Tutto quello che dovremmo imparare dai bambini

Tutto quello che dovremmo imparare dai bambini

L’omicidio della giovanissima Giulia Cecchettin ci obbliga a riflettere, ancora una volta, sull’importanza dell’educazione e sulla necessità di lavorare, fin dall’infanzia, sulla creazione di relazioni positive e paritarie.

L’esercizio della cooperazione e della condivisione, l’abitudine all’ascolto partecipe, all’empatia, al rispetto, soprattutto se promossi sin dalla tenera età, incentivano lo sviluppo di un clima di accoglienza, prevengono fenomeni di discriminazione ed esclusione e favoriscono la capacità di stare in una relazione in cui la forza personale non si traduce e non si esprime nel dominio sull’altro.

Affrontare con bambini e adolescenti i temi dell’educazione al rispetto, fornendo la possibilità di sperimentare un ambiente accogliente e non giudicante, consentirà loro di procedere verso una destrutturazione dei ruoli e delle relazioni basate su stereotipi per poter sperimentare modalità di relazione con se stessi e con l’altro basate su criteri di libertà e responsabilità e di costruire una società accogliente, inclusiva e non violenta.

Fin dall’infanzia si possono creare occasioni di confronto per educare alla non violenza. Il lavoro di sensibilizzazione e prevenzione necessario per il contrasto alla violenza maschile sulle donne e l’educazione a relazioni non violente passa per la possibilità offerta alle nuove generazioni, di riflettere su se stessi e sul rapporto con gli altri.

Uno degli aspetti fondamentali per educare alla non violenza, è quello di sviluppare la capacità di costruire relazioni basate sui principi di parità, equità, rispetto, inclusività, nel riconoscimento e valorizzazione delle differenze, così da promuovere una società in cui il libero sviluppo di ciascun individuo avvenga in accordo col perseguimento del bene collettivo.

L’educazione dei bambini al rispetto di genere e il contrasto alla violenza domestica non può essere efficace a meno che non si operi soprattutto sui modelli culturali che sottendono, promuovono, e riproducono disparità di genere nella società. L’azione di prevenzione deve articolarsi in percorsi educativi, orientati soprattutto ai più giovani, volti all’esplorazione, all’identificazione e alla messa in discussione dei modelli di relazione convenzionali, degli stereotipi di genere e dei meccanismi socio-culturali di minimizzazione e razionalizzazione della violenza.

In questo senso andrebbe data piena attuazione alle linee guida del Ministero dell’Istruzione e del Merito per l’educazione al rispetto, la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione, prevedendo percorsi laboratoriali, esperienziali, formativi ed educativi per le scuole di ogni ordine e grado a partire dal sistema di istruzione ed educazione 0-6 anni.

È importante che l’educazione alle differenze e al rispetto di queste sia trasversale alle discipline scolastiche che e abbia carattere di continuità tra i diversi gradi di istruzione, sia progettata singolarmente o, ancora meglio, in rete, in collaborazione con enti locali, servizi territoriali, organi di polizia, associazioni.

La violenza di genere è un fenomeno strutturale che affonda le sue radici nella disparità storica tra uomini e donne. Questa disuguaglianza ha una matrice socio-culturale basata sugli stereotipi di genere, che al contempo la generano e la riproducono, come sottolineato anche dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.

Riconoscere i meccanismi che stanno alla base della violenza e, soprattutto, riconoscere quanto essi siano radicati culturalmente, seppur inconsapevolmente, in ogni individuo è essenziale per riflettere su quanto gli stereotipi e i pregiudizi influiscano sul nostro comportamento, sulle relazioni che intessiamo e, in generale, sulle scelte personali che compiamo.

Stereotipi e pregiudizi, infatti, condizionano pensieri ed azioni, costituiscono i mattoni con cui vengono costruiti i muri che separano le persone, impediscono la reciproca conoscenza, e incentivano dinamiche di giudizio e di conseguente non accettazione nei confronti di ciò che è diverso. Rappresentano, dunque, un ostacolo alla libera espressione di pensieri, emozioni, convinzioni personali, contribuendo a costruire una società basata sui limiti imposti da una rigida definizione dei ruoli, che si traducono in un terreno di facile sviluppo di comportamenti violenti.

Qualche tempo fa, durante un convegno sul tema della legalità, ebbi modo di ascoltare l’intervento di Alessandro Iacovelli, geniale ufficiale dei carabinieri ora in servizio a Roma, il quale ebbe a sostenere che “essere adulti è come essere bambini persi al supermercato. Ti ripeti che va tutto bene, ma speri che qualcuno chiami la mamma”. Chapeau, sussurrai tra me e me, perché d’un tratto realizzai una “semplice” verità: l’antidoto più efficace per giungere all’auto-conservazione è vivere con la meraviglia, lo spirito e il timore di un bambino, apprezzando i nostri stessi miracoli quotidiani, alleggerendo i nostri fardelli e cercando la gioia in ogni momento.

In fondo, mente sana = corpo sano = vita migliore. Provarci vale la pena.

AVV. ELENA CASSELLA