Secondo la Cassazione l’ex coniuge ha diritto all’assegno divorzile anche se convive con un nuovo partner. Ciò nella misura in cui la convivenza non è stabile e la condivisione di vita e del budget è soltanto parziale. È quanto stabilito dalla Sesta Sezione Civile della Suprema Corte con ordinanza n. 26682/2021.
I fatti
In primo grado il Tribunale pronunziava la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra le parti, stabilendo a carico dell’ormai ex marito un assegno divorzile in favore dell’ex moglie pari a 900 euro mensili.
La Corte d’appello, in secondo grado, confermava la decisione del giudice di prime cure ma riduceva l’assegno in favore della donna a 400 euro al mese. Ciò per tre ordini di ragioni:
- il contributo all’ex moglie è doveroso a fronte delle difficoltà incolpevoli di lei ad entrare nel mondo del lavoro. La stessa, infatti, durante il matrimonio non ha lavorato per scelta condivisa dai coniugi, ha inesperienza ed ha un’età che non le consentirebbe di entrare nel mercato del lavoro con facilità;
- la convivenza della stessa con il nuovo compagno non è stabile. Quest’ultimo, a volte, si ferma a casa di lei ma vive stabilmente nella sua abitazione, da solo o con il figlio. Pertanto non c’è una condivisione di spese tale da affermare che lei possa mantenersi senza l’assegno divorzile;
- d’altro canto la stessa gode di risparmi personali acquisiti da una vendita immobiliare.
In definitiva l’assegno è dovuto ma va ridotto.
Ricorso in Cassazione
L’uomo si rivolge, dunque, alla Suprema Corte per vedere revocato il contributo stabilito dai giudici di merito. E adduce i seguenti motivi:
- la Corte d’appello non ha considerato, quale causa di esclusione dell’assegno divorzile, la nuova convivenza intrattenuta dall’ex moglie, iniziata prima della separazione e proseguita ininterrottamente dopo;
- la stessa ha i mezzi per provvedere al proprio sostentamento, sia per via dei risparmi conseguiti da una vendita immobiliare sia per via della condivisione del budget con il nuovo partner. E, anche laddove ne fosse priva, potrebbe procurarseli autonomamente avendo un diploma in ragioneria e avendo esperienza lavorativa essendo stata contitolare di un’agenzia.
Decisione: l’ex moglie ha diritto all’assegno di divorzio anche se convive con un altro ma la convivenza non è stabile
La Suprema Corte, con ordinanza n. 26682/2021, rigetta il ricorso.
In primo luogo, il primo motivo verte sul merito della causa, impedendo alla Cassazione, che è giudice di legittimità, di pronunciarsi. Il ricorrente peraltro si è limitato a ribadire che l’ex moglie convive con un nuovo compagno senza provare la stabilità di tale convivenza, che escluderebbe l’assegno di divorzio.
In relazione al secondo motivo, esso è inammissibile. Gli Ermellini condividono, infatti, tutto quanto espresso dalla Corte d’appello e ritengono che abbia applicato correttamente i principi stabiliti dalle Sezioni Unite con sentenza n. 18278/2018. Questa prevede che “il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa ai sensi dell’art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sull’attribuzione che sulla quantificazione dell’assegno”.
Il giudice di secondo grado, nel determinare un assegno di 400 euro al mese, ha infatti tenuto conto sia dell’impossibilità oggettiva e incolpevole della donna di procurarsi i mezzi (età, inesperienza lavorativa, dedizione alla vita familiare durante il matrimonio per scelta di entrambi i coniugi), sia della mancata condivisione di budget col nuovo compagno, che esclude la nascita di una famiglia di fatto, sia dei risparmi ottenuti con la vendita di un immobile.