ITALIA – In questi giorni non si parla altro che delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia che ha ribaltato anche i procedimenti in materia di persone, minori e famiglia. Le nuove regole si applicheranno su tutti i procedimenti successivi al 28 febbraio 2023, mentre quelli già in corso continueranno a essere regolati dalle disposizioni precedenti la riforma. Nel trambusto scaturito dalla novità, l’interesse dei più si è soffermato sul nuovo volto della separazione. Vediamola più nel dettaglio.
A cambiare aspetto sono sia la separazione giudiziale sia quella consensuale, che, da adesso prevederà tempi più brevi e un ricorso introduttivo più minuzioso. Innanzitutto, per quanto riguarda la competenza, il ricorso dovrà essere proposto al giudice del luogo di residenza o di domicilio dell’una o dell’altra parte, e non più al tribunale del luogo dell’ultima residenza dei due coniugi come avveniva prima della Riforma. Nel caso in cui ci fossero in ballo provvedimenti riguardanti figli minorenni della coppia, sarà competente il tribunale del luogo in cui il minore ha la residenza abituale.
“Celerità” è la parola d’ordine della Riforma. Infatti, la legge prevede che entro 3 giorni dal deposito del ricorso venga fissata l’udienza, che dovrà essere celebrata non oltre 90 giorni dopo, con uno scambio di memorie fra una parte e l’altra. Nel caso della separazione giudiziale, prima della Riforma, per ottenere una pronuncia di divorzio erano necessari dai 2 ai 3 anni. Altra importante novità è rappresentata dalla possibilità di presentare contemporanea domanda di separazione giudiziale e di divorzio contenzioso, con un ulteriore accorciamento dei tempi rispetto al passato. La causa, inoltre, non sarà più composta di due fasi, presidenziale e istruttoria. L’udienza, come detto sopra, dovrà essere fissata entro 90 giorni dal deposito del ricorso e i figli minori saranno sempre ascoltati, se maggiori degli anni 12 o, comunque, dotati della capacità di discernimento.
Per l’ottenimento del divorzio occorrerà comunque aspettare il passaggio in giudicato della sentenza parziale di separazione, accompagnata dalla cessazione ininterrotta della convivenza tra i coniugi. La riforma permette di ottenere lo status di divorziato in tempi molto più rapidi rispetto al passato e le ricadute pratiche sono diverse, dalla possibilità di risposarsi con rito civile alla perdita di status di erede legittimario per il coniuge.
Altra importante novità prevista dalla riforma è che, tra i documenti richiesti ai fini dell’istanza di separazione, figurerà il cosiddetto piano genitoriale. In tale piano, le parti dovranno informare il giudice di come intendono educare i figli, le attività quotidiane ritenute necessarie per i minori, sia scolastiche che sportive e dovranno stabilire anche un programma per gli incontri, in modo da facilitare la decisione sull’ affidamento e sul diritto di visita. Il piano genitoriale ha un importante risvolto pratico, il soggetto che accetta il piano, ma che nei fatti, poi, non si impegni a rispettarlo, potrà essere sanzionato dal giudice.
È inoltre previsto un risarcimento nel caso in cui una delle due parti mentisse sulle proprie reali condizioni economiche per pagare un contributo di mantenimento inferiore. La Riforma, inoltre, implementa l’utilizzo degli strumenti della conciliazione della mediazione, la prima al fine di ricomporre la crisi e ripristinare l’unità familiare, se possibile e la seconda per intraprendere un percorso volto a superare la conflittualità esasperata, che interviene in un momento particolare di fragilità interiore. Infatti, alla prima udienza di una causa di separazione giudiziale tra i coniugi il giudice procede ad effettuare il tentativo di conciliazione.
Ma, tra le innovazioni, vi è anche una maggiore sensibilità rispetto al problema endemico della violenza domestica e di genere. L’ampia nozione posta alla base della nuova disciplina, permette, in presenza di allegazioni di abusi familiari e condotte di violenza domestica o di genere, di applicare senza problemi le disposizioni contro tutte le forme di violenza, fisica, economica e psicologica. Il giudice, poi, in tali situazioni, potrà attivare la “corsia preferenziale”, disponendo l’abbreviazione di tutti i termini fino alla metà, con la possibilità di disporre mezzi di prova anche al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice di procedura civile, così da assicurare alla vittima una risposta immediata.
Infine, in coerenza con quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul, al fine di evitare la cosiddetta “vittimizzazione secondaria”, viene fatto divieto di iniziare il percorso di mediazione familiare quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado, ovvero è pendente un procedimento penale in una fase successiva all’avviso di conclusione delle indagini preliminari, nonché quando tali condotte sono allegate o comunque emergono in corso di causa. Se è già stato intrapreso un percorso, il mediatore interrompe immediatamente il percorso di mediazione familiare qualora nel corso di esso emergesse notizia di abusi o violenze.
In conclusione, tante sono le novità e tanta è anche la confusione riguardo al “divorzio all’italiana” che appare in vesti totalmente inedite nel riformato diritto di famiglia.
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