Calo dell’attenzione: sintomi comuni, possibili cause e consigli utili per imparare a gestirlo

Calo dell’attenzione: sintomi comuni, possibili cause e consigli utili per imparare a gestirlo

ITALIA – Spesso capita di non riuscire a mantenere alta la concentrazione per il periodo di tempo che vorremmo, essenziale per lo svolgimento delle attività quotidiane che ci siamo prefissati.
Potrebbe succedere ad esempio di delineare una tabella o uno schema con i minimi dettagli, per poi a fine giornata, facendo un resoconto, ritrovarsi ad aver rispettato solo pochi punti delle “cose da fare/portare a termine”.

Il calo della concentrazione

Questo accade poiché nonostante l’impegno profuso e dedicato a determinate azioni, comprese quelle che ci interessano particolarmente, subentrano delle difficoltà, come il cosiddetto “calo dell’attenzione”, cioè di quella preziosa funzione della mente che ci permette di selezionare alcuni stimoli dall’ambiente, ignorandone altri, e di indirizzarvi le proprie risorse cognitive, per un tempo finalizzato al raggiungimento dell’obiettivo in questione.
Ma perché ciò si verifica? Cosa si può fare per evitare che avvenga?

I sintomi più comuni

Ciascuno di noi può avere diverse difficoltà nel concentrarsi sulle attività più disparate (studio, lavoro o altro), pertanto possono manifestarsi differenti sintomi.
Tra i più comuni abbiamo la scarsa memoria, il problema di non riuscire a prendere decisioni, anche quando risulta importante, la mancanza di chiarezza nei propri pensieri e nelle idee, la probabilità di commettere più errori e le sensazioni di stanchezza, affaticamento e carenza di energie che prendono il sopravvento.

Alcune cause

Le cause potrebbero essere molteplici, quali ad esempio, soffrire di un disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), che può influenzare la concentrazione, causando effetti sulla produttività; essere affetti da ansia/tensione, non riuscendo a concentrarsi per pensieri e preoccupazioni che potrebbero insorgere in qualunque momento; sentirsi stressati, sia in maniera cronica che “stagionale“, con particolari periodi e picchi di stress molto elevati, ciò rende poco facile portare a termine determinati compiti, anche basilari; la mancanza di sonno, infatti, se non si riposa adeguatamente, dormendo per un certo numero di ore, congruo a garantirci il recupero delle energie, ci si imbatte poi in un calo di attenzione quasi immediato; soffrire di depressione, in quanto questo tipo di disturbi influiscono anche sulla concentrazione, rendendoci tristi e con sentimenti negativi, rimanendo in tal modo impossibilitati nel compiere quello che dovremmo fare.

Consigli utili

Per affrontare queste problematiche, è possibile ricorrere e prendere in considerazione suggerimenti e strategie, che potrebbero facilitare la risoluzione, anche se in parte, di questa condizione in cui ci si trova.
Alcuni consigli validi ad esempio possono essere: monitorare le proprie abitudini di sonno e, ove necessario, crearne di più sane, questo perché avere una buona qualità del sonno, facendolo diventare ristoratore, può contribuire a migliorare la propria produttività;

gestire in maniera proficua le energie durante il corso della giornata, cercando di ritagliarsi degli spazi e alcuni momenti di riposo, magari facendo una serie di pause, dosando con equilibrio il proprio tempo a disposizione, sia per staccare anche solo pochi minuti, che per concludere le varie attività, tentando di non “cadere” nella procrastinazione;

pensare ad una nuova organizzazione della propria giornata, infatti, se ad esempio ci si sente sovrastati dai troppi impegni, si potrebbe valutare l’ipotesi di strutturare il tutto in maniera più efficiente, cambiando la propria routine, così da ottenerne maggiore profitto, sia all’atto pratico, che mentalmente, non sentendosi “in colpa” arrivando in serata per quello che non è stato fatto;

concentrarsi maggiormente sulla cura personale, proprio perché stando bene a livello interiore e con se stessi, di riflesso ne influirà anche ciò che ci circonda e quello che dobbiamo fare, quindi al di fuori;

inoltre, un altro elemento fondamentale/determinante che consentirà di tenere alta la propria attenzione, è quello di eliminare dalla nostra vista/portata tutte quelle distrazioni che possono impedire la concentrazione, come le nuove tecnologie (computer, smartphone o tablet), i social network e in generale le applicazioni di messaggistica istantanea che ci tengono quasi perennemente in contatto con il mondo esterno, i rumori, fonte che a lungo andare potrebbe creare fastidio, gli animali, che standoci accanto rischiano di distogliere involontariamente la nostra attenzione da ciò che stiamo facendo, e in generale tutto quello che riteniamo essere motivo di deconcentrazione.



Tecnica del Pomodoro

Ritornando al discorso di poco fa, uno dei metodi con cui si possono riscontrare numerosi benefici e risultati, è quello della Tecnica del Pomodoro, che consiste nello scegliere e svolgere un’attività specifica per venticinque minuti, chiaramente meglio andando per gradi e in ordine di importanza, in base alle scadenze che si hanno, e in seguito quando suona il timer impostato in precedenza, fare cinque minuti di pausa, e ripetere questo procedimento per circa quattro volte, “premiandosi” poi dopo un “ciclo” con una pausa più lunga, che potrebbe variare dai quindici ai trenta minuti.

Questo tecnica viene reputata funzionante proprio perché l’essere umano è in grado di concentrarsi efficacemente su un determinato compito, per un arco temporale ristretto/limitato, che dipende da ciascuno di noi, diverso da persona a persona.
Tuttavia un’ampia parte di individui inizia ad avere un abbassamento dell’attenzione dopo circa venti minuti dall’inizio di un’azione da svolgere. Infatti, trascorso quel periodo, sarebbe opportuno fare un intermezzo con una piccola pausa, per avere qualche minuto utile che permetta di “rifocillarsi”.

Chiaramente questo metodo è applicabile in quasi tutte le tipologie di attività, specialmente durante fasi di lavoro intenso, affinché ci possa essere una sorta di “compensazione” tra lo sforzo mentale e il riposo/recupero, ottimizzando le attività quotidiane.

La teoria della “curva dell’attenzione”

Si tratta di una curva che dimostra l’incapacità del cervello umano di mantenere lo stesso livello di attenzione (in partenza alto) per un lungo lasso di tempo. Infatti, dalla curva si evince che l’attenzione può essere mantenuta ad alti livelli soltanto per un breve periodo, che solitamente oscilla dai dieci ai quindici minuti. Dopodiché subentra il “decadimento” e la “scesa”, che può procedere anche ad una certa velocità.

Esaminando in maniera più approfondita la situazione, avremo modo di notare che dopo i primi cinque minuti si ha il picco massimo dell’attenzione, e che comincia gradualmente a “svanire/diminuire” a partire dai quindici minuti, per cui il massimo della concentrazione che si può tenere durerà sostanzialmente per circa dieci minuti.

Inoltre, con il passare del tempo l’attenzione continua a calare, fino al raggiungimento di una diminuzione dell’80% delle capacità attentive, che si manifesta intorno ai trenta minuti, percentuale che si abbassa nei minuti successivi.

Ecco spiegato il motivo secondo cui l’attenzione si comporterebbe come una sorta di “curva”, ed essendo tra l’altro un fenomeno complesso, costituito da un insieme di processi neuropsicologici, risponde principalmente a cinque fasi: Arousal, che evidenzia la predisposizione/preparazione fisiologica a ricevere stimoli dall’ambiente esterno; Attenzione sostenuta, ovvero la capacità di tenere alto il livello di concentrazione per un lungo periodo di tempo; Bottom-up, fenomeno in grado di far influire inconsciamente alcuni input ambientali sulla nostra capacità attentiva; Top-down, la capacità di selezionare alcuni input per immagazzinarli e rielaborarli in maniera capillare in un secondo momento; Attenzione distribuita, che implica la capacità di prestare attenzione a più input contemporaneamente.

Conclusioni

In conclusione, l’attenzione risulta essere una risorsa limitata, da “trattare adeguatamente” per poterne trarre profitto. Inoltre, delle motivazioni intrinseche, potrebbero incentivare il funzionamento di questo “meccanismo”, cioè tramite un dinamismo interno all’individuo basato su bisogni specifici, capace di sollecitare/stimolare positivamente i comportamenti personali/sociali e di conseguenza, in grado di far vivere stati emotivi che riflettono alcune necessità dell’essere umano, come la curiosità, la serenità e l’interesse.