Si può essere assolti da un omicidio per gelosia? A Brescia è successo: Antonio Gozzini, 80 anni, che un anno fa ha ucciso nel sonno la moglie, Cristina Maioli, è stato assolto dalla Corte d’Assise di Brescia.
Si attendono ancora le motivazioni della sentenza, ma il dispositivo è chiaro: assoluzione ex art. 530, comma 1, Codice procedura penale perché il reato è stato commesso da persona non imputabile.
Ma per quale motivo? Come spiegano i Giudici, nel caso di specie non si è trattato di un semplice movente passionale di gelosia, ma di un “delirio di gelosia”, ossia manifestazioni paranoidi che hanno provocato nell’imputato una totale disconnessione della sua mente dalla realtà. Il gesto omicida sarebbe frutto di un raptus di follia, durante il quale Gozzini non comprendeva ciò che stava facendo. Da qui il giudizio sulla sua infermità, che esclude l’imputabilità.
Il fondamento di tale decisione è da rinvenire nelle conclusioni dei periti dell’accusa e della difesa. Entrambi erano concordi nel ritenere che la patologia delirante dell’indagato lo rendesse, e lo rende tutt’ora, incapace di intendere e di volere con riferimento al fatto commesso. A nulla è valsa la richiesta di condanna all’ergastolo da parte del pm al termine del dibattimento.
Una sentenza che ha generato parecchie polemiche, alle quali la Corte d’Assise ha dovuto replicare: “La gelosia in questione non va intesa come sentimento, ma come malattia mentale vera e propria”. Gozzini, peraltro, era affetto da depressione da molto tempo e la stessa moglie spingeva perché si ricoverasse o quantomeno si curasse.
Nel frattempo il ministro della Giustizia Bonafede ha chiesto ulteriori accertamenti sul caso.
In attesa del secondo grado di giudizio, Gozzini è rimasto in custodia cautelare in carcere. Potrebbe in seguito essere trasferito in una Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza), che di fatto sostituiscono gli Ospedali psichiatrici giudiziari e che ospitano i rei affetti da disturbi mentali e considerati socialmente pericolosi.
Fonte immagine: La Tribuna di Treviso