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Genitore nasconde patrimonio per non pagare il mantenimento: condannato per responsabilità aggravata

Il genitore che dissimula la sua reale condizione patrimoniale per non versare l’assegno di mantenimento ai figli o per ottenerne una diminuzione va condannato per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. Lo ha deciso la Cassazione con ordinanza n. 11475/2021.

Cosa prevede l’art. 96 c.p.c.?

Ciò che qui interessa è il comma 1, che recita: “Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza”.

In sostanza, la norma intende punire chi agisce o resiste in giudizio con la consapevolezza dell’infondatezza della propria pretesa o difesa. E, ciononostante, propone ugualmente la domanda costringendo la controparte a difendersi in un procedimento immotivato.

Il caso

Avvenuta la separazione con la moglie, un uomo chiedeva in primo grado una riduzione del contributo di mantenimento da versare al figlio. Al termine dell’istruttoria, tuttavia, il Giudice asseriva che l’uomo avesse agito in mala fede e con colpa grave, dissimulando la propria reale condizione patrimoniale al fine di ottenere la diminuzione anzidetta. Dunque rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese di lite e di una ulteriore somma in favore della madre a titolo di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. Decisione che veniva confermata in Corte d’Appello.

Immediato il ricorso in Cassazione del soccombente, che, tra le altre cose, lamentava il fatto che la Corte territoriale non avesse precisato gli atteggiamenti dissimulatori che lo stesso avrebbe messo in atto.

In Cassazione

Con ordinanza n. 11475/2021 la Suprema Corte rigetta il ricorso, ritenuto infondato.

Secondo gli Ermellini la decisione del Giudice di secondo grado, seppur motivata sinteticamente, va letta in coordinazione con gli accertamenti patrimoniali effettuati dal Tribunale in primo grado e con la condotta ostativa del ricorrente, che non ha prospettato la sua complessiva situazione economico-patrimoniale, piuttosto omettendo di fornire informazioni. Da qui il giudizio sulla colpa grave dello stesso e la mala fede della sua condotta e la conseguente condanna per responsabilità aggravata.

In primo grado era, infatti, emerso che l’azienda agricola dell’uomo era fallita, ma ciò non aveva dimostrato un peggioramento delle sue condizioni patrimoniali. E comunque risultava che, in un dato periodo, erano state versate ingenti somme sul suo conto corrente. Altri due conti, nel frattempo, erano stati chiusi inspiegabilmente ed emergevano movimenti cospicui in alcuni conti bancari. Dinanzi ad un quadro già particolarmente sospetto, l’uomo ometteva di depositare la documentazione economica richiesta su due società di cui lo stesso possedeva le quote.

Alla luce di ciò, la Cassazione ha ravvisato gli elementi soggettivi della responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ossia la mala fede e la colpa grave. In particolare, l’aver omesso di depositare la documentazione richiesta, ha impedito al giudice di ricostruire i fatti e di valutare le condizioni economico-patrimoniali del richiedente. Pertanto, le sue richieste di riduzione del mantenimento sono state ritenute infondate.

Elena Cassella

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Elena Cassella
Tag: Assegno Caso Cassazione Corte d'appello Genitore Giudice Giustizia Italia Ricorso Tribunale

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