Era il 26 marzo 1978, gli anni di piombo imperversavano e il Paese viveva con il fiato corto: era appena scoppiato il caso Moro e, tra climi tesi e fantasmi di guerra a sospirare dagli spifferi, era anche Pasqua. Una Pasqua che di sereno aveva ben poco. E in quel grande pentolone di tensioni, si inserì anche il calcio. La Serie A non si fermò, disputando le sue gare proprio nel giorno della Santa Messa.
Oggi, 47 anni dopo, accadrà di nuovo.
La Serie A torna a giocarsi di Pasqua
Una nazione attraversata da paure profonde, spaccature ideologiche e sangue. Solo dieci giorni prima, in via Fani, un commando delle Brigate Rosse aveva teso un agguato all’auto di Aldo Moro, uccidendo i cinque uomini della sua scorta e rapendolo. Le immagini dell’assalto, i titoli dei quotidiani, l’angoscia nei discorsi della gente: tutto sembrava sul punto di crollare. Le istituzioni vacillavano, la politica era nel caos, e l’ombra della guerra civile sembrava – a tratti – una possibilità non più solo teorica.
Era un’Italia che viveva sotto assedio, reale e psicologico. Ogni giorno portava con sé un nuovo attentato, una nuova minaccia, un comunicato dei terroristi. Eppure, in mezzo a tutto questo, si giocò. Le squadre scesero in campo, gli stadi si riempirono. Forse per inerzia, forse per ostinazione. Forse anche perché il calcio, nel suo essere così popolare, era una delle poche cose in grado di tenere le persone unite, o almeno distratte. La domenica era ancora sacra, ma sempre più spesso veniva condivisa tra l’altare e il campo.
Calendari troppo fitti
E ora, a distanza di quasi mezzo secolo, si tornerà a giocare a Pasqua. Bologna-Inter si disputerà proprio il 20 aprile, giorno della Santa Pasqua, così come Milan-Atalanta ed Empoli-Venezia. Una decisione che, inevitabilmente, ha sollevato dubbi, discussioni e qualche polemica. Ma il motivo è presto detto, ed è figlio dei tempi: il calendario è semplicemente troppo fitto.
L’Inter, reduce dalle fatiche di Champions contro il Bayern Monaco, avrà davanti una settimana pienissima con ad aspettarli: Bologna, Milan, Roma e poi l’andata con il Barcellona. I nerazzurri affronteranno infatti il Milan nel derby di ritorno della semifinale di Coppa Italia, fissato per mercoledì 23. In mezzo, quella che non è una semplice partita di campionato, ma una trasferta delicata a Bologna, contro una squadra lanciata verso l’Europa e anch’essa attesa da una semifinale – il giorno dopo – contro l’Empoli.
La Lega ha dovuto incastrare gli impegni come in un puzzle troppo stretto. Le ipotesi erano due: far slittare le partite al lunedì di Pasquetta, col rischio di affaticare ulteriormente le squadre; oppure anticipare tutto alla domenica, facendo saltare il “riposo” pasquale. Ha vinto la seconda ipotesi. Una scelta dettata più dalla logica delle competizioni che dal rispetto delle ricorrenze. D’altronde, tra turni infrasettimanali, coppe europee e finale di stagione, non ci sono più spazi liberi.
Il calcio moderno non conosce pause. Nemmeno davanti alla storia. Nemmeno davanti al sacro.