L’intelligenza artificiale in ambito giuridico

ITALIA – Così come viene definita da più parti “l’intelligenza artificiale è l’abilità di una macchina a mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività. Permette ai sistemi di capire il proprio ambiente, mettersi in relazione con quello che percepisce e risolvere problemi agendo verso un obiettivo specifico. Il pc riceve i dati, li processa e risponde”.

Se tutto questo operare da una parte suscita fascino e coinvolgimento per le innumerevoli ripercussioni che esso è in grado di produrre tanto nel campo economico quanto lavorativo e sociale, dall’altra, richiede una urgente regolamentazione giuridica per meglio comprenderne limiti, potenzialità, possibilità d’ accesso.

Cibersicurezza e criminalità informatica

Secondo questa logica si collocano ad esempio i recenti interventi dell’Unione Europea in tema di cibersicurezza e criminalità informatica.

Mettere in campo buone e validate prassi equivale infatti a risolvere l’annosa questione etica celata al suo interno che assume una connotazione tutt’altro che filosofica.

Se l’essere umano è l’artefice di sistemi siffatti non può di certo restarne vittima. Ed è bene tenere a mente che l’intelligenza artificiale costituisce un’innovazione per la comunità considerata nel suo complesso.

Il criterio del “rischio” è il primo dei criteri utilizzati da parte degli addetti ai lavori per porre limiti alla tecnologia. La percezione che un sistema possa controllare tutto di noi non può essere avallata all’interno di una società civile. Esattamente come delicato è l’approccio verso tutte le parti più fragili. Pensiamo al campo del lavoro e dell’occupazione.

È da chiedersi se sia proprio responsabilità dell’intelligenza artificiale la riduzione dei posti di lavoro legati ai processi di automazione. Secondo studi recenti e accreditati si arriva a conclusioni diametralmente opposte. Infatti sarebbe proprio grazie al suo intervento che nuove posizioni all’interno di svariate aziende sarebbero stati creati mantenendo e ottenendo al contrario un vantaggio competitivo.

Ancora nell’analizzare le sue dinamiche sociali ci si chiede se non permetterà una iniqua distribuzione della ricchezza premesso il fatto che gran parte della stessa viene prodotta dalle macchine, se il potere delegato agli algoritmi finirà con consacrare una superiorità delle stesse su quelle dell’uomo, se i danni provocati all’ecosistema potranno essere facilmente ammortizzabili.

Tutte questioni che vedono intrecciarsi profili etici, economici, psicosociali, che esasperati forse da una parte, dall’altra, richiedono estrema attenzione perché, molto probabilmente, non porsi il problema della sua reale gestione potrebbe costituire il vero limite.

Le risposte dall’Italia sull’intelligenza artificiale

L’Italia ha ben risposto già nell’ottobre 2020 allor quando il governo italiano ha pubblicato la bozza di “Strategia nazionale per l’intelligenza artificiale” basata su proposte avanzate a luglio da esperti. Fa già parte inoltre della Global Partership on AI (GPAI), iniziativa internazionale che lo scopo di favorire il rispetto dei diritti umani, dell’inclusione e della diversità.

A tutto ciò fa eco quanto presentato dalla Commissione Europea con una bozza di Regolamento sull’intelligenza artificiale, regole che saranno applicate direttamente e nello stesso modo in tutti gli Stati membri. Per le aziende che non rispetteranno queste regole saranno previste multe fino al 6% del fatturato.

In ultimo ricordiamo che nel marzo 2022 la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento Europeo, oltre che la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, ha pubblicato una relazione congiunta contenente le raccomandazioni inerenti alla proposta di regolamento sull’intelligenza artificiale.