La persona che desidera cancellare gli effetti di una condanna penale, ripulendo la sua c.d. “fedina penale” (casellario penale) può chiedere la riabilitazione (art. 178 c.p.) e tornare ad essere “quasi” incensurato, come vedremo nel proseguo di questo articolo.
Le condizioni per ottenere la riabilitazione sono previste dall’art. 179 c.p.
In breve:
Il decorso di un certo periodo di tempo (almeno 3 anni dalla espiazione / estinzione della pena o il tempo indicato dalla legge);
La buona condotta;
La non sottoposizione a misura di sicurezza (la sottoposizione a tali misure, in assenza di un provvedimento di revoca, implica infatti una valutazione di pericolosità sociale che esclude la buona condotta);
Il pagamento delle spese processuali e degli obblighi risarcitori derivanti dal reato (c.d. obbligazioni civili), salvi i casi di impossibilità o rinuncia della persona offesa;
Prima di procedere con l’istanza per riabilitazione, è opportuno fare richiesta di copia dei certificati del casellario penale e dei carichi pendenti.
Vi sono poi dei casi in cui è opportuno far precedere la richiesta di estinzione del reato alla richiesta di riabilitazione, al fine di poterla ottenere (ciò avviene, per esempio in alcuni casi di sentenze di patteggiamento).
L’istituto della riabilitazione è incentrato sul requisito della “buona condotta” che richiede che il condannato abbia dato, per tutta la durata del periodo di tempo previsto dalla legge prove effettive e costanti di pentimento e volontà di reinserimento sociale (esempi: occupazione lecita e stabile, tenore di vita onesto e corretto, l’abbandono assoluto di ogni frequentazione o rapporto illecito, etc.).
Per questo, può dirsi che abbia funzione premiale e promozionale, in vista della risocializzazione del reo.
Particolare attenzione va posta ad eventuali atti di denuncia/querela cui si è destinatari nelle more del trascorrere del periodo di tempo richiesto dalla legge. L’incidenza delle stesse, infatti, richiede una valutazione caso per caso.
La riabilitazione estingue gli effetti penali “residuali” o accessori, caratterizzati da natura sanzionatoria (si pensi alla possibilità di conseguire la patente quando vietata a causa di talune condanne, es. in materia di stupefacenti), nonché ogni altro effetto penale della condanna (eccetto i casi in cui la legge dispone diversamente, per esempio in tema di sospensione condizionale della pena, art. 164, co. 1, c.p.).
La locuzione “altri effetti penali” è generalmente intesa, da parte della giurisprudenza, come onnicomprensiva di ogni effetto – anche se di natura civile o amministrativa – derivante dalla sentenza di condanna e idoneo a diminuire la capacità giuridica del condannato.
L’effetto tipico della riabilitazione, in definitiva, riguarda la capacità giuridica del condannato, la quale, limitata dalla sentenza di condanna, viene reintegrata nella sua pienezza per effetto della causa estintiva in commento, rimettendosi in tal modo il reo in condizione di operare nella società nella posizione antecedente alla pronuncia di penale responsabilità.
Attenzione però la riabilitazione non fa tornare “nullo” il casellario giudiziale penale ma aggiunge alla annotazione della condanna la specificazione che è intervenuta riabilitazione. Ecco perché la riabilitazione fa tornare “quasi” incensurati.
La sentenza di condanna, dunque, non viene cancellata per l’intervenuta concessione del beneficio: questa, tuttavia, in caso di riabilitazione, non viene più iscritta nel certificato del casellario giudiziale rilasciato all’interessato (ma solo in quello rilasciato alle Autorità giudiziarie, sempre con l’annotazione di intervenuta riabilitazione).
Il procedimento di riabilitazione si svolge secondo i caratteri del procedimento di esecuzione (art. 683 c.p.p.).
Il procedimento della riabilitazione inizia con una domanda dell’interessato personalmente o per il tramite di un legale di fiducia, nella quale sono indicati gli elementi dai quali può desumersi la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 179 ed allegati tutti i documenti a supporto, e si conclude sempre con ordinanza, salvi i casi di inammissibilità pronunciata con decreto.
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