La riparazione del danno nel reato di oltraggio a pubblico ufficiale nella recente giurisprudenza di merito

La riparazione del danno nel reato di oltraggio a pubblico ufficiale nella recente giurisprudenza di merito

L’art. 341 bis c.p., introdotto nel 2009 e successivamente modificato nel 2019, punisce al 1 comma, “chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni con la reclusione da sei mesi a tre anni”.

Inoltre, prevede al 3 comma che, “se l’imputato prima del giudizio abbia riparato interamente il danno mediante risarcimento di esso, sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto”.

Sulla norma si sono registrate diverse pronunce di merito.

In particolare, si è discusso sul:

  1. Significato da attribuire al momento temporale “prima del giudizio”;
  2. Significato da attribuire alla “riparazione integrale del danno”.

In questo articolo, seppur brevemente, analizzeremo gli approdi giurisprudenziali in tema (il riferimento è in particolare alla sentenza del Tribunale di Agrigento, Sez, I, 7 Novembre 2018, N. 1648, ma la giurisprudenza di merito si è espressa in modo conforme).

Cosa si intende per la riparazione del danno “prima del giudizio”

Per valutare l’effettiva possibilità di riconoscere l’operatività della causa estintiva in esame, innanzitutto è stato necessario chiedersi se fosse possibile considerare positivamente una condotta riparatoria intervenuta a dibattimento già aperto.

Prima facie, potrebbe sembrare necessaria una condotta che sia realizzata prima dell’apertura del dibattimento.

Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità si è orientata nel senso che “l’effetto estintivo viene considerato dal legislatore nella sua portata meramente oggettiva, senza ciò tenere conto di profili psicologici-motivazionali” e per tale motivo si è concluso che anche il risarcimento pervenuto dopo l’apertura del dibattimento potesse integrare la causa estintiva in discorso, essendo sufficiente “la mera sussistenza di una condotta ‘integralmente riparativa’ da parte dell’imputato”.

Cosa si intende per “integrale riparazione del danno”. Il risarcimento simbolico

Una volta individuato il momento processuale in cui è ancora possibile ritenere tempestiva la condotta “estintiva” dell’imputato, la giurisprudenza di legittimità si è interrogata sul significato di “integrale riparazione del danno”.

In particolare, ci si è chiesto quale fosse l’entità del risarcimento accettabile a tale scopo e se la norma richieda uno sforzo monetario o anche un “pentimento” inteso come sforzo “morale”.

A questo proposito, è stato sostenuto che la condotta riparatoria di cui all’art. 341 bis co. 3 c.p. può anche constare in un risarcimento patrimoniale simbolico, purché sia accompagnato da un risarcimento di ordine morale, non essendo necessaria per l’integrazione della causa estintiva un risarcimento del danno integrale.

Infatti, si è sottolineato che la norma di cui si discute prevede l’“integralità” della condotta riparatoria nel suo insieme, e solo indirettamente del risarcimento, che diventa la modalità “ordinaria” attuativa della riparazione stessa.

Più in dettaglio, è stato affermato che in una “prospettiva orientata alla finalità deflattiva su cui si fonda la disposizione, merita massima valorizzazione anche il risarcimento simbolico del danno, quanto meno in relazione alle reali capacità patrimoniali dell’imputato e laddove integrata da una riparazione di ordine morale quale una formale dichiarazione di scuse“.

Ciò poiché il termine “riparazione” deve essere inteso come qualcosa di diverso da “risarcimento” inteso in senso strettamente patrimoniale, così come insegna la giustizia riparativa a cui si ispira la norma in commento, che mira a “ricucire” un legame, come modalità di composizione della vicenda in cui i soggetti (agente e offeso) sono coinvolti.

L’effettiva riparazione del danno conduce, quindi, ad una pronuncia di non doversi procedere per estinzione del reato, che annulla la punibilità di una condotta penalmente rilevante.

stefania barone rubrica