Conflitti tra privati: “farsi giustizia da soli” è sempre reato?

Conflitti tra privati: “farsi giustizia da soli” è sempre reato?

L’esercizio arbitrario delle proprie ragioni, nella sua duplice variante violenta sulle cose (art. 392 c.p.) e sulle persone (art. 393 c.p.), sanziona l’illecita sostituzione della tutela privata a quella pubblica, condannando il ricorso all’autotutela nei conflitti privatistici.

Sotto il profilo oggettivo, il fatto tipico dei delitti di “ragion fattasi” presuppone: la titolarità effettiva o presunta di un diritto; la possibilità di farlo valere innanzi al giudice; la scelta di azionare lo stesso arbitrariamente in via autonoma.

Sotto il profilo soggettivo, si richiede il dolo specifico, ovvero la finalità di chi agisce di esercitare un preteso diritto.

L’ordinamento, quindi, non sanziona il ricorso all’autotutela in sé, ma richiede che la pretesa sia azionata mediante violenza o minaccia, cosicché l’illiceità del mezzo compromette il fine.

Alcuni esempi tratti da casi giurisprudenziali

Così, per esempio, è stato ritenuto che “Integra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose la condotta del proprietario che disdica i contratti di fornitura delle utenze domestiche – a lui intestate – relative ad un appartamento dato in locazione, al fine di accelerare le attività di rilascio dell’immobile da parte del conduttore, in quanto detta condotta realizza la violenza sulla cosa attraverso un mutamento di destinazione dei beni portati dalle dette utenze, ed è attuata nonostante la possibilità di azionare il diritto al rilascio dell’appartamento attraverso il ricorso al giudice” (cfr. Corte appello , Cagliari , sez. I , 25/01/2024 , n. 94).

O ancora: “È responsabile del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni il soggetto che potendo ricorrere al giudice, al fine di mantenere aperto il varco posto lungo la siepe che delimitava il confine tra il terreno di proprietà della di lui madre e quelli della p.o. aveva tagliato ed asportato la rete posta da questi ultimi proprio per impedire il passaggio non autorizzato sui loro terreni. Tale condotta infatti configura il reato di cui all’ art. 392 c.p. , posto che sussiste la violenza sulle cose anche quando viene mutata la destinazione naturale del bene o questo viene trasformato, come nel caso di specie in cui la rete era stata completamente asportata ed una parte era stata tagliata, facendola diventare non più utilizzabile” (cfr. Tribunale , Udine , 31/07/2024 , n. 879).

O, infine: “La rimozione del lucchetto a chiusura di una sbarra o cancello automatico e l’apposizione di coperture delle fotocellule per impedire la chiusura, sino a determinare la rottura dei meccanismi, costituiscono condotte materialmente idonee ad integrare il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, posto che il soggetto agente, ben avrebbe potuto e dovuto ricorrere all’autorità giudiziaria per vedere tutelate le proprie ragioni” (cfr. Tribunale penale di Trieste , 03/10/2022 , n. 1438).

Gli esempi potrebbero essere innumerevoli e qui ci si limita a riportarne solo alcuni.

Va da sé che ogni singolo caso va esaminato per le sue peculiarità; infatti, vi sono stati casi in cui la sussistenza del reato è stata esclusa perché l’agente non era il titolare del diritto o perché era mosso da uno stato di bisogno o necessità.

Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone ed il reato di estorsione: differenze

Un accenno è indispensabile, in conclusione, al tema delle differenze tra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone ed il reato di estorsione.

A lungo si è discusso in merito, sino alla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 16/07/2020 n. 29541, secondo cui: “I delitti di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alla persona e il delitto di estorsione, pur caratterizzati da una materialità non esattamente sovrapponibile, si distinguono essenzialmente in relazione all’elemento psicologico: nel primo, l’agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione non meramente astratta ed arbitraria, ma ragionevole, anche se in concreto infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria; nel secondo, invece, l’agente persegue il conseguimento di un profitto nella piena consapevolezza della sua ingiustizia”.

Alcuni punti fermi in materia

Volendo riassumere alcuni punti fermi in materia è possibile richiamare i seguenti:

  • il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (sia con violenza alle cose che con violenza alle persone) è posto a tutela dell’interesse statale al ricorso obbligatorio alla giustizia nella risoluzione delle controversie;

  • per la sussistenza del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (sia con violenza alle cose che con violenza alle persone) occorre che l’autore agisca nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, anche se detto diritto non sia realmente esistente;

  • il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (sia con violenza alle cose che con violenza alle persone) e quello di estorsione si distinguono quanto al soggetto attivo, perché soltanto il primo è un reato proprio esclusivo o c.d. di mano propria, e quanto all’elemento psicologico, perché, nel primo, l’agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione non arbitraria, ma ragionevole, anche se infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria; nell’estorsione, invece, l’agente persegue il conseguimento di un profitto ingiusto, nella piena consapevolezza della sua ingiustizia.

stefania barone rubrica