ITALIA – Il DPCM firmato ieri dal Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi ha prolungato ancora la sospensione delle attività del comparto dello sport di base. Sono stati i ministri Roberto Speranza e Maria Stella Gelmini, il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro e il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli ad illustrare le nuove misure attraverso una diretta Facebook.
Durante la conferenza stampa il presidente del Consiglio Superiore di Sanità ha dichiarato: “Il principio guida del nuovo Dpcm è la tutela della salute. Siamo convinti che per far ripartire il paese serva vincere la battaglia sanitaria. Per questo il decreto è un decreto di conservazione che mantiene anzitutto la divisione in colori dell’Italia“.
Nonostante la sospensione dell’attività, “l’attività sportiva di base e l’attività motoria in genere svolte all’aperto presso centri e circoli sportivi, pubblici e privati, sono consentite nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento”.
Mentre palestre e piscine potranno rimanere aperte solo per consentire lo svolgimento di attività riabilitative o terapeutiche.
Sappiamo bene che lo sport è stato uno dei settori più colpiti da questa emergenza pandemica, con danni ancora incalcolabili che non riguardano solo gli aspetti economici ma anche quelli sociali e di conseguenza la salute. Tra le innumerevoli domande legate al Covid-19, la fa da padrone quella legata alla adesione alla campagna di vaccinazione. È notorio che vi sia una folta schiera di persone contrarie a qualsiasi forma di vaccinazione per ragioni diverse, che non contempliamo in questo articolo. Tuttavia, per completezza espositiva, ed in linea generale, anche se appare difficile da pensare, un atleta, a dispetto della sua forma fisica, delle corrette abitudini di vita e dei numerosi controlli medici ai quali è sottoposto, può essere particolarmente esposto alle infezioni in generale o, ad esempio, all’epidemia influenzale; oggi sappiamo che esiste un momento preciso della vita degli atleti e di tutti gli sportivi, durante il quale il sistema immunitario si trova in condizioni di non poter garantire un’adeguata risposta nei confronti dei patogeni.
È noto ormai da tempo, per esempio, che i linfociti vengono attivati nel sangue prima e durante l’esercizio fisico, tuttavia la concentrazione dei linfociti si riduce notevolmente dopo l’esercizio stesso. Pertanto, si verifica un calo generalizzato dell’attività del sistema immunitario nella fase post esercizio, ed è rilevabile in diverse condizioni di stress fisico, per cui il soggetto viene a trovarsi in una situazione di particolare rischio ad infezioni. Per un atleta tale condizione di vulnerabilità trova corrispondenza in momenti in cui la possibilità di contatto con patogeni è particolarmente elevata: immediatamente dopo una gara, infatti, l’abbraccio dei tifosi, la permanenza negli spogliatoi insieme ad altre persone, il vapore acqueo delle docce, l’aria condizionata degli ambienti o dei mezzi di trasporto, rappresentano un veicolo ottimale attraverso il quale possono essere contratti agenti potenzialmente infettivi.
Questa fase di vulnerabilità può avere una durata che varia da soggetto a soggetto, indicativamente tra le 3 e le 72 ore, in funzione del livello immunitario basale del soggetto e si concretizza in un elevato rischio di infezioni in corso di allenamento intensivo o durante le due settimane seguenti gli eventi sportivi di particolare impegno atletico. Questa digressione è utile a capire anche i momenti nei quali gli sportivi professionisti, dilettanti e amatori (corridori, ciclisti, amanti del fitness etc.) possono incorrere in maggiori rischi da infezione, probabilmente scongiurabili attraverso una adeguata vaccinazione, e soprattutto la ragione per cui le attività sportive al chiuso sono state proibite ancora fino al 6 aprile.
Quello che tutti gli sportivi ovviamente si chiedono è se dal 6 aprile si potrà ritornare a fare sport nelle strutture al chiuso.
Logica impone che fare previsioni in un senso o nell’altro attenga tutt’al più all’intuito, e molto più probabilmente al desiderio di ritorno alla normalità, resta, pertanto, difficile ipotizzare quale sarà il destino di tutti coloro che lavorano nello sport e/o nelle attività al chiuso (palestre, piscine etc.), così come per coloro che fanno dello sport la propria passione e che, oltre a praticarlo nella propria abitazione o all’aperto, vorrebbero ricominciare a farlo in strutture attrezzate. A maggior ragione chi ama fare sport acquatico, costretto da un anno a trovare alternative spesso poco soddisfacenti. Ad incidere sul destino degli impianti, quindi, sarà l’indice Rt e la situazione interna delle singole regioni, con lo spettro dei repentini cambi colore e della conseguente libertà di movimento. Del resto, benché allo stato attuale la maggior parte delle regioni italiane si trovi in fascia gialla, non è da escludere che nelle prossime ore la situazione cambi radicalmente, piombando nuovamente nella zona arancione. Ciò comporterebbe per la riapertura di palestre e piscine un nuovo prolungamento dello stato di chiusura.
Sul punto, il Comitato tecnico scientifico ha ribadito che “in questa fase dell’epidemia si valuta con molta preoccupazione il riscontro potenziale di aggregazioni tra persone all’interno degli impianti sportivi, soprattutto in ambienti chiusi e confinati”.
Ciò consente di comprendere come i livelli di allerta siano decisamente alti e che le decisioni future verranno prese con la massima cautela. In attesa dell’arrivo del 6 aprile, una cosa è certa, la ripartenza degli impianti sportivi sarà graduale e le regole non saranno esattamente le stesse su tutto il territorio nazionale, ma terranno conto delle fasce di rischio.
Stante le disposizioni del CTS, la diversificazione a colori dell’Italia sarà determinante su cosa sarà possibile fare o meno, in merito agli sport nei luoghi chiusi. Qualora il 6 aprile venga dato il via libera alla riapertura, le regioni che si troveranno in zona gialla potranno riaprire palestre, piscine e tensostrutture, nelle quali consentire lo svolgimento di attività sportive di base individuali e dilettantistiche di squadra e di contatto. Tali linee guida saranno valide anche per le attività in piscina. Viceversa per le zone arancione, si riaprirà inizialmente solo agli allenamenti svolti in forma individuale. Le lezioni di scuole di danza e gli allenamenti di attività sportive per i bambini in età scolare saranno consentiti in coerenza e senso di continuità con l’apertura o meno delle scuole. Ed ancora, nelle palestre non sarà consentito l’uso delle docce e non si potranno lasciare gli indumenti negli spogliatoi, i quali dovranno essere inderogabilmente riposti in zaini o borse personali e, una volta rientrati a casa, lavati separatamente dagli altri indumenti. Sarà obbligatorio bere sempre da bicchieri monouso o bottiglie personalizzate e gettare subito in appositi contenitori i fazzolettini di carta o altri materiali usati, ben sigillati.
Inoltre, durante l’attività fisica in palestra sarà obbligatorio mantenere la distanza interpersonale minima adeguata all’intensità dell’esercizio, comunque non inferiore a 2 metri. Per le piscine si ipotizza una distanza compresa tra i 7 e i 10 metri.
Sono previste regole stringenti anche per le sale adibite all’attività fisica. Infatti, dopo ogni utilizzo gli attrezzi andranno sempre igienizzati e sarà obbligatorio portarsi il proprio tappetino da casa, sul quale svolgere gli esercizi a terra. Gli operatori, i personal trainer e ogni persona impiegata in attività lavorative all’interno delle strutture dovranno sempre indossare la mascherina e mettere a disposizione gel igienizzante per tutti i clienti. Anche in piscina sarà obbligatorio l’uso della mascherina, ovviamente fino al momento dell’ingresso in vasca, sia per gli atleti sia per gli allenatori.
Avvocato Alessandro Numini
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