Mantenimento casalinghe

Mantenimento casalinghe

ITALIA – Con una recentissima ordinanza del 15 giugno n. 17144/2023 la suprema Corte di Cassazione ha ribaltato l’interpretazione tradizionale “della funzione assistenziale” dell’assegno di mantenimento dovuto all’ex coniuge dando vita ad una lettura decisamente innovativa.

Secondo l’interpretazione che si è data ex art.5 L.898/1970 con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale dispone l’obbligo, per un coniuge, di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno qualora quest’ultimo non abbia avuto mezzi adeguati o non possa procurarseli per ragioni oggettive.

L’assegno di divorzio ha sempre assolto dunque da un lato una funzione cosiddetta assistenziale in quanto il suo presupposto è stato l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge che lo richiede, ossia l’insufficienza del medesimo a conservare un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, dall’altra ha assunto, al contempo, una funzione cosiddetta compensativa laddove è stato riservato un trattamento speciale a chi, come la casalinga, ha rinunciato alla propria carriera professionale per dedicarsi integralmente alla famiglia consentendo in tal modo all’altro coniuge, consenziente, di arricchirsi e consolidare la propria posizione lavorativa.

In tal modo la funzione dell’assegno non va intesa semplicemente come copertura dell’indipendenza economica ma va parametrata al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

Ne deriva quindi che la funziona assistenziale dell’assegno di divorzio si compone di una funzione perequativa – compensativa che discende direttamente dal principio di solidarietà ex art.2 cost. – che tenga conto non solo della capacità di garantire l’autosufficienza economica ma anche in concreto “un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche sacrificate”.

La Corte di Cassazione con questa pronuncia stravolge questa visione: graverà infatti adesso sull’ex coniuge richiedente l’onere di dimostrare che la scelta di non lavorare, condivisa con l’altro coniuge, ha comportato un’”effettiva rinuncia a concrete occasioni professionali” per avere mostrato cure e interesse destinate esclusivamente alla famiglia.

Perdita di chance, occasioni di lavoro svanite per avere avuto a cuore il solo interesse domestico

In buona sostanza, accertare che lo squilibrio economico patrimoniale cui versa la parte conseguente al divorzio sia conseguenza di un sacrificio di aspettative professionali causate dall’assunzione di un ruolo consumato esclusivamente e prevalentemente all’interno della famiglia.

Un sacrificio sopportato per aver scelto di rinunciare a concrete offerte professionali che il richiedente l’assegno ha l’onere di indicare e dimostrare specificamente in giudizio.

Una novità che fa clamore e che rende instabile il panorama economico di molte donne. Pensiamo ad esempio al caso di una donna che svolga un’attività professionale. Se quest’ultima avesse l’intenzione di ridurre la sua prestazione lavorativa per assumere all’interno della sua famiglia un ruolo determinante costei potrà agevolmente ottenere il riconoscimento di un assegno di mantenimento parametrato al suo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

I casi di casalinghe inoccupate

Pensiamo adesso piuttosto ai casi di casalinghe inoccupate, prive di un titolo spendibile all’interno del mercato del lavoro, senza alcuna esperienza lavorativa. Per tutte queste donne risulterà essere molto più gravoso dimostrare che il proprio stato di disoccupazione sia finalizzato al benessere della sua famiglia e non piuttosto alla mancanza di opportunità lavorative.

Si sgretola la certezza dell’assegno di mantenimento ritenuto peraltro nel pensiero comune una forma di protezione sociale per le parti economicamente più fragili.

Oggi, a seguito di questa pronuncia, si richiede di fornire una prova tanto difficile quanto veritiera.

AVV. ELENA CASSELLA