Mussolini e il 28 aprile 1945: quei colpi di fucile che posero fine ad un’epoca

Mussolini e il 28 aprile 1945: quei colpi di fucile che posero fine ad un’epoca

Sono passati 73 anni da quei colpi di fucile che squarciarono l’aria di Giulino, piccolo paesino in provincia di Como, ponendo fine alla vita di Benito Mussolini e della sua amante, Claretta Petacci. L’indomani a piazzale Loreto i cadaveri vennero esposti alla popolazione che, a torto o a ragione, ne fece scempio: celebre l’aneddoto della donna che sparò 5 colpi sul cadavere di Mussolini per vendicare i 5 figli morti in guerra. Dopo qualche ora, la situazione divenne ingestibile e i cadaveri di Mussolini, della Petacci, insieme ad altri, vennero issati, a testa in giù, sulla pensilina di un distributore di benzina.

Non è nostro interesse in questo articolo approfondire le vicende e i retroscena della morte di Mussolini, né tanto meno scatenarci con una valanga di considerazioni storico-politiche.

Noi vogliamo porci una domanda: e ora? 

Scrivere questo articolo nel 2018 fa un certo effetto: la nascita, e il discreto successo di gruppi dichiaratamente neo-fascisti, come Casapound, lo scontro eterno con l’antifascismo a colpi di parole, provocazioni e violenze fisiche. Fino ad arrivare, dulcis in fundo, a Macerata: una pignatta a forma di Duce, a testa in giù, presa a mazzate dai bambini. Un modo curioso di fare storia, un modo atipico di festeggiare il 25 aprile che tanto ha fatto discutere.

A 3 giorni dal 25 aprile e a 73 anni dalla fine di un’epoca ci si pone tante domande, la prima delle quali è la più importante: cos’è il fascismo? Un progetto fallito in stile sovietico o un’idea già di per sé malsana?

E oggi, come va trattato? Non parlarne sicuramente no, si rischia di cadere nell’oblio e ricommettere gli stessi errori. Forse con leggi ad hoc, come la legge Fiano, sul reato di apologia al fascismo. Forse con le contestazioni, violente e non, contro chi il fascismo lo vorrebbe di nuovo, plasmato in funzione di una nuova epoca. Ma c’è chi risponderebbe che impedire la professione di un’ideologia sia quanto di più fascista si possa fare in un regime democratico.

E allora? E allora confusione, tanta, specialmente nella testa di chi determinati episodi non li ha vissuti. Come rivolere il fascismo se non lo si è mai vissuto? Come boicottare il neo-fascismo se per farlo si utilizzano metodi che renderebbero orgogliose le squadracce? E fermare un’idea, per quanto dalle reminiscenze totalitarie, non è altrettanto totalitario?

Mentre che ci si confonde, mentre che non si riescono ad avere certezze la tensione cresce e gli episodi di violenza, di scontro ideologico, aumentano.

A 74 anni di distanza, forse, il vero insegnamento che dovremmo far nostro è uno solo: attenzione a non farsi sfuggire la situazione di mano che a recuperarla, poi, son dolori.