ha sentimenti, non ha sensazioni, non ha quell’intuito che contraddistingue una macchina e magari un vero tecnico dalla massa di tecnici che affollano campi e palestre, in tutti gli sport.

Per esempio, i test di orientamento allo sport forniscono solo dei numeri che, oltre ad essere letti, debbono essere comparati con un’attenta osservazione, durante l’esecuzione degli esercizi.

La scelta della disciplina, che potrebbe interessare al bambino o al giovanissimo, è uno dei punti più delicati nella carriera di un futuro atleta. Veramente io parlerei di avviamento non ad uno sport, ma ad un gruppo di sport.

Cosa fare dai tre anni in poi

Nei primi tre anni il lavoro dovrebbe essere indirizzato principalmente:

  • Formazione delle capacità coordinative
  • Capacità di reazione motoria
  • Scioltezza muscolare e articolare

Articolo a cura di Alfio Cazzetta