Lo sport è da sempre un fattore sociale, di aggregazione, di misura e comprensione di se stessi con gli altri, per questo dovrebbe rappresentare, nella crescita di ogni individuo, una tappa quasi obbligatoria.
Nel caso di specie, si tratterebbe di “Diritto a conoscersi“, perché la pratica sportiva è anche questo, specchio dei propri limiti e della innata capacità umana ad affrontare e superare le avversità, gli ostacoli, andare oltre la paura, affrontando sfide e sfidanti.
L’esercizio, inoltre, è molto utile anche per alleviare lo stress. Molti bambini conoscono, infatti, nella loro vita fasi di stress, depressione e ansia quanto gli adulti e poiché l’esercizio migliora la salute e aumenta il benessere, un bambino in forma è più probabile che sia riposato e mentalmente più forte.
È stato dimostrato, infatti, che anche una moderata attività fisica può migliorare l’abilità del bambino in materie scolastiche come l’aritmetica, la lettura e la memorizzazione.
Per tali ragioni, l’Unesco, nel 1992, ha redatto, a Ginevra, La Carta dei diritti dei bambini nello sport, che, attraverso 11 punti, disciplina le attività sportive per bambini.
I primi due punti della Carta sono dedicati all’importanza che lo sport venga percepito, innanzitutto, come un divertimento, dato che regole eccessivamente ferree e stringenti produrrebbero un effettivo appesantimento di ciò che deve restare comunque un gioco: “Diritto di divertirsi e di giocare come un bambino” e “Diritto di fare lo sport“.
Al terzo punto viene disciplinato il “Diritto di beneficiare di un ambiente sano“, chiaro il riferimento sia alla salute, vietando qualsiasi forma di doping o sostanze similari, che con riguardo ai comportamenti disciplinari da rispettare tra giocatori, avversari, giudici e arbitri.
Il quarto punto è rubricato “Diritto di essere trattato con dignità“. La giovane età non deve costituire un elemento di discriminazione, di minore considerazione rispetto agli adulti, onde evitare che si instauri nel bambino un senso di frustrazione, molto pericoloso a livello psicologico.
Un altro diritto basilare è quello del “Diritto di essere allenati e circondati da persone qualificate“. Gli allenatori devono avere una formazione adeguata e mettere al servizio dei bambini la loro esperienza e professionalità.
I punti 6, 7 e 8 sottolineano come sia un diritto, per i bambini, quello di praticare attività adeguate ai propri ritmi, con gare giuste per loro (in versione “mini”: mini-tennis, mini-basket…), misurandosi con ragazzi che abbiano la stessa probabilità di successo. È molto importante, per i bimbi, infatti, non sentirsi impotenti o, allo stesso modo, non sentirsi imbattibili.
Gli ultimi 3 punti, probabilmente, sono trai più discussi e discutibili in tema di sport praticato dai bambini, partendo proprio dal “Diritto di praticare il proprio sport nella massima sicurezza“, in strutture sicure, realizzate nel rispetto delle normative vigenti, per non rischiare danni temporanei o, peggio, permanenti, e sappiamo bene che spesso ciò è motivo di contese e recriminazioni, sia da parte di addetti ai lavori, che dei genitori, per la scarsa efficienza di tante strutture in Italia.
Infine, gli ultimi 2 punti precisano che l’allenamento deve essere ben equilibrato offrendo ai bambini il “Diritto di avere tempi di riposo” e, soprattutto, il “Diritto di non essere un campione“.
Su quest’ultimo punto credo si possa aprire un capitolo a parte, stante la crescente, cattiva abitudine di alcuni genitori di vedere nei figli uno strumento di riscatto o, ancor peggio, di facile guadagno.
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