“Mi sembra di aver già vissuto questa situazione…” è una delle frasi che molti di noi hanno almeno una volta pensato nel corso della propria vita.
Ed è questa la peculiarità per descrivere il fenomeno del déjà vu o del “già visto, già vissuto“. Ai microfoni di NewSicilia è intervenuta la psicologa Ines Catania per svelarci tutto ciò che c’è sotto.
Alterazione mnemonica o…?
“Inizialmente il déjà vu sembrava fosse dovuto a un’alterazione mnemonica: al soggetto sembrava quindi di aver già vissuto una determinata situazione perché, in un angolo della mente, per sbaglio, un falso ricordo si attivava. E in effetti qualcosa di vero c’è...”, esordisce la nostra intervistata.
Potremmo parlare di “inganno emotivo”, vale a dire che la situazione che si sta vivendo, con tutti i suoi correlati emotivi, ne richiamerebbe un’altra simile vissuta precedentemente.
In realtà, “sarebbero le emozioni di quella determinata esperienza che sarebbero state già vissute, non propriamente l’esperienza in sé”.
Diversi ricercatori identificano il déjà vu come un richiamo di un ricordo che ha determinato quella sensazione, immagazzinata grazie a un’altra esperienza vissuta in passato: “Questo spiegherebbe anche perché è un fenomeno così frequente nella popolazione sana”.
“Parlo di popolazione sana, perché i primi studi sono stati effettuati su singoli casi clinici affetti da un particolare tipo di epilessia: quello del lobo temporale. Infatti il déjà vu risultava essere uno dei sintomi maggiormente presenti in questo tipo di patologia e quindi più facilmente riscontrabile”, prosegue.
Il déjà vu nei racconti dei pazienti
Tanti i racconti dei pazienti e le esperienze “strane” di déjà vu. A tal proposito, la psicologa Ines Catania ha voluto condividere con noi uno di questi episodi:
“Ricordo nello specifico una paziente che mi raccontava della sua esperienza di déjà vu:
‘Dottoressa è successa una cosa assurda! Mi trovavo in macchina davanti a un negozio con mia figlia Arianna, e improvvisamente noto una donna e un bambino, che mi sembravano molto familiari, salire sulla macchina posteggiata accanto. ‘Li ho visti anche l’ultima volta che sono stata qui’, dico a mia figlia, ‘Il bambino ha fatto esattamente gli stessi gesti’. Poi ho notato un’altra donna, che fumava e parlava al cellulare. ‘C’era anche quella signora con la sciarpa, che fumava’, ho detto ad Anna. Mia figlia stavolta, si è innervosita e mi ha detto che era improbabile che quella donna potesse stare sempre nel parcheggio a fumare. Ma giuro dottoressa, sembrava tutto così vero…”.
Le teorie che spiegano il déjà vu
Esiste una spiegazione a questo fenomeno? Se volessimo provare a fornirla, dovremmo rifarci ai molteplici studi di diverso tipo, che hanno generato alcune teorie. E qui il discorso si allunga parecchio, ma diventa sempre più affascinante.
Quelle considerate più valide e razionali sono di tipo scientifico e psicologico, ma non mancano anche ipotesi di tipo pseudo-scientifico ed esoterico.
Vediamole nel dettaglio, illustrate dalla nostra intervistata che ci ha fornito un quadro ben chiaro.
Teorie neurologiche
Le teorie più accreditate sono di tipo neurologico, che sostengono quindi che il déjà vu sia frutto di un qualche trucco della memoria o di un suo breve malfunzionamento, che non causerebbe comunque danni gravi al cervello.
- Doppio ricordo: “Si tratta dell’idea che un’azione venga immagazzinata istantaneamente nella memoria a breve termine, mentre ci metta qualche millesimo di secondo in più a essere ricordata dalla memoria a lungo termine. Questa disambiguazione delle memorie crea il distacco che dà l’impressione che si tratti di una situazione accaduta nel passato. Simile a questa teoria, c’è quella del ‘ricordo conscio e inconscio’. Sigmund Freud parlava di déjà vu per spiegare per esempio i ricordi e le esperienze rimasti repressi e inconsci, che si manifestavano, oltre che nei sogni, anche attraverso questo fenomeno”.
- Falso riconoscimento: “La nostra memoria archivia qualsiasi situazione a cui assistiamo, che può essere un nome, una fotografia, un luogo, una persona, un’azione, e così via. I ricordi però spesso vengono registrati in maniera frammentata: il déjà vu avverrebbe quando frammenti di situazioni attuali si confondono e si uniscono a frammenti dei ricordi di situazioni simili del passato. Il cervello, infatti, riesce a ricordare qualcosa, ma non esattamente quando e come è avvenuto. Ecco perché si proverebbe il senso di familiarità”.
- Teoria dell’attenzione: “Secondo altri studi questo fenomeno sarebbe causato da un errore nel sistema dell’attenzione, che interrompendosi causa un ri-processamento dell’informazione. Sostanzialmente, questa brevissima interruzione fa dimenticare all’istante un’azione appena avvenuta, mentre la parte della percezione rimane attiva solamente nell’inconscio, dando quindi familiarità ma non il recupero del ricordo completo. È molto simile alla teoria di Pierre Gloor al Montreal Neurologic Hospital and Institute, secondo cui il déjà vu avviene per una momentanea e rara disattivazione del sistema di recupero della memoria”.
- Verifica: “Le teorie che ritrovano la spiegazione del ‘già visto’ in un bug del cervello sono state smentite da un esperimento effettuato nel 2016, uno dei più recenti sull’argomento, nell’Università di Saint Andrews in Scozia, con a capo il ricercatore psicologo cognitivo e neurologico Akira O’Connor. Lo studio è stato fatto su 21 partecipanti, a cui è stato ‘indotto’ un fenomeno simile al déjà vu: è stata ripetuta ai partecipanti una lista di parole, senza nominare quella che le accomunava. Interpellati successivamente, quasi tutti sostenevano di aver udito anche quella parola, poiché gli forniva una sensazione di grande familiarità. Durante l’esperimento, invece delle parti del cervello che gestiscono la memoria, si sono attivate le aree cerebrali frontali, implicate nei processi decisionali. Si è pensato allora che il déjà vu rappresenti una verifica che la mente fa per controllare i ricordi“.
- Epilessia temporale: “Inizialmente, la spiegazione che convinceva di più partiva dal fatto che questo fenomeno si manifestava maggiormente nei pazienti affetti da tale condizione: tra i sintomi che precedono una crisi epilettica di questo tipo, infatti, ci sarebbe il déjà vu. L’esperimento principale che avvalora questa teoria è stato effettuato nel 2012 dallo scienziato Bràzdil, che ha messo a confronto 113 partecipanti sani, alcuni che avevano sperimentato almeno un déjà vu, altri che non l’avevano mai provato. Nel cervello dei primi si è riscontrata una significativa perdita di materia grigia. Pertanto, si pensava che chi provasse questa sensazione soffrisse di lievi epilessie senza effetti gravi”.
Altre teorie
Il fenomeno del déjà vu affascina molto, ciò che si prova è così particolare, e non ancora del tutto chiaro alla scienza, che ispira diverse interpretazioni, anche teorie che si allontanano dalla scienza e dalla spiegazione empirica, per entrare in un mondo più esoterico.
- Sogni: “La teoria più nota, che non si avvale di spiegazioni e studi scientifici, è quella che considera i déjà vu come l’atto di rivivere o ricordare qualcosa avvenuto in sogno. Ci sembra così reale e familiare perché è successo nel nostro inconscio mentre dormivamo, pertanto, riusciamo a ricordare qualcosa ma non tutto”.
- Premonizioni: “Secondo altre ipotesi invece non si tratterrebbe di sogni, ma di vere e proprie premonizioni, come se durante un déjà vu stessimo visualizzando una profezia di ciò che accade dopo pochi secondi”.
- Relatività: “Una teoria affascinante ritiene che il tempo sia una convenzione meramente umana, mentre il mondo non segue sempre la logica del tempo. Pertanto, il déjà vu sarebbe uno degli strumenti con i quali veniamo riportati alla realtà senza un tempo convenzionale”.
- Reincarnazione: “Diverse religioni e filosofie fanno riferimento alla reincarnazione e alla possibilità di altre vite. Il déjà vu, secondo queste credenze, sarebbe spiegato come il ricordo di una vita precedente che riaffiora e ci dà il senso di familiarità, senza poterlo ricordare completamente in maniera conscia”.
Il déjà vu è inquietante?
Non si può, dunque, spiegare in maniera univoca cosa sia un déjà vu, questo è certo, ma si può provare a ricostruire, in maniera quanto più precisa possibile, ciò che accade nel nostro cervello che è sicuramente una “macchina complessa”.
“Riporto una frase che spesso leggevo nei libri di clinica: ‘Può essere inquietante sperimentare un déjà vu: ti trovi in una situazione nuova, ma senti in ogni cellula che non lo è. Per qualcuno questa sensazione inquietante ha un tocco in più: sei convinto di sapere cosa succederà dopo…’ e a tutti piace sapere cosa succederà dopo”, conclude la nostra intervistata Ines Catania.