ITALIA – Si sono concluse le prime due serate del Festival di Sanremo nella sua 73esima edizione: momenti epici, indimenticabili, commoventi e un po’… sopra le righe.
Ripercorriamo insieme tutti i punti salienti, in un resoconto particolareggiato che ci accompagna poi dritti dritti verso il prosieguo della kermesse, svelando l’ordine di esibizione dei cantanti in gara questa sera sul palco dell’Ariston.
Il Festival si è aperto con un minuto di silenzio per le vittime del terremoto in Turchia e Siria, che ha messo in ginocchio il Paese e che ha attivato una “macchina solidale” per aiutare la popolazione colpita.
Quel che resta, però, è il dolore di tante vite spezzate, purtroppo, senza una ragione.
Ricorderemo senza dubbio l’intervento culturale di Benigni che ha legato la kermesse musicale – e l’arte in genere – alla Costituzione italiana, di cui ricorre quest’anno il 75esimo anniversario.
“La Costituzione è un’opera d’arte e ogni parola sprigiona una forza evocativa e rivoluzionaria, perché butta all’aria l’oppressione e la violenza che c’era prima, ci fa sentire che viviamo in un Paese che può essere giusto e bello, che si può vivere in un mondo migliore. È un sogno fabbricato da uomini svegli, ed è una cosa che può accadere una volta nella storia di un popolo“.
Ancora, sempre in apertura, standing ovation per Mattarella, accolto da applausi senza fine. Il presidente poi ha preso posto insieme alla figlia Laura in uno dei palchetti laterali del teatro.
Momento nostalgico con il medley dei Pooh, superospiti, che si sono riuniti anche con Riccardo Fogli.
Commovente il brano eseguito – seppur virtualmente – anche da Stefano D’Orazio, recentemente deceduto, la cui performance di anni e anni fa è stata proiettata in un sipario che scendeva ad hoc, come le lacrime di chi si ricordava di lui.
Commossi i compagni di una vita Roby Facchinetti, Dodi Battaglia e Red Canzian e pubblico in piedi per l’omaggio al musicista.
Il momento sicuramente più attesto è stato quello del monologo di Chiara Ferragni. L’influencer ha scritto, letto e interpretato una lettera rivolta a sé stessa, la “piccola Chiara” e – indirettamente – a tutte le donne, per riflettere su temi di scottante attualità e su cui, purtroppo, c’è ancora tanta strada da fare.
Questi i passaggi più intensi:
“Ciao bimba, ho deciso di scriverti una lettera (…).
C’è una cosa che mi fa stare male in qualunque fase della mia vita, che mi accompagna dalla cameretta fino ai red carpet. È un pensiero fisso nella mia testa: non sentirmi abbastanza (…). Vorrei dirti soprattutto questo: sei abbastanza e lo sei sempre stata. Tutte quelle volte che non ti sei sentita abbastanza bella, intelligente, lo eri e sai, in certi momenti ti sentirai ancora così. Questo è uno dei quei momenti, è normale che lo sia. Le sfide più importanti sono sempre con noi stessi (…).
Cominciamo piccola Chiara, parliamo della tua vita. Crescendo avrei tanti momenti di felicità, ma anche alcuni densi di paura e ansia e sai cosa ho imparato? Goditi il vento, vivi quei momenti con tutta te stessa, piangi, arrabbiati, urla se devi, fanno parte del tuo percorso e più che mai di te. Un amico un giorno mi ha detto: ‘Nessuno fa la fila per delle montagne russe piatte‘. Vivile al massimo, sia quando sono altissime che ti manca il fiato, sia quando sali che la vita ti sembra un traguardo lontano (…).
Ti sentirai quasi sbagliata ad avere altri sogni al di fuori della famiglia. La nostra società ha dei ruoli definiti: sei solo una mamma. Quante volte la società fa sentire in colpa le donne perché vanno al lavoro stando dietro ai figli? Sempre. Quante volte lo stesso trattamento agli uomini? Mai (…).
Un consiglio: celebra sempre i tuoi successi, non sminuirti mai di fronte a nessuno. Noi donne siamo abituate a farci piccole davanti a uomini duri. Se non mostri il tuo corpo sei una suora, se lo mostri troppo sei una prostituta. Essere una donna non è un limite, dillo alle tue amiche e lottate insieme ogni giorno per cambiare le cose (…).
Ti vorrei abbracciare piccola Chiara, per dirti che alla fine andrà tutto bene e che sì, sono fiera di te“.
Dopo Salmo, che canta a bordo della Costa Crociere, succede l’impensabile. Doveva essere una semplice esibizione, invece si è tramutata in una vera e propria “furia distruttiva“.
Blanco ha preso a calci i vasi di rose sul palco dell’Ariston e ha smesso di cantare solo perché “non sentiva la musica in cuffia“. Una giustificazione a dir poco senza senso, che non autorizza i giovani a tali comportamenti.
Amadeus, per “stemperare” la situazione ha cercato di rimediare e ha detto, sdrammatizzando: “Sono ragazzi! Era dai tempi di Bugo e Morgan che non succedeva una cosa così“. Ma il pubblico presente non ha sentito ragioni: fischi, fischi e ancora fischi.
Imperdonabile e incommentabile, aggiungerei.
Al giorno d’oggi è quasi fondamentale avere un profilo Instagram attivo e con tanto sèguito e così Chiara Ferragni decide di “modernizzare” anche il direttore artistico del Festival.
Nasce @Amadeusonoio, con annesso post del primo selfie e diretta dall’Ariston. In poco tempo Amadeus diventa un divo, tra commenti e tantissimi follower! Ah la potenza dei social…
Si inizia ironizzando sul “caso Blanco” e Morandi si presenta con una scopa in mano, la stessa che ha utilizzato la sera prima per pulire il “danno” fatto dal giovane.
Standing ovation per il “trio degli Highlander” Al Bano, Ranieri e Morandi (denominati così da Fiorello, che hanno donato una ventata di gioia, spensieratezza e un inevitabile ricordo delle grandi canzoni che hanno segnato la storia della musica italiana.
Morandi parte dalla galleria, Ranieri dalla platea, Al Bano dalle scale, per poi riunirsi tutti sul palco in un medley dei più grandi successi: Andavo a cento all’ora, Se bruciasse la città, Mattino, Rose rosse, Scende la pioggia, Felicità.
Ma ancora: Perdere l’amore, cantata da tutto il teatro, Morandi che emoziona con Uno su mille e a chiudere Al Bano con È la mia vita.
Si passa, poi, a un altro momento toccante: parliamo del discorso di Drusilla Foer e dell’attivista italo iraniana Pegah Moshirpour, che hanno evidenziato il tema dei diritti umani negati in Iran.
“In Iran non avrei potuto presentarmi così vestita e truccata, né parlare di diritti umani sul palco, sarei stata arrestata o forse addirittura uccisa, è per questo che, come molti altri ragazze e ragazzi, ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una generazione crescita sotto un regime di terrore e repressione, in un paese bellissimo, uno scrigno di patrimoni dell’umanità” (Pegah).
Il pubblico letteralmente esplode e balla sulle note dei Black Eyed Peas, super ospiti internazionali.
“L’Italia è bellissima e le persone sono magnifiche. Ringraziamo l’Italia per suonare la nostra musica e per averci voluto qui stasera“.
Ma anche Nek e Renga, sul palco di piazza Colombo, hanno divertito il pubblico con un medley per festeggiare i 30 e 40 anni di carriera. Questo anniversario lo celebreranno anche con un concerto all’Arena di Verona, in programma per settembre.
Si torna a riflettere sul palco dell’Ariston col monologo di Francesca Fagnani che ha dato voce ai ragazzi del carcere minorile di Nisida.
Ecco le parole della giornalista e co–conduttrice del Festival:
“Non tutte le parole sono uguali, per arrivare su questo palco ci sono parole che devono abbattere muri, pareti, grate e cancelli chiusi a tripla mandata (…) che scontano la loro pena senza cercare la nostra pena, perché non se ne fanno niente. Non siamo animali, non siamo bestie, né killer per sempre, vogliamo che ci conoscano.
Hanno picchiato, rapinato ucciso, ma se si chiede loro perché, non trovano la risposta che vorrebbero avere, la cercano, la abbozzano, ma non esce perché è inutile cercarla così, bisogna andare al giorno, al mese, alla vita prima. Hanno 15 anni e gli occhi pieni di rabbia e vuoto, hanno 18 anni e lo sguardo perso o sfidante, chiedono aiuto senza sapere quale.
La scuola l’hanno abbandonata, ma nessuno li ha mai cercati, non la preside né gli assistenti sociali, né le madri o i padri che quando c’erano non ce l’hanno fatta. In Italia il carcere serve a punire il colpevole e non a rieducare. Un importante magistrato ha detto sono contrario ad uno schiaffo in carcere o in caserma. Ma detenuto non deve passare per vittima.
Non va picchiato perché lo Stato non può applicare le regole della sopraffazione. Se chi esce dal carcere non è migliore di quando ci è entrato è un fallimento. Ho chiesto a dei detenuti adulti cosa cambierebbero della loro vita. Quasi tutti hanno risposto: ‘sarei andato a scuola. Lo stato non può esistere solo per l’attività di repressione. Lo stato dovrebbe essere più attraente, più sexy della delinquenza. In Italia la prigione serve solo a punire il colpevole non a recuperare”.
Poi è la volta di Fedez che ha realizzato un freestyle – prodotto da Salmo – non previsto e non comunicato allo staff del Festival, di cui si è assunto tutte le responsabilità.
Cita il “viceministro vestito da Hitler“, e strappa la foto del sottosegretario Bignami, attacca Salvini indirettamente ricordando le critiche a Rosa Chemical, e la ministra Roccella (“Purtroppo l’aborto è un diritto, sì ma non l’ho detto io l’ha detto un ministro“).
Ma fa il nome anche di Matteo Messina Denaro, e stuzzica il Codacons (“Ciao Codacons, guarda come mi diverto“), “sfidato” più volte in tribunale.
Altro momento “trasgressivo“, quello del comico Angelo Duro:
“Sto cretino mi fa venire dopo mezzanotte e ha detto pure che posso dire quello che voglio, grazie al c***o“.
Lui è così, con la sua ironia cinica, politicamente scorretta e quasi “diabolica”. Utilizza un linguaggio differente, sfacciato ma nello stesso tempo divertente, per chi sa cogliere tali sfumature.
Nel suo monologo attacca chi si prende gioco dei precari, si scaglia contro i laureati che hanno scelto di restare a casa e ironizza sulla gerarchie nelle famiglie italiane sostenendo che gli ultimi figli sono quelli che ce la fanno perché hanno la scorza più dura.
Poi, insiste su alcuni concetti: non bisogna avere pregiudizi contro le prostitute perché possono salvare matrimoni, che l’orgasmo dura 5 secondi ma la vita gira tutto intorno a quei famosi 5 secondi (“Pensa se duravano un minuto”).
E poi il momento a tratti trash, ma volto a rendere i discorsi più leggeri: si definisce duro (di nome e di fatto), dato che non ha tatuaggi e si spoglia per farlo vedere a tutti: “Questa è la vera trasgressione, fotografate pure”.
Se prima dell’inizio del Festival di Sanremo c’era tanta curiosità perché non si conoscevano i testi e le esibizioni, adesso le “carte” sono state svelate e iniziano le prime preferenze più o meno marcate.
Ma ancora è tutto da vedere e ri-vedere: se martedì e mercoledì ha espresso la sua preferenza solo la Sala Stampa, adesso nella terza serata entrerà in gioco anche il parere del pubblico (50%).
Nella prima classifica generale, annunciata al termine della seconda serata, trionfa Marco Mengoni.
Qui di seguito tutte le posizioni dei 28 big in gara:
Questa sera, 9 febbraio, così come da programma, si procederà con la terza serata, in cui si esibiranno tutti e 28 i cantanti in gara, non sono previste eliminazioni.
Gianni Morandi ieri già ironizzava: “Ma se oggi hanno cantato il 14 ed è l’una di notte inoltrata, domani a che ora finiremo?“. Amadeus, però, l’aveva rassicurato: “Rispetteremo la tabella di marcia perché andremo più veloci, non ti preoccupare!“.
Ma si sa, le serate del Festival sono così: lunghe e intense.
Ecco la scaletta completa, con l’ordine di esibizione:
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