“Senza rossetto”: quando il 2 giugno le donne votarono la Repubblica

ITALIA – Il 2 giugno 1946 è una data che ha cambiato radicalmente la storia dell’Italia e di un popolo intero che barattò con il sangue quella che oggi consideriamo “normalità”.

Settantotto anni fa però il Bel Paese non fu cambiato solo dagli uomini che, per la prima volta, fecero la fila alle urne insieme a milioni di donne “senza rossetto” pronte a votare dopo anni di lotte.

Una lotta decennale

Il diritto di voto alle donne, qualcosa che oggi ci sembra banale, fu il frutto di anni, anzi, decenni, di sangue, lacrime e speranze, versate partendo dalla seconda metà dell’Ottocento e attraversando il buio pesto del ventennio fascista e delle Guerre.

La donna si occupa da sempre dell’educazione

Le radici che si fondano su quel 2 giugno, si estendono dunque agli albori dell’Unità d’Italia quando, le donne lombarde definendosi con orgoglio cittadine italiane, portarono alla Camera una petizione nella quale rivendicavano il diritto di voto.

I vari disegni di legge per estendere il suffragio alle donne vennero “bruciati” dalla retrograda società del tempo poiché, come dichiarò il Ministro Zanardelli: ” l’impegno civile e politico si pone in antitesi con quella femminile che si occupa da sempre dell’educazione, della famiglia“.

Il periodo grigio del fascismo

Durante l‘Impero mussoliniano, ogni speranza di rivalsa femminile fu ancora più soppressa, soprattutto quando, nel 1926 con la riforma podestarile,  le donne furono escluse totalmente dalla vita politica e da molte professioni.

Durante l’aspra lotta contro il fascismo segnata dalla cicatrice della Resistenza e delle donne, la situazione “voto” subì un’importante “metamorfosi”, sciogliendo quei muri soffocanti, costruiti su leggi e riforme prive di ogni libertà.

Il decreto Bonomi e la rivalsa delle donne

Dalle macerie della Seconda guerra mondiale infatti, il decreto De Gasperi- Togliatti, noto ai più come decreto Bonomi, estese il diritto di voto alle donne, rendendole a pieno cittadine italiane.

Nel 44′ Laura Lombardo Radice scrive in un opuscolo “Le donne italiane hanno il diritto di voto“, dopo anni di sconfitte e porte sbattute in faccia, le donne avevano finalmente vinto.

Il voto senza rossetto

Una lunghissima attesa davanti ai seggi elettorali. Sembra di essere tornate alle code per l’acqua, per i generi razionati. Abbiamo tutti nel petto un vuoto da giorni d’esame, ripassiamo mentalmente la lezione: quel simbolo, quel segno, una crocetta accanto a quel nome. Stringiamo le schede come biglietti d’amore.

“Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose di stancarsi e molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione. Le conversazioni che nascono tra uomini e donne hanno un tono diverso, alla pari”.

Queste le emozioni che la giornalista Anna Garofalo trascrisse su carta quando, il 2 giugno 1946, le donne furono chiamate per la prima volta al voto nazionale in un referendum diventato storia.

“Senza rossetto”, questa la “regola” per evitare che le votanti, umettando la scheda con le labbra per chiuderla, rendessero nullo il proprio voto. Alle urne le cittadine senza rossetto superarono gli uomini con una percentuale del 51% tutta al femminile. 

Donne, del Nord, del Centro e del Sud, di qualunque estrazione sociale, con storie e vite diverse tra loro, intrecciate dalla responsabilità di votare per lasciarsi alle spalle gli orrori della dittatura e ricostruire un futuro nuovo che urla “Libertà”.

Santo Romeo

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Santo Romeo
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