Il rischio di emulazione o, più in generale, di interiorizzazione della violenza osservata nelle serie Tv più crude ed esplicite, come nel caso di Squid Game, è una questione molto discussa. La recente uscita della seconda stagione del prodotto coreano che nel 2021 ha scalato tutte le classifiche, aggiudicandosi il titolo della serie Netflix più vista di sempre, ha riportato al centro dell’attenzione le possibili ripercussioni delle immagini violente sul pubblico.
Sebbene sia comune pensare che la visione di serie Tv caratterizzate da una spiccata aggressività provochi inevitabilmente un aumento degli atteggiamenti violenti negli spettatori, in realtà la situazione è più complessa di così. Affinché tali rischi si concretizzino, sono necessarie una serie di condizioni, senza le quali la probabilità di assumere atteggiamenti aggressivi diminuisce notevolmente.
Ha fatto il punto della situazione la psicologa Valentina La Rosa, che si è soffermata sugli effetti dei contenuti mediatici violenti sulla propria quotidianità.
“La visione ripetuta di contenuti ad alto tasso di violenza può sicuramente influenzare lo spettatore, soprattutto se questi contenuti sono presentati in modo coinvolgente e spettacolare. Serie come ‘Squid Game’ hanno sollevato preoccupazioni proprio perché alcuni spettatori, in particolare i più giovani, hanno replicato alcune delle sfide proposte, sebbene in contesti ludici. Ciò dimostra che, in determinate circostanze, i contenuti violenti possono influenzare i comportamenti, specialmente quando la violenza viene normalizzata o giustificata. Tuttavia, la possibilità di emulazione di questi comportamenti dipende da molteplici fattori, quali l’età, la personalità e il contesto sociale dello spettatore. Pertanto, i media non sono di per sé causa diretta di violenza ma possono rappresentare un fattore di rischio, specialmente per soggetti vulnerabili o già predisposti a comportamenti aggressivi“.
“L’esposizione a contenuti violenti può avere effetti sia a breve che a lungo termine. A breve termine, può aumentare lo stato di attivazione emotiva e portare a reazioni più impulsive e aggressive. Nel lungo periodo, un’esposizione costante può contribuire a modificare il modo in cui una persona interpreta e affronta le situazioni conflittuali, rendendo la violenza una risposta più accettabile. Tuttavia, la gravità di questi effetti varia in base alla frequenza dell’esposizione e alla capacità critica dello spettatore di contestualizzare ciò che osserva“.
“La desensibilizzazione alla violenza è un fenomeno ben documentato. L’esposizione prolungata a contenuti violenti può ridurre la reazione emotiva di disgusto o paura di fronte alla violenza reale, rendendo le persone più tolleranti nei confronti di comportamenti aggressivi. Tale alterazione della percezione della realtà può indurre a considerare la violenza come una risposta accettabile o inevitabile ai conflitti. La spettacolarizzazione della violenza, come accade in molte serie di successo, può ridurre la sensibilità emotiva dello spettatore, rendendolo meno incline a riconoscere e condannare comportamenti aggressivi nella vita quotidiana. Infine, chi consuma grandi quantità di contenuti violenti potrebbe essere incline a percepire il mondo come più pericoloso e minaccioso di quanto non sia realmente“.
“I bambini sono particolarmente vulnerabili agli effetti dei contenuti violenti poiché le loro capacità cognitive ed emotive sono ancora in fase di sviluppo e non hanno ancora maturato la capacità di distinguere tra realtà e finzione né di esprimere un giudizio morale sui comportamenti che osservano. L’esposizione a scene violente può aumentare comportamenti aggressivi, generare paure irrazionali e avere ripercussioni negative sul sonno e sul benessere emotivo. È importante dunque che i genitori supervisionino i contenuti a cui i figli sono esposti, promuovendo la visione di programmi adeguati all’età e spiegando in modo chiaro ciò che viene mostrato. Un dialogo aperto e continuo con i figli è fondamentale per aiutarli a sviluppare un pensiero critico e a comprendere le reali conseguenze della violenza“.
“Quando la violenza viene spettacolarizzata, rischia di apparire affascinante o addirittura giustificabile. In ‘Squid Game’, ad esempio, la violenza è inserita in un contesto ludico ma le conseguenze sono estreme. Questo contrasto può indurre gli spettatori, in particolare i più giovani, a sottovalutare la gravità degli atti violenti. Se la violenza è rappresentata senza mostrarne le reali conseguenze, può ridurre la percezione del rischio e aumentare la possibilità che si verifichino comportamenti di emulazione. La spettacolarizzazione contribuisce a rendere la violenza più accessibile e, in alcuni casi, persino desiderabile“.
“Le caratteristiche di personalità giocano sicuramente un ruolo cruciale nel determinare la reazione agli stimoli violenti. Le persone con una scarsa capacità di controllo degli impulsi, una bassa empatia o difficoltà nella gestione delle emozioni sono più inclini a emulare comportamenti violenti. Tra le persone più vulnerabili troviamo spesso gli adolescenti alla ricerca di approvazione sociale e coloro che vivono in contesti familiari o sociali problematici. È quindi essenziale fornire supporto emotivo e promuovere modelli di comportamento positivi al fine di ridurre il rischio di influenze negative derivanti dai media“.
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