ITALIA – La GIUSTIZIA è il primo sentimento con il quale ognuno di noi deve confrontarsi subito, sin dalla nascita, e per quanto possa apparire cinico o ingiusto, rappresenta un crocevia del tutto casuale, determinato dal contesto sociale ereditato, dall’ambiente familiare, dalle risorse disponibili e così via. Le domande sono spesso le risposte di cui abbiamo bisogno, ma quella più ricorrente resta spesso inesitata, ed allora verrebbe da chiedersi se esista una giustizia dove il “potere di realizzare il diritto con provvedimenti aventi forza esecutiva” possa prevalere sulla virtù, quella rappresentata dalla “volontà di riconoscere e rispettare il diritto di ognuno mediante l’attribuzione di quanto gli è dovuto secondo la ragione e la legge”.
Questa domanda trova ancora più forza quando assistiamo a meccanismi di burocrazia giuridica che parrebbero ostacolare l’esercizio di un diritto, nel caso di specie quello di partecipare alle Olimpiadi di Tokyo.
Doping
Sino a circa venti anni fa, il termine DOPING era noto solo agli atleti professionisti ed agli esperti del settore. Questo termine, di origine anglosassone, è purtroppo noto a tutti noi, a causa dell’incalzante ripetersi di casi che hanno coinvolto atleti famosi. Deriva dall’inglese to dope (drogare) e con esso si intende “l’uso improprio di sostanze o metodi atti ad aumentare artificialmente le prestazioni fisiche, attraverso l’aumento delle masse muscolari o l’incremento della resistenza alla fatica”.
La legge afferma che è doping anche “attuare una condotta fraudolenta che porti a modificare i risultati dei controlli sull’ uso di alcuni farmaci o di alcune sostanze”.
Al riguardo, l’agenzia mondiale antidoping (WADA) ha pubblicato, in inglese e francese, la versione definitiva dell’Atto sui diritti antidoping degli atleti. Il documento è stato sviluppato dal comitato atleti della WADA per due anni e mezzo in consultazione con migliaia di atleti e parti interessate in tutto il mondo (la legge sui diritti antidoping degli atleti è disponibile sul sito web della WADA).
Lo scopo della legge è garantire che i diritti di tutti gli atleti del mondo a partecipare ad uno sport senza doping siano chiaramente definiti, accessibili e universalmente applicabili. La legge si basa sul codice antidoping (codice) mondiale 2021 e sui relativi standard internazionali che sono entrati in vigore l’1 gennaio 2021. È stata approvata dal comitato esecutivo della WADA il 7 novembre 2019 durante la conferenza mondiale sul doping nello sport.
Sviluppata dagli atleti, per gli atleti, la legge fornisce una descrizione dei diritti previsti dal Codice 2021 e dagli standard internazionali in termini di uguaglianza di opportunità, programmi di test equi, cure mediche, giustizia, responsabilità, istruzione, protezione dei dati e altro ancora. Fornisce, inoltre, raccomandazioni sui diritti degli atleti di far parte di un sistema libero dalla corruzione, con adeguata rappresentanza istituzionale nei processi decisionali e diritto all’assistenza legale. Proprio in tema di doping, la notizia che in questi giorni ha tenuto banco nel mondo dello sport è quella riguardante il campione italiano Alex Schwazer: “Archiviazione per non aver commesso il fatto”.
Così si è pronunciato il G.I.P. del Tribunale di Bolzano, in merito alle accuse per doping risalenti al 2016. I fatti riguardano la presunta positività di Schwarzer, che nell’agosto del 2016 aveva portato ad una squalifica di ben 8 anni. Lo scorso settembre il comandante del RIS di Parma al Tribunale di Bolzano aveva dichiarato: “La concentrazione del Dna nelle urine non corrisponde a una fisiologia umana”. Lo scorso mese di dicembre la Procura di Bolzano aveva chiesto l’archiviazione del caso nei confronti dell’ex marciatore azzurro, campione olimpico della 50 km di marcia a Pechino 2008.
Di fatto, il giudice ha accolto la richiesta di archiviazione del pubblico ministero evidenziando l’inconsistenza delle risultanza prodotte dall’ex IAAF (International Association of Athletics Federations, è l’organizzazione che si occupa dell’atletica leggera a livello mondiale) e dal WADA (World Anti-Doping
Agency, è una fondazione a partecipazione mista pubblico-privata, creata per volontà del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), il 10 novembre 1999 a Losanna per coordinare la lotta contro il doping nello sport ed è responsabile del Codice Mondiale Anti-Doping) in merito alle analisi che portarono alla positività e alla squalifica del marciatore altoatesino e rilanciando, dunque, le accuse contro le due associazioni internazionali. Il giudice ritiene, inoltre, che vi siano evidenze che portino a credere che i campioni di urina nel 2016 siano stati alterati allo scopo di far risultare l’atleta positivo.
Le motivazioni del decreto di archiviazione del G.I.P., di 87 pagine, lasciano poco spazio all’interpretazione: “Il G.I.P. ritiene accertato con alto grado di credibilità razionale che i campioni di urina prelevati ad Alex Schwazer il primo gennaio 2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi, e dunque di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta, come pure del suo allenatore Sandro Donati. Esistono forti evidenze del fatto che nel tentativo di impedire l’accertamento del predetto reato siano stati commessi una serie di reati”.
In altri termini, la vicenda nella quale si trova coinvolto il campione italiano è ancora lontana dal dirsi chiarita, vi sono diversi “lati oscuri” che l’agenzia mondiale antidoping (Wada) e la federazione mondiale di atletica leggera (World Athletics, ex IAAF) dovrebbero chiarire, insieme al laboratorio antidoping di Colonia, nel quale le provette del controllo di Schwarzer sono rimaste, dal 2 gennaio 2016 al febbraio 2018, fino alla consegna alle autorità italiane incaricate del prelievo. Al momento, l’archiviazione non permetterà a Schwarzer di partecipare alle Olimpiadi di Tokyo visto la squalifica del TAS di Losanna fino al 2024, per questo l’atleta altoatesino dovrà impugnare la sentenza davanti alla Corte Federale Svizzera. Tuttavia, vi è una chiusura netta da parte della World Athletics, la ex IAFF, la quale ha ribadito come, nonostante la sentenza di assoluzione nel caso doping, Schwazer non potrà partecipare a competizioni internazionali fino al 2024: “Rifiutiamo qualsiasi intento da parte dell’atleta o altre persone di minare o annullare la decisione finale e vincolante Tribunale Arbitrale dello Sport (Tas)”.
“World Athletics preferisce non commentare la decisione delle Autorità Italiane di non perseguire l’atleta per il crimine di ‘dopaggio’ – si legge nel comunicato diramato dall’ente mondiale dell’atletica –. La Wada si è unita alla World Athletics per rifiutare qualsiasi suggerimento di manipolazione in questo caso”. E poi la conclusione: “World Athletics ha recentemente difeso con successo l’Atleta al Tribunale Federale Svizzero che chiedeva una revisione della sentenza del Tas sulla base della presunta manipolazione. Il signor Schwazer non potrà partecipare a competizioni internazionali fino al 2024”.
Verrebbe da chiedersi le ragioni di una presa di posizione così netta in presenza di prove che sembrano confutare non solo la squalifica, ma tutta l’attività di controllo anti-doping, dai prelievi fino all’esame delle provette.
Avv. Alessandro Numini
Fonte foto SportSmall.it