Il 17 luglio 2019 lo scrittore Andrea Camilleri ci ha lasciato. Nato a Porto Empedocle – Agrigento – il 6 settembre 1925, è stato un prolifico scrittore, regista e attore.
È immenso il patrimonio letterario che ha lasciato in eredità. Ha inventato una lingua nuova, un compendio di italiano e siciliano, non alternato ma condensato in ogni pagina dei suoi scritti. “Donne” è un’antologia di 39 racconti, a ciascuno è dedicato, con un breve tratteggio di penna, il ritratto di una donna.
Donne famose, donne sconosciute. Visi da amare, facce da dimenticare.
In rigoroso ordine alfabetico, l’elenco scorre da Angelina a Zina, come fosse un catalogo – questo è il nome che lo scrittore darà a questa processione di nomi – nomi di donne conosciute, di fantasia, di un’epoca lontana e realmente esistite. Dalla Beatrice di Dante a Desdemona di Otello, da Elena di Troia alla bellezza eterna di Nefertiti.
Accompagnato da una memoria nel suo alternarsi tra realtà e fantasia, è facile pensare ad un Andrea Camilleri seduto in poltrona con l’ immancabile sigaro a raccontare la donna, le sue passioni, la meraviglia che per lui rappresenta. Il suo è l’omaggio di un uomo siciliano all‘altra metà del cielo, conosciuta o con la mente semplicemente sfiorata, ebbro di desiderio.
Il catalogo ospita figure di donne lontane un immenso, ma anche affettuosamente care e vicine a Camilleri, come la sua amata nonna e l’editrice ed amica di una vita Elvira Sellerio. C’è Helga, Inès, Carmela, Maria, Ingrid, Nunzia, donne ispiratrici della sua penna, donne amate dall’uomo Andrea. Donne con cui ha riso, donne per cui ha pianto.
Questo libro, purtroppo poco apprezzato dai lettori di Camilleri, è una processione di curve sinuose di personalità differenti, il sentiero del corpo femminile è messo in un angolo ad aspettare l’apprezzamento del turno che verrà dopo, molto dopo il canto della magnificenza dell’essere donna e femmina. Sfumature accennate si alternano a tratti forti per disegnare una donna, e poi un’altra, e un’altra ancora.
Il lettore viene catapultato in un incrocio di sguardi ora innocenti, ora ammalianti, scivola su corpi, donne e ancora donne, chiedendosi se alla fine del suo giro ne resterà qualcuna accanto… Donna amica, amante, compagna, l’immaginato e il vissuto genera a tratti un groviglio confuso di molte gonne e poche donne. Camilleri scrittore diventa Camilleri investigatore. Il suo è un omaggio tardivo, spesso malinconico, alla donna amata, desiderata o forse, solo immaginata.
Trentanove racconti brevi, un laboratorio di specchi in cui ogni lettrice può ritrovarsi in almeno uno dei tanti ritratti. Lo scrittore non sale sulla cattedra da esperto competente di donne, lui per primo s’interroga sul meraviglioso mondo femminile proprio perché indecifrabile, ovattato da segreti sigillati per sempre.
Camilleri diventa così un Andrea qualunque, avventurandosi in un intimo amarcord di conquiste vinte e desideri arditi.
Scrive così di Elvira Sellerio, sua editrice, amica e mentore .
“Ho detto una volta, dopo la sua morte, che la nostra amicizia non fu quella che può nascere tra un editore e uno scrittore; son certo che saremmo diventati amici lo stesso anche se io fossi stato un rappresentante di elettrodomestici“.
Due sono le Elvire presenti nella raccolta. La nonna dello scrittore e l’amica editrice.
“La prima è stata la mia nonna materna, Elvira Capizzi in Fragapane, colei che ha saputo aprire la mia fantasia e a lungo m’ha aiutato ad esercitarla. Nonna dialoga normalmente con gli oggetti, certe volte in dialetto altre volte in linguaggi vari e del tutto inventati perché, mi spiegava con la massima serietà, una sedia non parla come un pianoforte o come una pentola.” La nonna che faceva tanta confusione con le parole, ma era lucidissima quando s’intratteneva a ragionare sulla vera essenza della vita. Al suo amato nipote Andrea ripeteva spesso “Cerca di essere sempre onesto con te stesso, scrivi comu ti detta ‘u cori“.
L’altra Elvira, già citata nell’articolo, è l’editrice palermitana Elvira Sellerio. Nel 1984 Andrea Camilleri pubblicò per la prima volta il libro – La strage dimenticata – nella sua casa editrice.
Nel 1992, otto anni dopo, pubblicò il secondo – La stagione della caccia. L’amicizia tra lo scrittore e l’editrice non conobbe pause. La signora Elvira, siciliana come Camilleri, era da lui considerata come “l’esempio assoluto del meglio della donna siciliana. Riservata, tenace, determinata, convinta delle proprie idee e pronta a battagliare per esse, e nello stesso tempo dolcissima, generosa, comprensiva, sensibilissima. Da come mi sorrideva, appena mi vedeva entrare nella sua stanza, capivo quanto mi volesse bene. E a me, solo con lei, capitava d’aprirmi come con nessun altro. Quante ben dissimulare incertezze, paure, indecisioni conobbe di me! E ogni volta me ne ripartiva ristoratore, confortato“.
Camilleri fu il suo amico del cuore, la chiamava “Elvirù“. Lei lo spronò a scrivere quando la sua penna vacillava sul foglio. Elvira voleva i suoi libri, lo scrittore disse così addio al teatro per consegnarsi alla sua vera natura. L’intellettuale siciliano e l’editrice si aiutarono a vicenda, avendo profonda fiducia l’uno dell’altro. Quando negli anni ’90 la casa editrice fu vicina al fallimento, fu miracolosamente salvata dall’arrivo del commissario Montalbano.
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