Il Garante Privacy ha agito in via preventiva a tutela di potenziali vittime di revenge porn. Dopo aver ricevuto segnalazioni da parte di chi temeva che venissero divulgati on line, senza consenso, proprie foto o video, il Garante ha ingiunto Facebook, Instagram e Google a non pubblicare tali contenuti.
È una competenza espressamente riconosciuta all’Autorità Garante per la protezione dei dati personali dal decreto legislativo n. 196/2003 (Codice sulla Privacy) a seguito delle modifiche intervenute a dicembre 2021. Il Garante può, cioè, procedere con una tutela preventiva a seguito di segnalazioni.
Ma cos’è il revenge porn?
Si tratta di un reato introdotto con la legge n. 69/2019, nota come “Codice Rosso”, che punisce chi diffonde illecitamente immagini o video sessualmente espliciti di persone che non esprimono il consenso alla divulgazione.
Lo scopo della norma è chiaro: punire chi diffonde immagini a sfondo sessuale ai danni di una persona ritratta contro la sua volontà o conoscenza.
Le modifiche al Codice sulla Privacy
A dicembre 2021 il d.lgs. 196/2003 ha subito delle rettifiche. E’ stata così prevista, all’art. 144 bis, la facoltà per chiunque (compresi i minori ultraquattordicenni) abbia fondato motivo di ritenere che registrazioni audio, immagini o video o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito che lo riguardano, destinati a rimanere privati, possano essere oggetto di invio, consegna, cessione, pubblicazione o diffusione attraverso piattaforme digitali senza il suo consenso, di segnalare il pericolo al Garante.
Quest’ultimo, nelle quarantotto ore dal ricevimento della segnalazione, può attivarsi per bloccare preventivamente i video e le immagini segnalate.
In che modo? Ingiungendo ai gestori delle piattaforme (come Facebook, Instagram ecc.) indicate dalla potenziale vittima di non consentire la divulgazione dei contenuti.
Costoro conserveranno il materiale oggetto della segnalazione, a soli fini probatori e con misure indicate dal Garante stesso che siano idonee a impedire la diretta identificabilità della persona interessata. Ciò per dodici mesi, a decorrere dal ricevimento dell’ingiunzione.
Laddove, però, il Garante abbia notizia della consumazione del reato di revenge porn, anche in forma tentata, nel caso di procedibilità d’ufficio trasmetterà al pubblico ministero la segnalazione ricevuta e tutta la documentazione acquisita.
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