Tre giornate sono poche per scrivere un destino, ma abbastanza per riconoscere i segnali. Il Palermo di Filippo Inzaghi ha aperto la Serie B con 7 punti (2 vittorie e 1 pari), vetta condivisa e una sensazione di solidità che, dalle parti del Barbera, non si respirava da un po’. Il percorso dice: 2-1 alla Reggiana alla prima, 0-0 col Frosinone e 2-0 a Bolzano contro il Südtirol. Dati alla mano, i rosanero sono nel gruppetto di testa con differenziale reti positivo e, soprattutto, la percezione di una squadra “da trasferta” già credibile.
Il primo indizio è arrivato nella notte d’esordio: Barbera caldo (30.868 presenti) e rimonta completata nel giro di due minuti tra il 62’ e il 64’, con le firme di Joel Pohjanpalo e Niccolò Pierozzi su palla inattiva. È il genere di partita che un gruppo ambizioso non può lasciarsi scappare.
A Bolzano, nonostante la trasferta vietata ai tifosi rosanero, il Palermo ha mostrato l’altra faccia: capacità di “spostare” subito l’inerzia — vantaggio dopo 2’ con il solito Pohjanpalo — e gestione matura del risultato fino al raddoppio. È la fotografia di una squadra già organizzata sulle palle inattive e con un riferimento offensivo che indirizza le gare.
L’impronta di Inzaghi (e perché sta già incidendo)
L’arrivo di Filippo Inzaghi, ufficializzato a metà giugno, ha portato un cambio di passo emotivo e metodologico. La cornice non è un dettaglio: accoglienza da migliaia di tifosi al Barbera e un discorso semplice — “meno parole, più fatti” — che ha fatto presa in uno stadio capace di trascinare. Nelle sue prime uscite ufficiali, Inzaghi ha scelto un 3-4-2-1 elastico: struttura corta, grande lavoro degli esterni e densità in area sui piazzati. È lo stesso assetto visto al debutto contro la Reggiana.
L’idea di fondo è chiara: pressione selettiva, ampiezza garantita dai quinti (Augello a sinistra, Pierozzi sulla corsia opposta quando impiegato alto), due trequartisti “di connessione” alle spalle della punta e tanti uomini che arrivano sul secondo palo. Così si spiega, ad esempio, il gol-partita di Pierozzi all’esordio e la frequenza con cui i rosanero generano mischie “pulite” da corner e punizioni laterali.
Mercato mirato: esperienza, taglia fisica e gerarchie chiare
La campagna estiva ha parlato la lingua dell’esperienza: Tommaso Augello per pesare le uscite e la rifinitura dalla sinistra; Antonio Palumbo per alzare qualità e tempi in mezzo; Mattia Bani per guidare la linea; Emanuel Gyasi come profilo duttile tra corsia e seconda punta; Jesse Joronen per alzare il livello tra i pali e creare concorrenza “sana”. Tutte operazioni ufficializzate dal club con formule sostenibili e contratti pluriennali. Non colpi “di copertina”, ma interventi pensati per reggere un campionato lungo e fisico.
Davanti, il tandem “complementare” Brunori–Pohjanpalo dà a Inzaghi soluzioni diverse: profondità, gioco spalle alla porta, area attaccata con tempi differenti. Il finlandese, acquistato a titolo definitivo dal Venezia nel 2025, ha già timbrato reti pesanti; Brunori rimane un capitano che conosce la categoria e il contesto. Due riferimenti che aiutano a far crescere anche i portatori di palla (Ranocchia, Palumbo) in termini di coraggio tra le linee.
Numeri e segnali tecnici della partenza
Al netto del campione ridotto, i rosanero hanno mostrato tre costanti utili:
- Transizioni difensive pulite. Poche volte scoperti centralmente, grazie al lavoro del braccetto di destra (Bani) in uscita e alla copertura della mezzala dal lato palla.
- Palle inattive come asset. Due dei gol determinanti sono nati da corner calciati bene (Ranocchia) e corse coordinate sul primo e sul secondo palo.
- Gestione dei momenti. A Bolzano, dopo il vantaggio immediato, la squadra non si è scomposta: baricentro medio, linee strette, raddoppi sull’esterno.
Sono dettagli che fanno la differenza in B, soprattutto quando arriveranno inevitabili periodi “sporchi”.
Il contesto: ambizione, ownership e fame di A
La cornice societaria resta un fattore: la maggioranza City Football Group dà continuità di investimenti, rete e competenze trasversali. Sul campo, però, la scorciatoia non esiste: l’ultima Serie A rosanero risale al 2016-17 e la voglia di tornarci è una molla potente, non una garanzia. Questo spiega anche la scelta di un tecnico abituato a gestire piazze calde e obiettivi pesanti.
Dove può crescere il Palermo
Due le aree principali:
- Rifinitura contro blocchi bassi. Contro il Frosinone, a parità di controllo territoriale, è mancato un cambio ritmo tra mezzala e trequarti e qualche taglio “cieco” in più alle spalle dei centrali avversari. L’inserimento progressivo di Palumbo può aiutare.
- Rotazioni esterni/trequartisti. L’alchimia tra Gyasi, gli interni e il laterale dal suo lato va oliata: i triangoli di corsia saranno decisivi quando le gare si incastreranno sul binario del possesso paziente.
Il calendario che definisce il tono
Le prossime due sfide — Bari al Barbera e trasferta con il Cesena — diranno molto sulla capacità del Palermo di produrre punti anche nei mini-cicli “duri”. Uscirne con continuità certificherebbe la statura da contender.
Nel dibattito su favoriti e outsider, anche gli analisti che monitorano i mercati prendono spesso come termometro l’andamento delle quote sulla massima serie: osservare come si muovono le quote serie a su Betsson aiuta a capire la gerarchia percepita nel piano superiore e quanto spazio ci sarebbe — in uno scenario di promozione — per un progetto come quello rosanero.